Posted: Dicembre 29th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, comune, epistemes & società, post-filosofia | 2 Comments »
di Giorgio Agamben
Per capire che cosa significa la parola “futuro”, bisogna prima capire che cosa significa un´altra parola, che non siamo più abituati a usare se non nella sfera religiosa: la parola “fede”. Senza fede o fiducia, non è possibile futuro, c´è futuro solo se possiamo sperare o credere in qualcosa. Già, ma che cos´è la fede? David Flüsser, un grande studioso di scienza delle religioni – esiste anche una disciplina con questo strano nome – stava appunto lavorando sulla parola pistis, che è il termine greco che Gesù e gli apostoli usavano per “fede”. Quel giorno si trovava per caso in una piazza di Atene e a un certo punto, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a sé Trapeza tes pisteos. Stupefatto per la coincidenza, guardò meglio e dopo pochi secondi si rese conto di trovarsi semplicemente davanti a una banca: trapeza tes pisteos significa in greco “banco di credito”. Ecco qual era il senso della parola pistis, che stava cercando da mesi di capire: pistis, ” fede” è semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui la parola di Dio gode presso di noi, dal momento che le crediamo. Per questi Paolo può dire in una famosa definizione che “la fede è sostanza di cose sperate”: essa è ciò che dà realtà a ciò che non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il nostro credito e la nostra parola. Qualcosa come un futuro esiste nella misura in cui la nostra fede riesce a dare sostanza, cioè realtà alle nostre speranze.Ma la nostra, si sa, è un´epoca di scarsa fede o, come diceva Nicola Chiaromonte, di malafede, cioè di fede mantenuta a forza e senza convinzione. Quindi un´epoca senza futuro e senza speranze – o di futuri vuoti e di false speranze.
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Posted: Dicembre 15th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, bio, post-filosofia, Révolution | Commenti disabilitati su Foucault: l’ignota tragedia della soggettività
di Michele Spano’
Si racconta che Michel Foucault, interrogato da un giovane studente sui fatti del terrorismo italiano, abbia risposto: «L’importante, oggi, è soprattutto San Crisostomo». L’aneddoto è il miglior viatico alla lettura del corso «Del governo dei viventi» (tenuto presso il Collège de France tra il 1979 e il 1980. il volume è stato pubblicato con il titolo Du gouvernement des vivants, Seuil, pp. 400, euro 26) e del seminario Mal faire dire vrai, tenuto nel 1981 presso l’Università di Lovanio e pubblicato dalla Presses Universitaires de Louvain (euro 30).
I due testi, che una felice congiuntura editoriale ha voluto fossero pubblicati insieme, sono infatti un’occasione preziosa per tornare sulle questioni – centrali nell’ultima riflessione foucaultiana – del rapporto tra governo e verità, e, dunque, sulla relazione di assoluta transitività che lega, nell’immanenza di un’ellisse, assoggettamento e soggettivazione, etica e politica (e – come emerge da questi testi – perfino quella bestia nera foucaultiana che è il diritto).
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Posted: Novembre 11th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, kunst, post-filosofia | Commenti disabilitati su CORPI. Teorie pratiche e arti dei corpi nel Novecento
a cura di Vincenzo Cuomo e Aldo Meccariello
Prefazione
Il Novecento filosofico e culturale, oltre ad essere stato il secolo delle
grandi fratture e delle svolte radicali, è stato anche un’epoca di ripresa
e di veloci e intense ricapitolazioni di temi affrontati in tutta la storia
del pensiero, non solo in quello moderno. Per tale ragione è ancora un
secolo in parte da esplorare e sottoporre ad esplorazioni cartografiche,
a carotaggi stratigrafici, ad un lavorio interpretativo che ne chiarifichi
la posizione di cerniera tra il passato “moderno” e l’epoca post- transmoderna
che viviamo.
Per tale scopo la rivista Kainos promuove da sette anni un seminario
annuale di riflessione tematica sulla cultura e la filosofia novecentesche.
Il problema affrontato nella settima edizione del seminario, denominato
“Le parole del Novecento”, è quello dei “corpi”, tema/titolo
in cui il plurale non sta ad indicare solamente la pluralità delle
prospettive ermeneutiche di approccio alla questione, ma anche,
soprattutto, il fatto ontologico che i corpi sono sempre plurali, o
singolari-plurali, per utilizzare la nota e profonda espressione di Jean-
Luc Nancy.
