Le intercesseurs

Posted: Ottobre 27th, 2012 | Author: | Filed under: post-filosofia, Révolution | Commenti disabilitati su Le intercesseurs

di Gilles Deleuze

Si ça va mal dans la pensée aujourd’hui, c’est parce que, sous le nom de modernisme, il y a un retour aux abstractions, on retrouve le problème des origines, tout ça… Du coup, toutes les analyses en termes de mouvements, de vecteurs, sont bloquées. C’est une période très faible, une période de réaction. Pourtant, la philosophie croyait en avoir fini avec le problème des origines. Il ne s’agissait plus de partir, ni d’arriver. La question était plutôt qu’est-ce qui se passe « entre » ? Et c’est exactement la même chose pour les mouvements physiques.

Les mouvements, au niveau des sports et des coutumes, changent. On a vécu longtemps sur une conception énergétique du mouvement : il y a un point d’appui, ou bien on est source d’un mouvement. Courir, lancer le poids, etc. : c’est effort, résistance, avec un point d’origine, un levier. Or aujourd’hui on voit que le mouvement se définit de moins en moins à partir de l’insertion d’un point de levier. Tous les nouveaux sports – surf, planche à voile, deltaplane… – sont du type : insertion sur une onde préexistante. Ce n’est plus une origine comme point de départ, c’est une manière de mise en orbite. Comment se faire accepter dans le mouvement d’une grande vague, d’une colonne d’air ascendante, « arriver entre » au lieu d’être origine d’un effort, c’est fondamental.

Et pourtant, en philosophie, on en revient aux valeurs éternelles, à l’idée de l’intellectuel gardien des valeurs éternelles. C’est ce que Benda déjà reprochait à Bergson être traître à sa propre classe, à la classe des clercs, en essayant de penser le mouvement. Aujourd’hui, ce sont les droits de l’homme qui font fonction de valeurs éternelles. C’est l’état de droit et autres notions dont tout le monde sait qu’elles sont très abstraites. Et c’est au nom de ça que toute pensée est stoppée, que toutes les analyses en termes de mouvements sont bloquées. Pourtant, si les oppressions sont si terribles, c’est parce qu’elles empêchent des mouvements et non parce qu’elles offensent l’éternel. Dès que l’on est dans une époque pauvre, la philosophie se réfugie dans la réflexion « sur »… Si elle ne crée rien elle-même, que peut-elle bien faire, sinon réfléchir sur ? Alors elle réfléchit sur l’éternel, ou sur l’historique, mais elle n’arrive plus à faire elle-même le mouvement.

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Comunismo

Posted: Ottobre 27th, 2012 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Comunismo

Questo testo è stato estratto dall’intervento pronunciato in occasione di una conferenza tenutasi a Londra nel maggio 2009 al Birbeck Institute, per iniziativa di Alain Badiou e Slavoj Žižek, dal titolo On the idea of Communism. Gli atti di questo incontro, che hanno visto la partecipazione di alcuni dei principali filosofi contemporanei, sono stati raccolti in un libro che ha visto la pubblicazione in Francia, Spagna e Inghilterra. In Italia, con il titolo L’idea di comunismo, lo stesso libro sarà disponibile nel mese di aprile nel catalogo delle edizioni DeriveApprodi. Segnaliamo che il testo qui riportato non rappresenta la versione integrale dell’intervento.

di Toni Negri

L’affermazione che la storia è storia della lotta di classe, sta alla base del materialismo storico. Quando il materialista storico indaga sulla lotta di classe, lo fa attraverso la critica dell’economia politica. Ora, la critica conclude che il senso della storia della lotta di classe è il comunismo: «il movimento reale che distrugge lo stato di cose presente». Si tratta di starci dentro a questo movimento. Si obietta spesso che queste affermazioni sono espressioni di una filosofia della storia. A me però non sembra che si possa confondere il senso politico della critica con un telos della storia. Nel corso della storia, le forze produttive normalmente producono i rapporti sociali e le istituzioni dentro i quali sono trattenute e dominate: questo sembra evidente, questo registra ogni determinismo storico. Perché allora ritenere che un eventuale rovesciamento di questa situazione e la liberazione delle forze produttive dal dominio dei rapporti capitalisti di produzione costituiscano (secondo il senso operativo della lotta di classe) un’illusione storica, un’ideologia politica, un non-senso metafisico? Cercheremo di dimostrare il contrario.

