La potenza di astrazione e il suo antagonismo. Sulle psicopatologie del capitalismo cognitivo

Posted: Marzo 28th, 2013 | Author: | Filed under: au-delà, bio, epistemes & società, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 1 Comment »

di MATTEO PASQUINELLI

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La vita fende la materia, elabora e contrae la materia, dando vita alle virtualità contenute nel materiale in direzioni sconosciute. La vita emerge come divenire-concetto, divenire-pensiero o, nel caso della coscienza, come divenire-cervello. — Elisabeth Grosz[1]

Il dibattito filosofico-politico degli ultimi anni, almeno alle latitudini del pensiero francese e italiano, è stato caratterizzato da una oscillazione concettuale che ha focalizzato di volta in volta il lavoro immateriale o il lavoro affettivo, l’economia della conoscenza o l’economia del desiderio, il cognitivo o il biopolitico. Nessuna agenda di ricerca o politica è stata immune a questa oscillazione, talvolta recitando in modo polemico un polo contro l’altro. Dopo un periodo al lavoro sull’economia della conoscenza, per esempio, una maggiore attenzione veniva data al lavoro affettivo (tornando a riscoprire quello che il femminismo aveva già tentato di politicizzare negli anni ’70), mentre le biotecnologie occupavano il palco centrale del dibattito sulle nuove forme di potere. Spesso è capitato di sentire lamentele contro un paradigma cognitivo che si dimenticava della materialità biologica e genetica del corpo, della sua libido, dei suoi affetti, ecc. Da alcuni come Lazzarato la noopolitica fu allora proposta come estensione dello spazio del biopotere per arrivare a coprire anche le nuove forme dell’immaginario collettivo e delle tecnologie della conoscenza.[2] Ma solo recentemente si è cominciato propriamente a capire l’importanza delle neuroscienze nelle ricerche dell’operaismo e del post-strutturalismo.[3]

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Contract & Contagion

Posted: Marzo 25th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 6 Comments »

by Angela Mitropoulos

Contract & Contagion: From Biopolitics to Oikonomia
Angela Mitropoulos

contract

Contract and Contagion presents a theoretical approach for understanding the complex shifts of post-Fordism and neoliberalism by way of a critical reading of contracts, and through an exploration of the shifting politics of the household. It focuses on the salient question of capitalist futurity in order to highlight the simultaneously intimate, economic and political limits to venturing beyond its horizon.

In capitalist history, as well as in philosophy, finance, migration politics, and theories of globalisation, contagions simultaneously real, symbolic and imagined recur. Where political economy understood value in terms of labour, Contract and Contagion argues that the law of value is the law of the household (oikonomia).

In this book Angela Mitropoulos takes up current and historical theories of affect, intimacy, labour and speculation to elaborate a queer, anti-racist, feminist Marxism, which is to say: a Marxism preoccupied not with the seizure of opportunity to take power, form government, or represent an identity, but a Marxism which partakes of the uncertain movements that break the bonds of fate.

“In this stunning reworking of the philosophical fibres of economy, Angela Mitropoulos provides an expansive realignment of how risk is apportioned and contingency valorised. The result is a febrile politics of debt and credit to pre-occupy the movements in and for the future.” – Randy Martin, author of Empire of Indifference: American War and the Financial Logic of Risk Management

“Angela Mitropoulos’ work moves beyond the impasses of autonomist Marxism and queer theory to forge a critical analysis of the imbrications between economy, nation-state and family. Locating the dynamic of capital in the ‘double movement’ of contract and contagion, Mitropoulos radicalizes the Marxian critique of contract while refusing the foundational nostalgias of the left. Most forcefully, Mitropoulos proposes the prism of household politics (or oikonomia) as a means of interrogating the shifting nexus between the sexual and the economic across different regimes of accumulation. Baroque and incisive, this book will unsettle the most familiar of political categories.” – Melinda Cooper, author of Life as Surplus: Biotechnology and Capitalism in the Neoliberal Era

Bio: Angela Mitropoulos is a political theorist whose corpus spans the registers of radical movements and sustained philosophical enquiry. Her writing has appeared in numerous journals, including Social Text, South Atlantic Quarterly, Mute, Cultural Studies Review, Borderlands, and ephemera; and it has been widely translated, disseminated and taught in both academic and activist contexts.