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Posted: Novembre 8th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, post-filosofia | Commenti disabilitati su L’incalcolabile astrazione vivente
di Fabrizio Denunzio
Un volume di Gilles Deleuze su «Lavoro, merce, desiderio».
Una leggenda vuole che Gilles Deleuze prima di morire stesse scrivendo un libro dal titolo altisonante Grandezza di Marx.
Le leggende, come del resto ogni finzione narrativa, spesso rappresentano i punti di partenza più sicuri per affrontare l’analisi dei fenomeni culturali. Immaginando come reale questa possibilità tutta immaginaria di una monografia deleuziana su Marx, sicuramente si potrebbe credere che uno dei suoi momenti più significativi sarebbe rappresentato dal confronto con il concetto di lavoro.
I materiali «grezzi» per questo tipo di elaborazione Deleuze li aveva già preparati nel corso di una serie di lezioni tenute a Vincennes il 15 febbraio e il 18 aprile del 1972. I testi in italiano di queste lezioni sono stati ricavati dal paziente lavoro di emendazione e traduzione svolto da Gianvito Brindisi sull’originale parlato di Deleuze, e si possono leggere oggi nel volume collettaneo Lavoro, merce, desiderio pubblicato dall’editore Mimesis (pp. 218, euro 16).
Del lavoro, al filosofo interessa innanzitutto lo statuto culturale piuttosto che quello empirico eseguito nei luoghi e nei processi produttivi. Combinando in modo molto originale l’Introduzione a Per la critica dell’economia politica di Marx e alcune parti de Le parole e le cose di Michel Foucault, Deleuze ci riporta al momento in cui nasce l’economia politica, a quando Smith e Ricardo smisero di cercare l’essenza della ricchezza dal lato dello Stato e della terra, come fino a quel momento avevano rispettivamente fatto i mercantilisti e i fisiocrati, e iniziarono a riportarla al lato del soggetto che produce, agisce e lavora. Con la nascita dell’economia politica si passa dall’oggettività dei macroinsiemi (Stato e terra), alla soggettività dell’individuo produttore (lavoratore).
Questa sorta di rottura, una vera e propria rivoluzione nel pensiero economico, non si ferma qui. I padri dell’economia politica quando scoprono l’essenza della ricchezza nell’attività produttiva, non privilegiano nessun tipo di lavoro in particolare (sia esso manifatturiero, commerciale o agricolo), piuttosto si riferiscono al produrre in generale. Il nome che assegnano a questa universalità è: lavoro astratto. Sarebbe a dire, nessuna forma determinata di lavoro, ma la forma in genere del lavorare.
Questa rivoluzione, però, segna una fondamentale battuta d’arresto nel punto in cui Smith e Ricardo alienano la loro scoperta del lavoro astratto nella proprietà privata. Cosa vuol dire: se da un lato i padri dell’economia politica hanno sottratto la produzione della ricchezza allo Stato e alla terra, l’hanno cioè disalienata da uno stato oggettivo mistificato per restituirla al lavoro astratto, dall’altro lato, però, producono una nuova forma di mistificazione e di alienazione quando, facendo della proprietà privata l’unico metro con cui misurarlo, chiudono il lavoro astratto in una rappresentazione soggettiva, in un teatro familiare che ne svuota l’universalità.
I risultati ottenuti da Deleuze nel corso di queste lezioni mi sembrano importanti soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento di quello che fino ad allora era stato il suo rapporto con Marx.
La rilettura del filosofo di Trevi effettuata all’inizio degli anni Settanta del Novecento a partire dal punto di vista del lavoro astratto produce in Deleuze una conseguenza significativa: la revoca della fiducia nei confronti dell’economico a cui, sulla scia di Louis Althusser e dei suoi allievi, veniva assegnata la centralità in Differenza e ripetizione.
Sebbene anche in quest’opera l’autore parta dal lavoro astratto, la conseguenza a cui perviene è quella di intendere i lavoratori come «atomi portatori di forza-lavoro o rappresentanti la proprietà». Viene confermata l’idea althusseriana di un soggetto come epifenomeno di una struttura molto complessa e differenziata sì, ma i cui problemi sociali sono essenzialmente economici, anche lì dove ne vengono avanzate soluzioni di natura non economica (giuridica, politica o ideologica).
In questa serie di lezioni sul lavoro astratto Deleuze supera la visione atomistica del lavoratore come punto qualsiasi in cui si incarna una forma specifica di lavoro. Quel suo insistere sull’universalità dell’attività produttiva prima che Smith e Ricardo la recintino nella sfera privata della proprietà, rinvia sì ad un soggetto, ma ad un soggetto che per gioco forza deve essere collettivo.