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moltitudine vs governance

Posted: Ottobre 25th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su moltitudine vs governance

Nuovi movimenti sociali e teorie critiche del costituzionalismo
post-novecentesco oltre la New European Governance 1

di Giuseppe Allegri

(pubblicato in M. Blecher et alii (a cura di), Governance, società civile e movimenti
sociali. Rivendicare il comune, EdS, Roma, 2009, pp. 223-253)

«La pratica è un insieme di elementi di passaggio da un
punto teorico ad un altro, e la teoria è il passaggio da una
pratica ad un’altra. Nessuna teoria può svilupparsi senza
incontrare una specie di muro ed è necessaria la pratica per
sfondarlo. […] Non c’è più rappresentazione, non c’è che
l’azione: l’azione della teoria e quella della pratica in
rapporti di collegamento o di scambio»
Gilles Deleuze in conversazione con Michel Foucault,
Gli intellettuali e il potere, 1972

Premessa
La scommessa di queste note è quella di leggere in modo inedito le possibili
combinazioni tra le pratiche di governance e le azioni dei nuovi movimenti sociali
(NSMs): si propone un punto di vista eccentrico rispetto ai processi di good o new
governance europea, ma anche in confronto all’agire dei movimenti sociali dell’era
globale. Ri-pensare questo improbabile incrocio tra attivismo dei NSMs e nuovi
strumenti di governance (“New Modes of Governance” – NMG) nel laboratorio
comunitario europeo, tra resistenze del sovranismo intergovernativo, trasformazione del
metodo di governo comunitario ed embrionale emergenza di una opinione pubblica
europea non addomesticata e aldilà di una società civile istituzionalizzata.

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commons

Posted: Ottobre 22nd, 2012 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su commons

Il diritto dei beni comuni oltre il pubblico e il privato

di MARIA ROSARIA MARELLA

1. Perché un diritto dei beni comuni dovrebbe porsi oltre il pubblico ed il privato[i]? Un chiarimento a partire dal titolo di questo contributo è necessario ed al tempo stesso utile per introdurre alla complessità del tema che tento qui di affrontare, quello dei commons e del loro possibile statuto giuridico.

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L’Europa della piigs revolution

Posted: Ottobre 20th, 2012 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su L’Europa della piigs revolution

