Posted: Dicembre 7th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, comune, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 57 Comments »
di SANDRO CHIGNOLA e SANDRO MEZZADRA
1. Assoggettamento e soggettivazione: decentrare lo sguardo
Porre il problema del soggetto politico significa per noi porre il problema dell’assoggettamento e della soggettivazione. E cioè, spodestare il soggetto dalla sua posizione di fondamento – la posizione che esso mantiene nel discorso «umanista» o liberale – per collocarlo nell’immanenza dei processi che lo producono. Lo Stato e il capitale, nella modernità, sono le due potenze a cui questi processi fanno capo. L’impronta dell’assoggettamento, secondo la lezione di Michel Foucault, accompagna la fabbricazione della soggettività fin da quando una moltitudine riottosa alla disciplina del lavoro viene investita da un insieme di dispositivi di individuazione, per ricavarne soggetti compatibili con l’ordine sociale del capitalismo manifatturiero emergente. Ma questi processi sono accompagnati fin dal principio da pratiche di soggettivazione, che si producono ogniqualvolta la libertà eccede gli schemi pensati per imbrigliarla e obbliga il potere e reinvestirsi altrove, in altre tecnologie o in altri saperi, per recuperare, produttivamente, il controllo su ciò che, sempre di nuovo, gli sfugge. La tensione tra assoggettamento e soggettivazione si inscrive tanto nelle dinamiche e nei concetti politici fondamentali (dalla sovranità alla cittadinanza) quanto nel rapporto di capitale, marxianamente costituito dalla scissione tra forza lavoro e denaro. Criteri essenziali di organizzazione dei rapporti di dominio, quali il genere e la razza, operano su entrambi i terreni per distribuire i soggetti in posizioni asimmetriche. E sono tuttavia essi stessi continuamente rovesciati in basi materiali di processi di soggettivazione.
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Posted: Novembre 8th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, post-filosofia | Commenti disabilitati su L’incalcolabile astrazione vivente
di Fabrizio Denunzio
Un volume di Gilles Deleuze su «Lavoro, merce, desiderio».
Una leggenda vuole che Gilles Deleuze prima di morire stesse scrivendo un libro dal titolo altisonante Grandezza di Marx.
Le leggende, come del resto ogni finzione narrativa, spesso rappresentano i punti di partenza più sicuri per affrontare l’analisi dei fenomeni culturali. Immaginando come reale questa possibilità tutta immaginaria di una monografia deleuziana su Marx, sicuramente si potrebbe credere che uno dei suoi momenti più significativi sarebbe rappresentato dal confronto con il concetto di lavoro.
I materiali «grezzi» per questo tipo di elaborazione Deleuze li aveva già preparati nel corso di una serie di lezioni tenute a Vincennes il 15 febbraio e il 18 aprile del 1972. I testi in italiano di queste lezioni sono stati ricavati dal paziente lavoro di emendazione e traduzione svolto da Gianvito Brindisi sull’originale parlato di Deleuze, e si possono leggere oggi nel volume collettaneo Lavoro, merce, desiderio pubblicato dall’editore Mimesis (pp. 218, euro 16).
Del lavoro, al filosofo interessa innanzitutto lo statuto culturale piuttosto che quello empirico eseguito nei luoghi e nei processi produttivi. Combinando in modo molto originale l’Introduzione a Per la critica dell’economia politica di Marx e alcune parti de Le parole e le cose di Michel Foucault, Deleuze ci riporta al momento in cui nasce l’economia politica, a quando Smith e Ricardo smisero di cercare l’essenza della ricchezza dal lato dello Stato e della terra, come fino a quel momento avevano rispettivamente fatto i mercantilisti e i fisiocrati, e iniziarono a riportarla al lato del soggetto che produce, agisce e lavora. Con la nascita dell’economia politica si passa dall’oggettività dei macroinsiemi (Stato e terra), alla soggettività dell’individuo produttore (lavoratore).