A ben vedere, allora, quello che sembra essere un momento molto interno al dispositivo di pensiero deleuziano (il rapporto con Marx), ha in realtà una ricaduta esterna immediata perché nel lavoro astratto di un soggetto collettivo produttivo, sembra delinearsi il genere universale di una nuova classe operaia non più qualificata dal solo lavoro di fabbrica, ma anche da quello comunicativo e simbolico degli operai dell’immateriale.
Posted: Novembre 1st, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, post-filosofia, Révolution, situationism | 4 Comments »
di Raffaele Alberto Ventura
Nell’eredità del situazionismo c’è qualcosa di paradossale. Da una parte, i concetti elaborati tra il 1952 e il 1968 in seno all’Internazionale Lettrista e poi Situazionista sono pervenuti a una posizione egemonica, costituendosi come sovrastruttura ideologica del sistema del consumismo culturale: parte integrante del cosiddetto «nuovo spirito del capitalismo». Ma d’altra parte proprio nel Sessantotto, e proprio con La Società dello Spettacolo, Guy Debord dava corpo a una riflessione tragica sulla modernità che oggi nutre varie forme di pensiero più o meno reazionario – dalla Nouvelle Droite di Alain de Benoist a certe frange dell’anarco-primitivismo. Per semplicità, diremmo che vi sono due modi di «recuperare» il situazionismo, l’integrato e l’apocalittico. Si potrebbe allora credere che le contraddizioni del post-situazionismo rispecchino le contraddizioni del situazionismo, e magari le trasformazioni del pensiero di Guy Debord. In verità, come mostreremo, non c’è alcuna contraddizione, e ben poche trasformazioni. Apocalittico e integrato sono le due facce di una medesima medaglia.
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Posted: Ottobre 27th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: post-filosofia, Révolution | Commenti disabilitati su Le intercesseurs
di Gilles Deleuze
Si ça va mal dans la pensée aujourd’hui, c’est parce que, sous le nom de modernisme, il y a un retour aux abstractions, on retrouve le problème des origines, tout ça… Du coup, toutes les analyses en termes de mouvements, de vecteurs, sont bloquées. C’est une période très faible, une période de réaction. Pourtant, la philosophie croyait en avoir fini avec le problème des origines. Il ne s’agissait plus de partir, ni d’arriver. La question était plutôt qu’est-ce qui se passe « entre » ? Et c’est exactement la même chose pour les mouvements physiques.
Les mouvements, au niveau des sports et des coutumes, changent. On a vécu longtemps sur une conception énergétique du mouvement : il y a un point d’appui, ou bien on est source d’un mouvement. Courir, lancer le poids, etc. : c’est effort, résistance, avec un point d’origine, un levier. Or aujourd’hui on voit que le mouvement se définit de moins en moins à partir de l’insertion d’un point de levier. Tous les nouveaux sports – surf, planche à voile, deltaplane… – sont du type : insertion sur une onde préexistante. Ce n’est plus une origine comme point de départ, c’est une manière de mise en orbite. Comment se faire accepter dans le mouvement d’une grande vague, d’une colonne d’air ascendante, « arriver entre » au lieu d’être origine d’un effort, c’est fondamental.
Et pourtant, en philosophie, on en revient aux valeurs éternelles, à l’idée de l’intellectuel gardien des valeurs éternelles. C’est ce que Benda déjà reprochait à Bergson être traître à sa propre classe, à la classe des clercs, en essayant de penser le mouvement. Aujourd’hui, ce sont les droits de l’homme qui font fonction de valeurs éternelles. C’est l’état de droit et autres notions dont tout le monde sait qu’elles sont très abstraites. Et c’est au nom de ça que toute pensée est stoppée, que toutes les analyses en termes de mouvements sont bloquées. Pourtant, si les oppressions sont si terribles, c’est parce qu’elles empêchent des mouvements et non parce qu’elles offensent l’éternel. Dès que l’on est dans une époque pauvre, la philosophie se réfugie dans la réflexion « sur »… Si elle ne crée rien elle-même, que peut-elle bien faire, sinon réfléchir sur ? Alors elle réfléchit sur l’éternel, ou sur l’historique, mais elle n’arrive plus à faire elle-même le mouvement.
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Posted: Ottobre 15th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, crisi sistemica, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 56 Comments »
To Have Done with the Dispositif of God!
On the Archeology of Norm in Canguilhem, Foucault and Agamben
by Matteo Pasquinelli
“The habitus is the logical place in which something
like a theory of subjectivity could have been born”
— Agamben, Opus Dei, 2012.
