Posted: Settembre 1st, 2012 | Author:agaragar | Filed under:Révolution | Commenti disabilitati su Weather Underground (ebook)
The Way The Wind Blew
A History Of The Weather Underground
Author: Ron Jacobs
A detailed history of the US left-wing urban guerrilla group the Weather Underground, or Weathermen.
Bombing its way into the headlines of the early 1970s, the Weather Underground was one of the most dramatic symbols of the anger felt by young Americans opposed to the US presence in Vietnam. Mauled in street battles with the Chicago police during the Days of Rage demonstrations, Weather concluded that traditional political protest was insufficient to end the war. They turned instead to underground guerrilla combat.
In this highly readable history, Ron Jacobs captures the hair-raising drama of a campaign which planted bombs in banks, military installations and, twice on successive days, in the US Capitol. He describes the group’s formation of clandestine revolutionary cells, its leaders’ disavowal of monogamous relationships, and their use of LSD to strengthen bonds between members. He recounts the operational failures of the group—three members died when a bomb they were building exploded in Greenwich Village—as well as its victories including a successful jailbreak of Timothy Leary. Never short-changing the fierce debates which underpinned the Weather’s strategy, Jacobs argues that the groups eventual demise resulted as much from the contradictions of its politics as from the increasingly repressive FBI attention.
Amo Scicli e Guccione
Peppe Savà intervista Giorgio Agamben
E’ uno dei più grandi filosofi viventi. Amico di Pasolini e di Heidegger, Giorgio Agamben è stato definito dal Times e da Le Monde una delle dieci teste pensanti più importanti al mondo. Per il secondo anno consecutivo ha trascorso un lungo periodo di vacanza a Scicli, concedendo una intervista a Peppe Savà
Il governo Monti invoca la crisi e lo stato di necessità, e sembra essere la sola via di uscita sia dalla catastrofe finanziaria che dalle forme indecenti che il potere aveva assunto in Italia; la chiamata di Monti era la sola via di uscita o potrebbe piuttosto fornire il pretesto per imporre una seria limitazione alle libertà democratiche?
“Crisi” e “economia” non sono oggi usati come concetti, ma come parole d’ordine, che servono a imporre e a far accettare delle misure e delle restrizioni che la gente non ha alcun motivo di accettare. “Crisi” significa oggi soltanto “devi obbedire!”. Credo che sia evidente per tutti che la cosiddetta “crisi” dura ormai da decenni e non è che il modo normale in cui funziona il capitalismo nel nostro tempo. Ed è un funzionamento che non ha nulla di razionale.
Per capire quel che sta succedendo, occorre prendere alla lettera l’idea di Walter Benjamin, secondo la quale il capitalismo è, in verità, una religione e la più feroce, implacabile e irrazionale religione che sia mai esistita, perché non conosce redenzione né tregua. Essa celebra un culto ininterrotto la cui liturgia è il lavoro e il cui oggetto è il denaro. Dio non è morto, è diventato Denaro.
German libertarian communist group Wildcat examine if capitalism is really a market society.
It is a common view nowadays that acts of exchange and their logic are at the centre of capitalist society and that many social processes can be explained on the basis of exchange relations. From this viewpoint the current strategies of ‘privatisation’ and ‘neoliberalism’ become more plausible—both for followers and critics of these strategies. This notion has little to do with the reality of global accumulation of capital, but it is socially confirmed in our daily atomisation, which itself is only the flipside of a lack of open struggles and new collective relationships emerging from within them. To the isolated individual, social processes actually appear to be exchange transactions, or more precisely, it rationalises the experience of powerlessness, because the essence of exchange is just the assumption of the independence and autonomy of individualised subjects. By perceiving social relations as acts of exchange—social relations, which are essentially based on organised and institutionalised violence, exploitation and oppression—the idea of ‘freedom’ and ‘autonomy’ of the individual or certain social groups is rescued. For the individual the perception of social relations as being based on exchange is more than mere imagination. It is a very real experience, given that daily reproduction is mediated by markets and acts of exchange. This form of mediation seems to confirm our individual freedom—and in a certain way actually does confirm it (see below: ‘The Political Ambivalence of the Market’).
Posted: Luglio 30th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:Révolution | Commenti disabilitati su OOOOO
Comment la propriété intellectuelle a transformé les Jeux olympiques en cauchemar cyberpunk
A première vue, il y a assez peu de rapports entre les Jeux olympiques de Londres et les univers dystopiques du cyberpunk, tel qu’ils ont été imaginés à partir des années 80 dans les romans de William Gibson ou de Bruce Sterling, à partir des premières intuitions de Philip K. Dick ou de John Brunner.
0. Reinventare la democrazia? Sempre più massicciamente i cittadini se lo chiedono, in particolare in paesi dove la democrazia sembra essere in pericolo: questo timore, in Ungheria per esempio, dove oggi ci troviamo, sta in cima ad ogni pensiero. Ma di quale democrazia parliamo? Spinoza aveva distinto la “democrazia assoluta” (così l’aveva chiamata) dalla democrazia come forma di governo che si accoppiava all’aristocrazia ed alla monarchia. Democrazia assoluta cioè una “democrazia del molteplice”, non riducibile a quelle forme di potere che sempre lo definiscono come “uno”. Non a caso Bodin dichiarava, dal suo punto di vista, che tutte le forme del governo sono monarchiche, perché ogni governo – per esser tale – non può che essere governo dell’uno. Il che è falso – come è falsa l’intera tradizione moderna che concepisce il potere come una totalità ed un trascendentale – da Hobbes a Hegel, da Rousseau a Schmitt. Non c’è contratto, neppure un’autorità, preventivo, necessario per formare la società ed il suo ordine. Ma, al contrario, come appunto già Spinoza intuiva, la società politica nasce dal desiderio della moltitudine: un desiderio singolare che si sforza – conatus – di essere costruttivo ed efficace; un desiderio collettivo – cupiditas – che media gli interessi in lotta e gli affetti e le consuetudini in direzione di un insieme istituzionale; ed infine un’immaginazione che costruisce un comune nel quale ragione e desiderio si collegano – amor. C’è un’intera corrente di pensiero che attraversa la modernità (Machiavelli, Spinoza, Marx) che ci assicura di questa verità.