Questa sorta di rottura, una vera e propria rivoluzione nel pensiero economico, non si ferma qui. I padri dell’economia politica quando scoprono l’essenza della ricchezza nell’attività produttiva, non privilegiano nessun tipo di lavoro in particolare (sia esso manifatturiero, commerciale o agricolo), piuttosto si riferiscono al produrre in generale. Il nome che assegnano a questa universalità è: lavoro astratto. Sarebbe a dire, nessuna forma determinata di lavoro, ma la forma in genere del lavorare.
Questa rivoluzione, però, segna una fondamentale battuta d’arresto nel punto in cui Smith e Ricardo alienano la loro scoperta del lavoro astratto nella proprietà privata. Cosa vuol dire: se da un lato i padri dell’economia politica hanno sottratto la produzione della ricchezza allo Stato e alla terra, l’hanno cioè disalienata da uno stato oggettivo mistificato per restituirla al lavoro astratto, dall’altro lato, però, producono una nuova forma di mistificazione e di alienazione quando, facendo della proprietà privata l’unico metro con cui misurarlo, chiudono il lavoro astratto in una rappresentazione soggettiva, in un teatro familiare che ne svuota l’universalità.
I risultati ottenuti da Deleuze nel corso di queste lezioni mi sembrano importanti soprattutto per quanto riguarda l’approfondimento di quello che fino ad allora era stato il suo rapporto con Marx.
La rilettura del filosofo di Trevi effettuata all’inizio degli anni Settanta del Novecento a partire dal punto di vista del lavoro astratto produce in Deleuze una conseguenza significativa: la revoca della fiducia nei confronti dell’economico a cui, sulla scia di Louis Althusser e dei suoi allievi, veniva assegnata la centralità in Differenza e ripetizione.
Sebbene anche in quest’opera l’autore parta dal lavoro astratto, la conseguenza a cui perviene è quella di intendere i lavoratori come «atomi portatori di forza-lavoro o rappresentanti la proprietà». Viene confermata l’idea althusseriana di un soggetto come epifenomeno di una struttura molto complessa e differenziata sì, ma i cui problemi sociali sono essenzialmente economici, anche lì dove ne vengono avanzate soluzioni di natura non economica (giuridica, politica o ideologica).
In questa serie di lezioni sul lavoro astratto Deleuze supera la visione atomistica del lavoratore come punto qualsiasi in cui si incarna una forma specifica di lavoro. Quel suo insistere sull’universalità dell’attività produttiva prima che Smith e Ricardo la recintino nella sfera privata della proprietà, rinvia sì ad un soggetto, ma ad un soggetto che per gioco forza deve essere collettivo.
A ben vedere, allora, quello che sembra essere un momento molto interno al dispositivo di pensiero deleuziano (il rapporto con Marx), ha in realtà una ricaduta esterna immediata perché nel lavoro astratto di un soggetto collettivo produttivo, sembra delinearsi il genere universale di una nuova classe operaia non più qualificata dal solo lavoro di fabbrica, ma anche da quello comunicativo e simbolico degli operai dell’immateriale.
Posted: Novembre 6th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, epistemes & società, lacanism | 1 Comment »
di Eleonora de Conciliis
1. In un fortunato volume di qualche anno fa (L’uomo senza inconscio. Figure della nuova clinica psicoanalitica, Cortina 2010, anch’esso da me recensito sul portale di Kainos) Massimo Recalcati ha chiamato ‘uomo senza inconscio’ il tipo psichico emergente dal tardo capitalismo, caratterizzato da una nuova incapacità di accesso al simbolico, che si traduce in una nuova incapacità di capire il senso della Legge, di qualsiasi legge, e anche di qualsiasi alterità (in primis quella paterna, incapace dunque di soggettivarsi attraverso l’interdizione simbolica, simbolicamente castrante, del Nome-del-Padre): un individuo cinico e narcisista, ma anche molto conformista, che tende a sostituire il desiderio con un godimento schiacciato sul consumo di oggetti, in quello che Recalcati definisce totalitarismo dell’oggetto.