di ADRIÀ RODRÍGUEZ e GIGI ROGGERO

1. Una nuova fase

Nell’ultimo mese e mezzo, dopo l’estate del 2012, abbiamo visto una serie di avvenimenti che ci obbligano a ripensare la situazione europea e la situazione delle lotte, soprattutto nel sud del continente. In Portogallo, Spagna e Grecia si stanno sviluppando nuovi processi di conflitto che vanno oltre la critica alle istituzioni e le politiche di austerità, e che cominciano a incentrarsi sulla sfida dei processi costituenti. Negli ultimi due anni in Grecia i movimenti hanno assunto una forza destituente, al punto da mettere in crisi e contribuire alla caduta del governo socialista di Papandreou, per quanto sostituito da un esecutivo “tecnico”, cioè direttamente al servizio dei mercati finanziari. Le recenti mobilitazioni moltitudinarie contro la visita di Angela Merkel ad Atene e lo sciopero generale del 18 ottobre (con la polizia che causa la morte di un manifestante di 66 anni) confermano il rifiuto assoluto del “governo della finanza” e dell’austerity. Quello che qui ci interessa sottolineare è che, durante questo ultimo mese e mezzo, un processo dai tratti simili si è sincronicamente sviluppato in Portogallo e in Spagna. Nel primo caso, a partire dalle grandi manifestazioni del 15 settembre in più di quaranta città del paese, unite dalla parola d’ordine: “Basta troika! Vogliamo le nostre vite”, un grido diretto non solo contro i diktat della Bce, ma anche contro il governo nazionale, in quanto ingranaggi della stessa macchina. Al 15-S ha fatto seguito, il 29 settembre, un’altra manifestazione di massa a Lisbona, davanti al parlamento, proprio nello stesso giorno in cui a Madrid decine di migliaia di persone protestavano di fronte al Congresso dei deputati per la stessa ragione. I palazzi della capitale spagnola erano già stati assediati quattro giorno prima: l’iniziativa era stata convocata e si era diffusa attraverso i social network, con lo slogan “Rodear el Congreso” (“Circondare il Congresso”), per esigere le immediate dimissioni del presidente Rajoy e l’apertura di un processo costituente. Le mobilitazioni in Portogallo e in Spagna hanno aperto una nuova fase all’interno dei movimenti: a partire da qui, sono già stati convocati scioperi, blocchi e assedi. Al pari della Grecia, anche in Spagna e Portogallo i movimenti stanno praticando un’iniziativa di destituzione dei governi. In Italia, seppure a fatica, si inizia a fare i conti con i lasciti non solo del berlusconismo ma anche e soprattutto dell’anti-berlusconismo, cioè con un piano di conflitto incentrato sulla presunta “anomalia” nazionale e attestato sulla mera difesa di una costituzione formale definitivamente esaurita. In Europa, a partire dall’area mediterranea, la crisi di legittimità e governabilità apre uno spazio che è, al contempo, destituente e costituente.

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Matteo Pasquinelli

Posted: Ottobre 15th, 2012 | Author: | Filed under: au-delà, crisi sistemica, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 56 Comments »

To Have Done with the Dispositif of God!
On the Archeology of Norm in Canguilhem, Foucault and Agamben

by Matteo Pasquinelli

“The habitus is the logical place in which something
like a theory of subjectivity could have been born”
— Agamben, Opus Dei, 2012.

“The abnormal, while logically second, is existentially first”
— Canguilhem, The Normal and the Pathological, 1966.

1. The dis-positive religion of Agamben
In his essay What is an apparatus? Agamben (2006) relates the genealogy of the Foucauldian
idea of dispositif 1 to the notion of positivity of the Christian religion as found in Hegel and
commented by Hyppolite (1948) in Introduction to Hegel’s philosophy of history (a text that
Foucault is said to know for sure because of his proximity with Hyppolite). Agamben then
proposes to take the forms in which Christianity is propagated and ‘governed’ as the
model for the whole immanence of the Foucauldian dispositif. According to Agamben, in
The Archeology of Knowledge Foucault (1969) employs very often the term ‘positivity’ with
this meaning, only to have it replaced with the term dispositif in the researches on power of
the ‘70s. As a proof of this evolution, Agamben provides a passage by Hegel commented
by Hyppolite that Foucault could not have forgot.

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Controcanto

Posted: Ottobre 15th, 2012 | Author: | Filed under: critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su Controcanto

di Antonio Negri

Inutile insistere sulla ricchezza e l’efficacia della ricerca di Gerald Raunig. È, il suo, un passaggio che, assumendo l’orizzonte determinato dalla sussunzione reale della società nel capitale, l’assorbimento totalitario del valore d’uso nel valore di scambio, ci sospinge tuttavia oltre le tristi passioni della scuola di Francoforte, ci libera dalle letture di un “postmodernismo debole” ed irride a ogni figura lineare della sussunzione, foss’anche armata dall’ironia situazionista. La scrittura di Raunig si muove su quel terreno che si stende dai Mille plateaux di Deleuze-Guattari fino alle costituzioni del postoperaismo ed ivi produce modulazioni ricche ed articolate della critica del potere e inaugura nuove linee di fuga, diserzioni, dialettiche di nuovi mondi, riterritorializzazioni creative… È un controcanto questo a tutti quegli sviluppi del pensiero postmoderno (ed anche postoperaista) che coagulano linee di critica (altrimenti aperte) ed inclinano in maniera teoreticistica e rigida momenti di resistenza (altrimenti vivaci). È dunque un controcanto essenziale che ci rimette tutti con i piedi per terra.