GILLES DELEUZE – L’opera del filosofo francese è stata sempre percorsa dalla volontà di una diffusione che andasse oltre l’ambito accademico a cui era ricondotta da critici e esegeti. Un percorso di lettura a partire da alcune monografie recentemente pubblicate.
Lo stile popolare del divenire
di Fabrizio Denunzio
Dall’«Uccello filosofia» all’«Abecedario», il tentativo di tradurre per i molti un complesso itinerario filosofico Il cinema, la letteratura, l’arte sono gli ambiti disciplinari scelti per misurare la distanza dal pensiero dominante
All’epoca, quando fu formulata, la tesi fece scalpore. Gli intellettuali comunisti più intransigenti non tardarono a riconoscervi tracce d’idealismo e d’ingenuità. Molto sinteticamente, veniva avanzata l’ipotesi che i mezzi di comunicazione di massa permettessero l’ampliamento organico del pubblico e che, in sostanza, la cultura che promuovevano non si riferisse più alla lettura, ma ad altre forme di apprendimento legate in massima parte alle immagini e ai suoni, oggi diremmo all’audiovisivo. Eravamo nel 1958, il testo era Cultura e rivoluzione industriale e l’autore Raymond Williams. Dalla sua tesi il fondatore dei cultural studies traeva una conseguenza molto significativa: la crescita quantitativa del pubblico e la promozione di modalità cognitive diverse da quelle tradizionali, creavano nuovi problemi destinati a influire significativamente sulla strutturazione della cultura.
Lo spirito degli anni Novanta sta tornando. Non quelli del XX secolo, definiti da Joseph Stiglitz gli «anni ruggenti» della bolla finanziaria che ha portato all’esplosione dei mutui subprime negli Usa e del debito sovrano in Europa, bensì gli anni Novanta del secolo precedente, l’Ottocento.
E’ un ritorno al futuro. In una crisi che aumenta la disgregazione sociale e smentisce l’ipotesi di uno Stato sociale che accompagna le persone dalla culla alla bara, si torna a parlare di mutualismo. Nel XIX secolo questa pratica permise a operai, artigiani e contadini di creare le società del mutuo soccorso, le leghe di resistenza, le camere del lavoro per garantirsi l’istruzione, le tutele sociali, l’assistenza sanitaria e i fondi contro la disoccupazione. A quel tempo, in Italia c’erano 6700 mutue (800 mila soci effettivi). In Inghilterra c’erano oltre 24 mila società (oltre 4 milioni di soci), in Francia (6200 per 842 mila soci).
Nella grande tradizione teologica mediterranea del monoteismo che, con varie commistioni neo-platoniche, va da Filone d’Alessandria allo Pseudo-Dionigi, dagli gnostici al sufismo e all’illuminazionismo iranico, da Agostino e Tommaso a Meister Eckhart, abbondano i paradossi che vertono intorno a due punti chiave: la creazione che responsabilizza il creatore del male e dell’uso peccaminoso del libero arbitrio, il trovarsi Dio al di qua dell’essere e della forma, dunque in una luminosissima caligine che solo una totale e remissiva ignoranza può penetrare. Ne offrirà una buona sintesi, al di là dell’Atlantico, Philip K. Dick nella trilogia Valis. Per quanto prediligesse le anfetamine, l’autore finiva per suggerire l’incarnazione della compassionevole Sapienza nel fungo allucinogeno anokhi. Solo che non si trova soltanto nel deserto del Mar Morto, ma è diffuso – questo è il tratto geniale della conclusione – nei luoghi più impensati.
Posted: Giugno 29th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:au-delà, Révolution | Commenti disabilitati su Franz Fanon
Tre domande a Roberto Beneduce
Hai appena curato una sezione nell’ultimo numero di “aut aut” dedicata a Frantz Fanon: perché secondo te bisogna leggere Fanon oggi?
Fanon costituisce un territorio densissimo e inesausto di riflessioni e di spunti per pensare non pochi dei problemi contemporanei: la soggettività e il desiderio, le contraddizioni degli stati postcoloniali, le condizioni necessarie per la cura dei cittadini stranieri (immigrati, rifugiati, vittime di tortura ecc.). Egli ha saputo interrogare i nodi e le ombre del suo tempo assumendo la propria esperienza, il suo stesso corpo, per analizzare la formazione del soggetto nel contesto alienante della colonia, riuscendo a oltrepassare le amnesie che minacciavano anche la migliore filosofia (Sartre, Merleau-Ponty) e la migliore psicanalisi (Lacan).
David Graeber, La rivoluzione che viene. Come ripartire dopo la fine del capitalismo, San Cesario di Lecce, Manni, 2012, pp. 184, euro 10
Reduci da una stagione di depoliticizzazione lunga circa trent’anni – quelli che ci separano dalla sconfitta del movimento operaio e dalla rimozione del conflitto distributivo – e tuttora incapaci di comprendere se (e soprattutto come) ce la si possa lasciare alle spalle, possiamo leggere i saggi di David Graeber raccolti in questo volume come una risorsa di senso.