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Posted: Novembre 2nd, 2012 | Author: agaragar | Filed under: Archivio, au-delà, Révolution, surrealism | Commenti disabilitati su DIALETTICA DELLA DIALETTICA
di Gherasim Luca + Trost
Prefazione di Carmine Mangone
Il 10 marzo del 1994 viene ripescato nella Senna il corpo senza vita del
poeta di origini romene Gherasim Luca. In una lettera datata 9 febbraio,
giorno della sua sparizione, Luca se l’era presa con «questo mondo dove i
poeti non hanno più posto» [cit. in: ”La République Internationale des Lettres“, n.
2, avril 1994].
Luca è uno dei maggiori poeti, performer e sperimentatori della parola
che il Novecento abbia avuto. Purtroppo però il suo corpus poetico, sviluppatosi
fin dall’inizio in lingua francese, è sostanzialmente intraducibile.
Una sua eventuale versione in italiano perderebbe gran parte della
freschezza e della furiosa polisemia dell’originale e abbisognerebbe nondimeno
di un apparato di note piuttosto “invasivo”.
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Posted: Novembre 1st, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, post-filosofia, Révolution, situationism | 4 Comments »
di Raffaele Alberto Ventura
Nell’eredità del situazionismo c’è qualcosa di paradossale. Da una parte, i concetti elaborati tra il 1952 e il 1968 in seno all’Internazionale Lettrista e poi Situazionista sono pervenuti a una posizione egemonica, costituendosi come sovrastruttura ideologica del sistema del consumismo culturale: parte integrante del cosiddetto «nuovo spirito del capitalismo». Ma d’altra parte proprio nel Sessantotto, e proprio con La Società dello Spettacolo, Guy Debord dava corpo a una riflessione tragica sulla modernità che oggi nutre varie forme di pensiero più o meno reazionario – dalla Nouvelle Droite di Alain de Benoist a certe frange dell’anarco-primitivismo. Per semplicità, diremmo che vi sono due modi di «recuperare» il situazionismo, l’integrato e l’apocalittico. Si potrebbe allora credere che le contraddizioni del post-situazionismo rispecchino le contraddizioni del situazionismo, e magari le trasformazioni del pensiero di Guy Debord. In verità, come mostreremo, non c’è alcuna contraddizione, e ben poche trasformazioni. Apocalittico e integrato sono le due facce di una medesima medaglia.
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Posted: Ottobre 15th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, crisi sistemica, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 56 Comments »
To Have Done with the Dispositif of God!
On the Archeology of Norm in Canguilhem, Foucault and Agamben
by Matteo Pasquinelli
“The habitus is the logical place in which something
like a theory of subjectivity could have been born”
— Agamben, Opus Dei, 2012.
“The abnormal, while logically second, is existentially first”
— Canguilhem, The Normal and the Pathological, 1966.
1. The dis-positive religion of Agamben
In his essay What is an apparatus? Agamben (2006) relates the genealogy of the Foucauldian
idea of dispositif 1 to the notion of positivity of the Christian religion as found in Hegel and
commented by Hyppolite (1948) in Introduction to Hegel’s philosophy of history (a text that
Foucault is said to know for sure because of his proximity with Hyppolite). Agamben then
proposes to take the forms in which Christianity is propagated and ‘governed’ as the
model for the whole immanence of the Foucauldian dispositif. According to Agamben, in
The Archeology of Knowledge Foucault (1969) employs very often the term ‘positivity’ with
this meaning, only to have it replaced with the term dispositif in the researches on power of
the ‘70s. As a proof of this evolution, Agamben provides a passage by Hegel commented
by Hyppolite that Foucault could not have forgot.