Ma forse abbiamo bisogno anche di un controcanto “al quadrato”. Vale a dire che qui si riaprono problemi, e dalle conclusioni di Raunig consegue il bisogno di elaborare altre ipotesi pratiche, politiche, costruttive. È come una seconda volta: il libro di Raunig ci ha mostrato un “altro” mondo; al punto sul quale lui è arrivato, c’è dunque una nuova narrazione che va iniziata (per stare alla metafora kafkiana: una “nuova” Giuseppina che canta a un popolo di topi “riformato”). Già Leopardi, nella sua splendida Batrachomiomachia, aveva visto spostarsi e duplicarsi il mondo dei topi, pur dentro passioni eroiche e movimenti individuali. Qui invece, per Raunig, i movimenti sono molteplici, sono quelli della moltitudine e delle libere singolarità che la compongono. Dunque, qual è il problema, qui ricreato, al quale, per la seconda volta, un controcanto può corrispondere? È quello, dicevano Deleuze e Guattari, del superamento del ritornello, dell’alternativa del lisciare e dello scalfire lo spazio, del territorializzare e del deterritorializzare. Raunig – con Giuseppina – ci hanno ormai definitivamente portato sul terreno politico: hic Rodhus, hic salta. […]

Porto qui testimonianza di lunghe discussioni con Félix Guattari proprio a questo proposito: quale punto “macchinico” di interferenza produttiva, quale “nuovo” agencement può darsi, tale da costituire una funzione espressiva locale, una volta che ci si trovi di fronte a un campo di immanenza, moltiplicatore di segmenti e proliferante velocità intrattenibili? Era il periodo in cui i nostri due maestri stavano concludendo il lavoro su Kafka e la risposta, già data in quel saggio, era che quella macchina poteva essere localizzata solo dalla consistenza/coesistenza di quantità intensive. Il che – tradotto per quell’analfabeta che ero – significava afferrare, in quel campo d’immanenza che le lotte di classe formavano, le quantità intensive della tendenza materiale alla crisi del sistema capitalista. E, inoltre, quelle che costituivano il dispositivo del rifiuto operaio dello sfruttamento, delle energie rivoluzionarie (minoritarie, certo, ma si sa che ciò che è minoritario supplisce al numero con l’intensità) allora agenti e del desiderio comunista – più intenso, più alto, ma consistente sul luogo di crisi e di lotta. Un sorvolo potente che crea un “luogo”.

E un quindicennio più tardi, rispondendo a una mia domanda sulla specificità della lotta comunista di classe, Deleuze rispondeva che il sistema di linee di fuga che definisce il capitalismo, può essere afferrato e combattuto solo inventando e costruendo una “macchina da guerra”. Cioè determinando in tal modo uno spazio-tempo, un potere costituente e una capacità di resistenza, localizzate e creative di un “popolo a-venire”. Ancora un “luogo”, dunque, non statico ma creativo – come appunto questo “controcanto al quadrato” esige. Le azioni di Occupy e le acampadas degli indignados ci impegnano a lavorare sulla definizione di questa verticalità, di questa intensità, di questo luogo. Non è più una questione solo temporale. Benjamin ricorda che durante le rivolte del XIX secolo, gli operai ribelli sparavano sugli orologi delle piazze, denunciando nella misura temporale, la misura dello sfruttamento.

