Antonio Caronia

Posted: Gennaio 31st, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, arts, au-delà, bio | Commenti disabilitati su Antonio Caronia

Contemplare o partecipare, comunque fingere

di Antonio Caronia

[Pubblicato in: Filosofie di Avatar. Immaginari, soggettività, biopolitiche, a cura di A.C. e Antonio Tursi,Mimesis, Milano 2010.]

Come sempre, più di quello che che si vede, in Avatar (il film) è importante ciò che non si vede.Ciò di cui il film si è nutrito per nascere, e ciò di cui si nutre dopo che è nato per crescere esvilupparsi nell’immaginario.I siti internet, per esempio. Il sito ufficiale del film (http://james-camerons-avatar.wikia.com/wiki/Pandora), e la Pandorapedia (www.pandorapedia.com), che è il sito dedicato alla storia, la geologia e la biologia del pianeta, alla cultura dei Na’vi, e alla storia della RDA, gli invasori terrestri. Sul primo nucleo del manuale di 350 pagine preparato dagli esperti riuniti da Cameron durante la preparazione del film, il sito sta rapidamente aggregando una community, sul modello di Wikipedia, per estendere e raffinare le nostre conoscenze su un mondo che non esiste. La fonetica Na’vi, per esempio, è già sufficientemente nota, ma sulla sintassi di quel linguaggio c’è ancora molto lavoro da fare. Niente di nuovo, certo. Da quando c’è internet, buona parte dell’attività “di culto” legata ai film si svolge lì. E tutto il mondo dei videogiochi, dei MMO e dei MMORPG funziona su una logica di questo tipo.

Costruire un mondo di finzione come se fosse reale. Il modello a cui tutto ciò si ispira è naturalmente il lavoro maniacale e futilmente sublime che oltresettant’anni fa fece John Ronald Reuel Tolkien per dare consistenza ontologica e spessore storico alla sua Middle Earth, la Terra di mezzo.

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Zizek

Posted: Gennaio 31st, 2013 | Author: | Filed under: crisi sistemica, Global, Révolution | Commenti disabilitati su Zizek

L’EUROPA GUIDATA DAI CIECHI

L’idea che la democrazia può e deve essere sospesa per garantire la stabilità e lo sviluppo economico, un tempo promossa nei paesi poveri, oggi prende piede anche in Europa. La proibizione di un referendum in Slovenia ne è l’ultima prova.

di Slavoj Žižek, The Guardian, da presseurop.eu

Holly

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Karl Marx’s Grundrisse

Posted: Gennaio 30th, 2013 | Author: | Filed under: arts, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, post-filosofia | Commenti disabilitati su Karl Marx’s Grundrisse

di ANTONIO NEGRI

il-rituale-del-serpente

1. Cominciai a lavorare sui Grundrisse negli anni ’60. Quando cominciai ero comunista da parecchio tempo, non ancora marxista. Avevo lavorato molto su Kant, Hegel, e il neokantismo, Max Weber, Lukacs e poi, infine, all’inizio degli anni ’60, avvicinandomi ai 30 anni, avevo cominciato a leggere Il Capitale. Già prima ero passato attraverso le interpretazioni alla moda del giovane Marx: i Frühschriften li avevo letti e discussi (in Francia, in Italia, in Germania – non si può immaginare l’intensità delle emozioni sollevate da quella “scoperta”!) nel clima di un certo esistenzialismo umanistico. Ne trassi le stesse ambivalenti (se non equivoche) impressioni che avevo avute studiando il marxismo sartriano. Di conseguenza non avevo avuto difficoltà a cogliere una certa ragionevolezza nella “cesura epistemologica” che Althusser aveva proclamato. Questa cesura non rappresentava per me un elemento né rilevante né decisivo dal punto di vista filologico: lo era piuttosto (come d’altronde voleva Althusser) dal punto di vista di un’ermeneutica politica e polemica “situata” (come, appunto, in un Kampf-platz) del pensiero rivoluzionario, nell’epoca delle ultime smanie dell’hegelismo dialettico – in occidente come in oriente. Il materialismo marxiano mi sembrava divenire “intero” proprio passando attraverso questa rottura – rottura anti-umanista, nel senso che le illusioni dell’umanesimo borghese sarebbero state a quel punto definitivamente scacciate – e soprattutto nel senso che la dialettica hegeliana era effettivamente messa da parte. Per noi, educati nell’hegelismo e alle infinite variazioni della “coscienza infelice”, questo passaggio era necessario: costituiva una propedeutica alla militanza rivoluzionaria.