[Contract & Contagion]


Nous disons révolution

Posted: Marzo 22nd, 2013 | Author: | Filed under: 99%, anthropos, au-delà, comune, donnewomenfemmes, postgender, Révolution | Commenti disabilitati su Nous disons révolution

di BEATRIZ PRECIADO

art3

Pare che i vecchi guru dell’Europa coloniale si stiano ostinando a voler spiegare agli attivisti dei movimenti Occupy, Indignados, handi-trans-froci-lesbiche-intersex e post-porn che non potremo fare la rivoluzione perché non abbiamo nessuna ideologia. Dicono «un’ideologia» esattamente come mia madre diceva «un marito». Bene: non abbiamo bisogno né di ideologie né di mariti. Noi, nuove femministe, non abbiamo bisogno di mariti perché non siamo donne. Così come non abbiamo bisogno d’ideologie perché non siamo un popolo. Né comunismo né liberalismo. Né ritornello catto-musulmano-ebraico. Parliamo un altro linguaggio. Loro dicono rappresentazione. Noi diciamo sperimentazione. Loro dicono identità. Noi diciamo moltitudine. Loro dicono controllare la banlieue. Noi diciamo meticciare la città. Loro dicono il debito. Noi diciamo cooperazione sessuale e interdipendenza somatica. Loro dicono capitale umano. Noi diciamo alleanza multi-specie. Loro dicono carne di cavallo. Noi diciamo saliamo in groppa ai cavalli per sfuggire insieme al macello globale. Loro dicono potere. Noi diciamo potenza. Loro dicono integrazione. Noi diciamo codice aperto. Loro dicono uomo-donna, Bianco-Nero, umano-animale, omossessuale-eterosessuale, Israele-Palestina. Noi diciamo ma lo sai che il tuo apparato di produzione della verità non funziona più. Quanti Galileo saranno necessari, questa volta, per farci reimparare a nominare le cose e noi stessi? Loro ci fanno la guerra economica a colpi di machete digitale neoliberale. Ma noi non piangeremo per la fine dello Stato-sociale – perché lo Stato-sociale era anche l’ospedale psichiatrico, il centro d’inserimento per handicappati, il carcere, la scuola patriarcale-coloniale-eterocentrata. È tempo di mettere Foucault alla dieta handi-queer e di scrivere la Morte della clinica. È tempo di invitare Marx a un atelier eco-sessuale. Non possiamo giocare lo Stato disciplinare contro il mercato neoliberale. Entrambi hanno già siglato un accordo: nella nuova Europa, il mercato è l’unica ragione di governo, lo Stato diventa un braccio punitivo la cui unica funzione è ormai di ricreare la finzione dell’identità nazionale sulla base della paura securitaria. Noi non vogliamo definirci né come lavoratori cognitivi né come consumatori farmaco-pornografici. Noi non siamo né Facebook, né Shell, né Nestlé, né Pfizer-Wyeth. Noi non vogliamo produrre francese, ma neanche europeo. Noi non vogliamo produrre. Noi siamo la rete viva decentralizzata. Noi rifiutiamo una cittadinanza definita dalla nostra forza di produzione, o dalla nostra forza di riproduzione. Noi vogliamo una cittadinanza totale definita dalla condivisione delle tecniche, dei fluidi, delle semenze, dell’acqua, dei saperi… Loro dicono la nuova guerra pulita verrà fatta con i droni. Noi vogliamo fare l’amore con i droni. La nostra insurrezione è la pace, l’affetto totale. Loro dicono crisi. Noi diciamo rivoluzione.