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Posted: Settembre 29th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su Madrid 25S — La democrazia si apre il passo
di MADRILONIA.ORG
Ci hanno chiamati golpisti. Hanno detto che dietro questa manifestazione si nascondeva l’estrema destra. I mezzi di comunicazione hanno mentito per giorni e giorni. Hanno minacciato di mandarci in galera, hanno dispiegato oltre 1400 agenti di polizia, hanno identificato e denunciato molte persone solo perché esse si erano riunite in un parco pubblico a discutere sulla convocazione di questa manifestazione. Hanno provato a riempirci di paura, come mai era successo prima d’ora. Il risultato è che, nelle strade, eravamo in decine di migliaia, pronti a disobbedire allo stato di eccezione imposto dal governo. Ora tutti i media del pianeta stanno parlando di quanto successo a Madrid il 25S. E sappiamo bene che è solo l’inizio.
[…]
Posted: Settembre 24th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, post-filosofia, Révolution | 8 Comments »
transversal 2012
à propos Félix Guattari
Politics | Poetics | Therapy
12 + 13 October 2012
Academy of Fine Arts
Vienna, Schillerplatz 3, Room M31
Participation: free of charge!
No reservation necessary
For Info and materials in German: http://www.kaosmose.tk
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Schedule
Friday 12th Oct. 2012
14.00 Reception: Ruth Sonderegger and Wolfgang Neurath
Lectures
14.30 Elisabeth von Samsonow: “François Tosquelles, Félix Guattari and the politics of madness” (Lecture will be held in German)
15.30 Wolfgang Pircher: “Guattari against the state. War Machine and Apparatus of Capture as Mediums” (Lecture will be held in German)
Can an informational materialism be helpful to accentuate the functioning and the transition of war machine and apparatus of appropriation? How can such a materialism be compatible with a historical materialism and a universal history as developed by Deleuze and Guattari? In this regard, what kind of differences can found between the nomadic and the settled?
16.30 Break
17.00 Anne Querrien and Anne Sauvagnargues: “Machines that break down” (Lecture will be held in English)
Transversality, typewriter and political activism; the difference between machine and structure; semiotics, especially capitalist semiotics; machinic heterogenesis; the aesthetic paradigm; chaosmosis.
18.00 Franco “Bifo” Berardi: “Chaosmic Spasm and the Re-thinking of Desire” (Lecture will be held in English)
In “Chaosmosis”, Félix Guattari uses the concept of “chaosmic spasm”. By “spasm”, he understands an intensification of the rhythm of the desiring organism that leads to panic and is a prelude to depressive blackout. The spasm is a form of vibration, the searching for a new rhythm. But if this search does not lead to a successful end, the organism can enter into a phase of paralysis. Chaosmosis is a mode of alleviating the spasm. By reflecting on the concept of chaosmic spasm, one can rethink desire as a problematic concept.
19.00 Water and wine, bread and beer
Saturday 13th Oct. 2012
Workshops in terms of creative milieus for a non-academic exchange on philosophy
10.00 “Subject-Groups”
Coordination: Vivianne Costabile, Klaus Neundlinger, Sandra Lehmann
13.00 “Lines of Flight”
Coordination: Harald Katzmair, Wolfgang Neurath
15.00 “Machines”
Coordination: Sandro Barberi, Birgit Mennel, Helmut Neundlinger, Tom Waibel
Light, sound and theory machines with Stephan Gregory, Michael Kargl, Gerald Raunig, Tim Stüttgen etc.