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CODING FREEDOM

Posted: Gennaio 26th, 2013 | Author: | Filed under: hacking, Révolution | 7 Comments »

THE ETHICS AND AESTHETICS OF HACKING
by E. Barbara Coleman

system

Who are computer hackers? What is free software? And what does the emergence of a community dedicated to the production of free and open source software–and to hacking as a technical, aesthetic, and moral project–reveal about the values of contemporary liberalism? Exploring the rise and political significance of the free and open source software (F/OSS) movement in the United States and Europe, Coding Freedom details the ethics behind hackers’ devotion to F/OSS, the social codes that guide its production, and the political struggles through which hackers question the scope and direction of copyright and patent law. In telling the story of the F/OSS movement, the book unfolds a broader narrative involving computing, the politics of access, and intellectual property.

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Dalla fine delle sinistre nazionali ai movimenti sovversivi per l’Europa

Posted: Gennaio 26th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Dalla fine delle sinistre nazionali ai movimenti sovversivi per l’Europa

di TONI NEGRI

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I. Quando si dice globalizzazione dei mercati si intende che con essa vanno imponenti limiti alla sovranità dello Stato-nazione. Il fatto di non aver compreso la globalizzazione come un fenomeno irreversibile costituisce l’errore essenziale delle sinistre nazionali nell’Europa occidentale.

Fino alla caduta dell’Unione Sovietica la leadership americana consistette nel combinare, prudentemente ma con continuità, le specificità nazionali dei paesi compresi nelle alleanze occidentali (e nella Nato soprattutto) e la continuità dell’imperialismo classico, raggruppandoli dentro un dispositivo di antagonismo con il mondo del “socialismo reale”. Dal 1989 in poi, crollato il mondo sovietico, allo hard power della potenza americana si è man mano sostituito il soft power dei mercati: la libertà dei commerci e la moneta hanno subordinato, in quanto strumenti di comando, il potere militare e di polizia internazionale – il potere finanziario e la gestione autoritaria dell’opinione pubblica hanno d’altra parte costituito il campo sul quale soprattutto si è esercitata la nuova impresa politica di sostegno alla politica dei mercati. Il neoliberalismo si è fortemente organizzato a livello globale, gestisce l’attuale crisi economica e sociale a proprio vantaggio avendo verosimilmente davanti a se un orizzonte radioso…. A meno di rotture rivoluzionarie, non essendo immaginabile una trasformazione democratica e pacifica degli attuali ordinamenti politici del neoliberalismo sull’orizzonte globale.

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Mali: una sfida di civiltà da rifiutare

Posted: Gennaio 24th, 2013 | Author: | Filed under: Global | 7 Comments »

di Toni Negri

L’intervento francese nel Mali è rilevatore di una crisi politica che si avvia alla generalizzazione nell’Africa sahariana e subsahariana, dopo le “primavere arabe” del Maghreb. “Si è mostrato il lato pericoloso dell’Arab Spring”, titola il New York Times – ed aggiunge: aveva ragione il colonello Gheddafi quando prevedeva che, caduto lui, la gente di Bin Laden sarebbe arrivata per terra e per mare, per occupare le sponde del Mediterraneo.