(Traduzione Judith Revel)

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Nous disons RÉVOLUTION

Il paraît que les gourous de la vieille Europe coloniale s’obstinent dernièrement à vouloir expliquer aux activistes des mouvements Occupy, Indignados, handi-trans-pédégouine-intersex et postporn que nous ne pourrons pas faire la révolution parce que nous n’avons pas une idéologie. Ils disent «une idéologie» comme ma mère disait «un mari». Et bien, nous n’avons besoin ni d’idéologie ni de mari. Les nouvelles féministes, nous n’avons pas besoin de mari parce que nous ne sommes pas des femmes. Comme nous n’avons pas besoin d’idéologie parce que nous ne sommes pas un peuple. Ni communisme ni libéralisme. Ni la rengaine catholico-musulmano-juive. Nous parlons un autre langage. Ils disent représentation. Nous disons expérimentation. Ils disent identité. Nous disons multitude. Ils disent maîtriser la banlieue. Nous disons métisser la ville. Ils disent dette. Nous disons coopération sexuelle et interdépendance somatique. Ils disent capital humain. Nous disons alliance multi-espèces. Ils disent viande de cheval dans nos assiettes. Nous disons montons sur les chevaux pour échapper ensemble à l’abattoir global. Ils disent pouvoir. Nous disons puissance. Ils disent intégration. Nous disons code ouvert. Ils disent homme-femme, Blanc-Noir, humain-animal, homosexuel-hétérosexuel, Israël-Palestine. Nous disons tu sais bien que ton appareil de production de vérité ne marche plus… Combien de Galilée nous faudra-t-il cette fois pour réapprendre à nommer les choses, nous-mêmes ? Ils nous font la guerre économique à coups de machette digitale néolibérale. Mais nous n’allons pas pleurer pour la fin de l’Etat-providence, parce que l’Etat-providence était aussi l’hôpital psychiatrique, le centre d’insertion de handicapés, la prison, l’école patriarcale-coloniale-hétérocentrée. Il est temps de mettre Foucault à la diète handi-queer et d’écrire la Mort de la clinique. Il est temps d’inviter Marx dans un atelier éco-sexuel. Nous n’allons pas jouer l’Etat disciplinaire contre le marché néolibéral. Ces deux-là ont déjà passé un accord : dans la nouvelle Europe, le marché est la seule raison gouvernementale, l’Etat devient un bras punitif dont la seule fonction sera de re-créer la fiction de l’identité nationale par l’effroi sécuritaire. Nous ne voulons nous définir ni comme des travailleurs cognitifs ni comme consommateurs pharmacopornographiques. Nous ne sommes pas Facebook, ni Shell, ni Nestlé, ni Pfizer-Wyeth. Nous ne voulons pas produire français, pas plus que produire européen. Nous ne voulons pas produire. Nous sommes le réseau vivant décentralisé. Nous refusons une citoyenneté définie par notre force de production ou notre force de reproduction. Nous voulons une citoyenneté totale définie par le partage des techniques, des fluides, des semences, de l’eau, des savoirs… Ils disent la nouvelle guerre propre se fera avec des drones. Nous voulons faire l’amour avec les drones. Notre insurrection est la paix, l’affect total. Ils disent crise. Nous disons révolution.

Libération, 20 mars 2013


“If I can’t dance, I don’t want to be part of your revolution”. One billion rising e la conflittualità femminista.

Posted: Marzo 15th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, donnewomenfemmes, Révolution | Commenti disabilitati su “If I can’t dance, I don’t want to be part of your revolution”. One billion rising e la conflittualità femminista.