Oggi i lavoratori precari, ribellandosi, devono sparare sui calendari – che non danno la continuità ma la separazione dei tempi, una successione distinta di tempi diversi della valorizzazione – poiché il loro sfruttamento, la loro alienazione, sono soprattutto misurati dalla mobilità spaziale, dalla separazione dei luoghi di impiego, dalla contiguità locale della cooperazione e dalla diversità degli spazi che devono percorrere. Come i migranti, così i precari, cooperanti in rete, sempre alla ricerca di un luogo dove restare. Senza questo luogo sembra impossibile ribellarsi. È così, o è già segno di una nostra frustrazione, l’affermarlo? Comunque, è il problema stesso che ci riporta alla scoperta di un luogo, come Occupy ci ha portato a Zuccotti park, alla piazza della libertà. I movimenti vanno dunque riformati ritrovandoli in uno spazio – una verticalità li attraversa, localizzandoli e innalzandoli, con estrema intensità locale. […] Abbiamo camminato molto a lungo vivendo formidabili avventure: abbiamo bisogno di fermarci per un momento, su un luogo, perché solo su un luogo è possibile rinnovare continuamente il canto di Giuseppina.

Anticipiamo un brano della postfazione di Antonio Negri al libro di Gerald Raunig, Fabbriche del sapere, industrie della creatività, in uscita nei prossimi giorni per ombre corte

Qui la recensione di Gigi Roggero al libro di Raunig


La costituzione del comune

Posted: Ottobre 9th, 2012 | Author: | Filed under: comune, Marx oltre Marx, Révolution | Commenti disabilitati su La costituzione del comune

SEMINARIO, Roma, 27-28 ottobre 2012

Uninomade 2.0 al Teatro Valle Occupato

Il marchese di Condorcet e Thomas Jefferson conoscevano bene la forza e l’importanza delle Costituzioni. Eppure, entrambi concordavano sul fatto che nessuna Costituzione potesse essere considerata eterna. Anzi, ogni generazione – sostenevano questi padri del costituzionalismo moderno – avrebbe diritto a scrivere una nuova costituzione. Sapevano bene, Jefferson e Condorcet, che le costituzioni nascono da precise mediazioni storiche, traducono equilibri contingenti, e che il rapporto tra qualsiasi “diritto costituzionale” costituito e processi costituenti non può mai essere chiuso definitivamente.

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conflitti

Posted: Settembre 30th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su conflitti

Se anche i “signori” rovistano nei cassonetti

di Marco Bascetta

Il saggio di Marco Bascetta che qui pubblichiamo è contenuto nel secondo numero della rivista “Outlet- per una critica dell’ideologia italiana”, in edicola dal 28 settembre con gli Altri…

Nel dibattito pubblico italiano il tema della violenza, quella politica o politicamente motivata, è andato incontro a un singolare destino: tanto più se ne evocava l’incombenza quanto meno trovava riscontro nella realtà dei fatti. Non vi è episodio, per quanto banale e insignificante, dalla scritta murale al lancio di uova e ortaggi, che i media e le forze politiche tutte non dichiarassero messaggero di un imminente ritorno del terrorismo, la bestia nera degli anni Settanta. L’assenza di una inclinazione significativamente violenta del conflitto sociale creava, per così dire, una sorta di disorientamento, di vuoto nel rapporto di potere tra governanti e governati, che i primi si sarebbero ingegnati a colmare con un notevole sforzo di fantasia, talvolta assecondato dal narcisismo di parte dei movimenti.

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Madrid 25S — La democrazia si apre il passo

Posted: Settembre 29th, 2012 | Author: | Filed under: au-delà, crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su Madrid 25S — La democrazia si apre il passo

di MADRILONIA.ORG

Ci hanno chiamati golpisti. Hanno detto che dietro questa manifestazione si nascondeva l’estrema destra. I mezzi di comunicazione hanno mentito per giorni e giorni. Hanno minacciato di mandarci in galera, hanno dispiegato oltre 1400 agenti di polizia, hanno identificato e denunciato molte persone solo perché esse si erano riunite in un parco pubblico a discutere sulla convocazione di questa manifestazione. Hanno provato a riempirci di paura, come mai era successo prima d’ora. Il risultato è che, nelle strade, eravamo in decine di migliaia, pronti a disobbedire allo stato di eccezione imposto dal governo. Ora tutti i media del pianeta stanno parlando di quanto successo a Madrid il 25S. E sappiamo bene che è solo l’inizio.

[…]