“The abnormal, while logically second, is existentially first”
— Canguilhem, The Normal and the Pathological, 1966.
1. The dis-positive religion of Agamben
In his essay What is an apparatus? Agamben (2006) relates the genealogy of the Foucauldian
idea of dispositif 1 to the notion of positivity of the Christian religion as found in Hegel and
commented by Hyppolite (1948) in Introduction to Hegel’s philosophy of history (a text that
Foucault is said to know for sure because of his proximity with Hyppolite). Agamben then
proposes to take the forms in which Christianity is propagated and ‘governed’ as the
model for the whole immanence of the Foucauldian dispositif. According to Agamben, in
The Archeology of Knowledge Foucault (1969) employs very often the term ‘positivity’ with
this meaning, only to have it replaced with the term dispositif in the researches on power of
the ‘70s. As a proof of this evolution, Agamben provides a passage by Hegel commented
by Hyppolite that Foucault could not have forgot.
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Posted: Settembre 29th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, post-filosofia, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Foucault
INTRODUZIONE ALLA VITA NON FASCISTA
Illustrazioni di Clifford Harper Cvvvbvvvnvvvdz
Préface di Michel Foucault alla traduzione americana del libro: Gilles Deleuze et Félix Guattari,
L’Anti-Oedipe : capitalisme et schizophrénie, Viking Press, New York, 1977; cfr.: Michel Foucault,
Dits et Ecrits II, 1976-1988, Paris, Gallimard, 2001 (1a ediz.: 1994), p. 133-136. Il titolo è nostro.
Traduzione in italiano: Carmine Mangone
Translated in English by Robert Hurley, Mark Seem, and Helen R. Lane
Introduzione alla vita non fascista
Posted: Settembre 24th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, post-filosofia, Révolution | 8 Comments »
transversal 2012
à propos Félix Guattari
Politics | Poetics | Therapy
12 + 13 October 2012
Academy of Fine Arts
Vienna, Schillerplatz 3, Room M31
Participation: free of charge!
No reservation necessary
For Info and materials in German: http://www.kaosmose.tk
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Schedule
Friday 12th Oct. 2012
14.00 Reception: Ruth Sonderegger and Wolfgang Neurath
Lectures
14.30 Elisabeth von Samsonow: “François Tosquelles, Félix Guattari and the politics of madness” (Lecture will be held in German)
15.30 Wolfgang Pircher: “Guattari against the state. War Machine and Apparatus of Capture as Mediums” (Lecture will be held in German)
Can an informational materialism be helpful to accentuate the functioning and the transition of war machine and apparatus of appropriation? How can such a materialism be compatible with a historical materialism and a universal history as developed by Deleuze and Guattari? In this regard, what kind of differences can found between the nomadic and the settled?
16.30 Break
17.00 Anne Querrien and Anne Sauvagnargues: “Machines that break down” (Lecture will be held in English)
Transversality, typewriter and political activism; the difference between machine and structure; semiotics, especially capitalist semiotics; machinic heterogenesis; the aesthetic paradigm; chaosmosis.
18.00 Franco “Bifo” Berardi: “Chaosmic Spasm and the Re-thinking of Desire” (Lecture will be held in English)
In “Chaosmosis”, Félix Guattari uses the concept of “chaosmic spasm”. By “spasm”, he understands an intensification of the rhythm of the desiring organism that leads to panic and is a prelude to depressive blackout. The spasm is a form of vibration, the searching for a new rhythm. But if this search does not lead to a successful end, the organism can enter into a phase of paralysis. Chaosmosis is a mode of alleviating the spasm. By reflecting on the concept of chaosmic spasm, one can rethink desire as a problematic concept.
19.00 Water and wine, bread and beer
Saturday 13th Oct. 2012
Workshops in terms of creative milieus for a non-academic exchange on philosophy
10.00 “Subject-Groups”
Coordination: Vivianne Costabile, Klaus Neundlinger, Sandra Lehmann
13.00 “Lines of Flight”
Coordination: Harald Katzmair, Wolfgang Neurath
15.00 “Machines”
Coordination: Sandro Barberi, Birgit Mennel, Helmut Neundlinger, Tom Waibel
Light, sound and theory machines with Stephan Gregory, Michael Kargl, Gerald Raunig, Tim Stüttgen etc.
Supported by: Academy of Fine Arts, Vienna, Wolfgang Neurath and FAS.Research
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transversal mailing list | info: trasversal