Supported by: Academy of Fine Arts, Vienna, Wolfgang Neurath and FAS.Research
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transversal mailing list | info: trasversal
Posted: Settembre 22nd, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, BCE, crisi sistemica, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su David Graber
La democrazia viene da Occupy
intervista di François Peverali
Le politiche dell’austerità servono a consolidare il potere costituito senza tuttavia risolvere la crisi del capitalismo. Un’intervista con l’antropologo statunitense autore di un saggio sul «Debito»
L’antropologo David Graeber ricorda con piacere il suo viaggio in Germania, per presentare l’edizione tedesca del suo libro sul Debito (tradotto in Italia dal Saggiatore con il titolo Debito. I primi 5000 anni, pp. 581, euro 23. Il volume è stato analizzato nel numero del settimale «Alias» allegato al «manifesto» del 31 marzo 2012): un’analisi critica del nesso di sudditanza tra debitori e creditori attraverso 5.000 anni di storia, e dei punti di rottura della sottomissione quando i debiti diventano insostenibili. In Germania, il libro ha trovato recensioni entusiaste perfino in un giornale conservatore come la Frankfurter Allgemeine Zeitung, e resta ai primi posti nelle classiche dele vendite come i bestseller. Forse proprio perché la Germania è il paese che più ha ideologizzato, in chiave rigorista, la sacralità dei vincoli del debito, c’è tanto interesse per chi mette in dubbio questa costruzione.
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SCAFFALI
L’anarchia di un antropologo
David Graeber è un docente di antropologia al Goldsmith College di Londa, che lo ha accolto dopo che la prestigiosa Yale non gli ha rinnovato il contratto nel 2005. Un mancato rinnovo che, il diretto interessato, ha imputato per le sue dichiarazioni sulla militanza anarchica e per la critica al capitalismo statunitense da lui svolta all’interno del suo settore disciplinare, l’antropologia. Autore di «Direct Action and Radical Social Theory», ha partecipato alle iniziative del movimento no-global. Recentemente è stato indicato come uno dei teorici più influenti nell’esperienza Occupy Wall Street. In Italia sono stati pubblicati, oltre a «Debito. I primi 500 anni» (Il saggiatore), «La rivoluzione che viene. Come ripartire dopo la fine del capitalismo» (Manni editore), «Critica della democrazia occidentale. Nuovi movimenti, crisi dello stato, democrazia diretta» (Eleuthera) e «Frammenti di antropologia anarchica» (Eleuthera). Il suo anarchismo non gli ha impedito di vedere nell’opera di Karl Marx uno degli strumenti più importanti per individuare «vie di fuga» dal capitalismo.
Posted: Settembre 19th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, Révolution | Commenti disabilitati su Tra postoperaismo e neoanarchia
di Carlo Formenti
La storica frattura fra marxisti e anarchici, durata per un secolo e mezzo, sta per ricomporsi? Ancorché accomunate dall’obiettivo – la distruzione dello Stato borghese – le due correnti rivoluzionarie sembravano essersi irreversibilmente divise su come realizzarlo. Da qualche tempo, sostiene tuttavia David Graeber, uno dei più noti intellettuali libertari a livello mondiale, la distanza fra anarchici da un lato, autonomi, consigliaristi e situazionisti dall’altro, si è molto ridotta e, pur se i punti di vista restano diversi, è possibile che intrattengano un rapporto di complementarietà, più che di opposizione. Posto che le tre correnti chiamate in causa possano essere effettivamente riconosciute come rappresentanti ed eredi del marxismo rivoluzionario (molti non sarebbero d’accordo, ma qui, per semplicità, daremo per buono il punto di vista di Graeber), mi propongo di affrontare alcuni problemi sollevati dalla sua tesi. Prima, proverò a evidenziare gli elementi di convergenza fra gli anarchici e le altre componenti antagoniste, concentrando l’attenzione su quattro aree tematiche: critica delle tradizionali forme organizzative dei movimenti anticapitalistici; ruolo dell’immaginazione nel processo rivoluzionario; transizione alla società postcapitalista; uso della violenza per la realizzazione degli obiettivi rivoluzionari. Poi tenterò, al contrario, di evidenziare le differenze fra anarchici e postoperaisti che, a mio parere, consistono soprattutto nel ruolo strategico che il concetto di composizione di classe svolge nell’analisi teorica dei secondi. Infine, cercherò di mettere in luce le aporie in cui quest’analisi si è invischiata, e come tali aporie rischino di appiattire il discorso posto-peraista su quello anarchico.
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