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POTERI COSTITUENTI

Posted: Gennaio 23rd, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, crisi sistemica, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su POTERI COSTITUENTI

di Claudio Cavallaro

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La globalizzazione economica e i movimenti sociali hanno causato la crisi del carattere performativo delle costituzioni nazionali. In un volume giunto a conclusione di un ciclo di seminari del gruppo Uninomade viene affrontata la frantumazione del diritto

La plurisecolare storia politica europea, dalla modernità in avanti, situa ogni possibile critica del diritto e dei suoi istituti di fronte all’evidenza di un fatto. La formulazione, la tutela e la garanzia dei diritti soggettivi – civili, politici e sociali, secondo la tradizionale ripartizione di Thomas H. Marshall – si presenta come prerogativa esclusiva del Sovrano e non fa, non può in alcun caso fare, capo alla società, ai singoli o alle comunità di individui. Si tratta di un’eredità del giuspositivismo che innerva le sedimentazioni giuridico-istituzionali di tutta l’Europa continentale e che pilota l’evoluzione del diritto pubblico-statuale sino alla composizione delle Costituzioni democratiche del Novecento, senza scontare – Hannah Arendt lo aveva ben intuito – le solenni dichiarazioni dei diritti umani fondamentali.

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Axel Honneth

Posted: Gennaio 19th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, bio, post-filosofia | Commenti disabilitati su Axel Honneth

di Emmanuel Renault

Il filosofo Axel Honneth ha da sempre sottolineato la sfida morale fra le motivazioni e giustificazioni dell’azione rivoluzionaria. Esistono molte altre letture, fino all’idea degli individui «maschere economiche» che giocano ruoli teatrali. Oggi a Roma un incontro.

La riflessione honnethiana sulle motivazioni dei conflitti sociali ha condotto ad affrontare la questione del riconoscimento in Marx in una prospettiva diversa da quella dell’opposizione habermasiana tra lavoro e interazione, contribuendo ad aprire nuovi dibattiti. In Lotta per il riconoscimento, Honneth ha proposto di distinguere, tra le motivazioni dei conflitti, delle motivazioni utilitaristiche da altre che rinviano al riconoscimento, e ha sostenuto che il giovane Marx ha tentato «di interpretare i conflitti sociali della sua epoca come una lotta morale che i lavoratori oppressi conducono per ristabilire le condizioni sociali di un pieno riconoscimento». Tra i marxisti, però, sono pochissimi a pensare che la questione del riconoscimento potrebbe chiarire l’immagine che Marx si faceva delle lotte del proletariato, o il modo in cui bisogna comprendere le lotte popolari attuali.

In questo dibattito, nel quale si intrecciano molteplici questioni, la problematica honnethiana ha consentito di prestare attenzione al fatto che i sentimenti di vergogna, disprezzo e umiliazione giocano un ruolo importante in Marx, che li riconduce alla loro origine sociale e li presenta nella loro dimensione di protesta. Nella Questione ebraica, si sostiene che la società dominata dal denaro fa del «disprezzo dell’uomo un fine in sé». Le Note su James Mill sottolineano che nella società alienata il lavoratore non soffre soltanto di povertà, ma anche di umiliazione: «chi non ha nessun credito non è giudicato semplicemente come un povero, ma anche, moralmente, come qualcuno che non merita fiducia né riconoscimento, come un paria, un uomo malvagio; oltre alle privazioni, il povero subisce l’umiliazione di abbassarsi a mendicare il credito del ricco».

[relazione]

Il testo presentato qui è a firma del giovane direttore di «Actuel Marx», la rivista francese che da tempo lavora a una riflessione spregiuticata e tuttavia rigorosa non tanto sull’opera marxiana, bensì sulla sua ricezione. In «Acutel Marx» hanno scritto e scrivono Jacques Bidet, Etienne Balibar e Michael Löwy. In anni passati si è contraddistinta nell’analisi critica del cosiddetto «marxismo analitico» di provenienza anglosassone e della filosofia di Axel Honneth sulla «teoria del riconoscimento», rappresentando una delle riviste più attente alla «renaissance» marxiana. Oggi a Roma, presso il Dipartimento di filosofia dell’Universitò La Sapienza di Roma (Villa Mirafiori, Via Carlo Fea 2, aula XII) ci sarà un seminario su «Dinamiche del riconoscimento». L’incontro, che inizierà alle ore 15, prevede una relazione introduttiva di Stefano Petrucciani a cui seguiranno gli interventi di Dephine Kolesnik, Francesco Toto, Pierre Girard e Roberto Finelli. Sabato, invece, i lavori prevedono le relazioni di Emmanuel Renault, Lucio Cortella e Eleonora Piromalli.


Aaron Swartz, Open

Posted: Gennaio 16th, 2013 | Author: | Filed under: Révolution | 57 Comments »

di Tiziano Bonini

“E se ci fosse una biblioteca con ogni libro? Non ogni libro in vendita, o ogni libro importante, neanche ogni libro in una certa lingua, ma semplicemente ogni libro; la base della cultura umana.
Per primo, questa biblioteca deve essere su Internet.”

Aaron

Questo non è Borges. Non è la Biblioteca di Babele. Questo è quello che scriveva nel 2007 Aaron Swartz per presentare Open Library, il progetto a cui stava lavorando all’epoca: una biblioteca digitale ad accesso libero, gestita da una fondazione non-profit, che oggi conta su un catalogo di più di un milione di libri, classici e moderni, disponibili in download in vari formati digitali. “Open library è tua. Navigala, correggila, alimentala”, recita il sottotitolo del sito, una specie di Wikipedia per i libri. Aaron Swartz aveva 21 anni nel 2007. Ne aveva 26 quando, l’11 gennaio del 2013, si è suicidato. Da allora, da sabato, la notizia ha rimbalzato sui social network e sui giornali di tutto il mondo. Perché? Chi era Aaron Swartz, al di là delle facili etichette di “genio ribelle della Rete” che i media di massa nazionali gli hanno frettolosamente attaccato addosso, e perché è importante ricordarlo?

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Travail, valeur et répartition dans le capitalisme cognitif

Posted: Gennaio 16th, 2013 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | 1 Comment »

Introduzione al numero della rivista European Journal of Economic and Social Systems (2011) dedicato al tema del capitalismo cognitivo e curato da CARLO VERCELLONE e DIDIER LEBERT.

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La notion de capitalisme cognitif désigne une transformation majeure dans les lois de fonctionnement de l’économie par rapport aux systèmes historiques d’accumulation, mercantiliste, puis industriel, qui l’ont précédé. Au cœur de cette transformation se trouve le passage du paradigme énergétique du travail propre au capitalisme industriel vers une nouvelle organisation sociale de la production, fondée sur la montée en puissance de la dimension cognitive et immatérielle du travail mais, plus globalement, celle du rôle de la connaissance. Dans cette évolution, ce sont le sens et les critères même de mesure des catégories fondamentales de l’économie politique qui en sortent déstabilisées : le travail, le capital, la valeur. Il en résulte, en même temps, un bouleversement profond des formes de la répartition des revenus, marqué notamment par le retour en force de la rente, sous ses différentes expressions, dont le fer de lance est la finance. La logique de la création de la valeur pour l’actionnaire, la croissance spectaculaire des revenus issus du patrimoine, la financiarisation de l’épargne salariale, la spéculation des marchés financiers sur la dette souveraine en Europe, sans oublier l’inflation des prix de l’immobilier et le renforcement des droits de propriété intellectuelle, en sont autant de preuves irréfutables. La rente définie, à la suite de Marx, comme un pur rapport de distribution dissocié de toute fonction positive dans l’organisation de la production, joue de plus en plus un rôle stratégique dans les mécanismes de captation de la valeur ainsi que dans les processus de désocialisation du commun[1].

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