di GIOVANNA ZAPPERI

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“Se non posso ballare, non voglio partecipare alla vostra rivoluzione”, così recita una famosa citazione attribuita ad Emma Goldmann, femminista anarchica di origine russa ma attiva soprattutto negli Stati Uniti a cavallo tra otto e novecento.
La frase rimanda ad un episodio dell’autobiografia, in cui un amico la avrebbe redarguita per il suo modo, giudicato spericolato ed eccessivo, di ballare alle feste, un comportamento poco consono, secondo lui, alla serietà della lotta politica. La risposta di Goldmann cristallizza il rifiuto femminista di identificare la lotta con l’abnegazione e il sacrificio di sé, nella convinzione che gli ideali anarco-femministi per cui ci si batteva all’inizio del novecento portassero necessariamente con sé l’euforia della liberazione: una giusta causa non poteva richiedere alle donne di diventare delle suore, né al movimento di trasformarsi in un convento. La citazione di Emma Goldmann – che è in realtà una rielaborazione di alcune sue dichiarazioni – condensa forse in modo paradigmatico il modo in cui alcune istanze del femminismo radicale dell’inizio del ventesimo secolo sono state appropriate dai femminismi degli anni ’70, arrivando fino a noi: la rivoluzione femminista come una rivoluzione che coinvolge i corpi e i desideri in una forma che invade ogni aspetto della vita nel rifiuto di ogni tentazione normalizzante, mortifera, o sacrificale.

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Per un governo decoloniale. Malcolm X e gli Indigènes de la république

Posted: Marzo 6th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, Révolution | Commenti disabilitati su Per un governo decoloniale. Malcolm X e gli Indigènes de la république

di MATTHIEU RENAULT

Su Bouteldja, H., Khiari, S. Nous sommes les Indigènes de la république. Paris : Amsterdam, 2012 ; Khiari, S. Malcolm X. Stratège de la dignité noire. Paris : Amsterdam, 2013.

vendetta

“I colonizzati dall’interno”: una questione di strategia

Quando qualche mese fa è stata annunciata l’imminente pubblicazione di un saggio su Malcolm X ad opera di Sadri Khiari (da ora in avanti MX) per le Éditions Amsterdam, ci è immediatamente sembrato opportuno mettere a confronto questo testo con le tesi e le posizioni espresse dal movimento, nato nel 2005 e trasformatosi in partito nel 2010, degli Indigènes de la république (PIR), di cui il nostro autore è uno dei membri fondatori, nonché una delle sue firme più importanti, e su cui, nell’autunno del 2012, era stata già pubblicata dalla stessa casa editrice una raccolta di articoli e di interventi, accompagnati da una lunga intervista, con il titolo Nous sommes les Indigènes de la république (da ora in poi abbreviato NSIR). La questione più importante da sollevare ci sembrava la seguente: in che misura e in quale maniera i movimenti radicali neri americani costituivano una fonte di ispirazione e di riflessione per il PIR? Porre tale questione, semplice e all’apparenza scontata, ci sembrava tuttavia essere un modo di dare un po’ di respiro al pesante dibattito che circondava gli Indigènes de la république liberando, anche solo momentaneamente, la questione della “Francia postcoloniale” dalla prospettiva e dal lessico attraverso cui è generalmente formulata e in parte rinchiusa.

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autonomia del politico

Posted: Febbraio 27th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, Marx oltre Marx, postoperaismo, Révolution | 21 Comments »

Una crisi italiana. Alla radice della teoria dell’autonomia del politico

di DARIO GENTILI

art10

La questione dell’“autonomia del politico” esplode in Italia nel corso degli anni Settanta e rientra nel dibattito se attribuire il primato o all’organizzazione o all’autonomia, e cioè o al luogo del conflitto (Tronti, Cacciari) o alla soggettività antagonista (Negri). Tuttavia, ciò che queste posizioni hanno in comune è il fatto di poter essere comprese all’interno di un dispositivo della crisi.
L’ARTICOLO IN PDF

1. Dentro e contro: Tronti

Per limitare la questione dell’“autonomia del politico” nella tradizione filosofico-politica italiana a tre autori (Mario Tronti, Antonio Negri e Massimo Cacciari) e a un arco di tempo determinato (gli anni Settanta), prendo lo spunto iniziale da Operai e capitale. Mi riferisco in particolare al punto in cui Tronti passa dall’analisi operaista del rapporto economico classe operaia-capitale alla proposta politica. Innanzitutto, egli prende criticamente le distanze – anzi rovescia – il paradigma gramsciano (fatto proprio a suo modo da Togliatti) per la conquista dell’egemonia politica da parte della classe operaia: il passaggio politico da compiere non è tanto quello dalla classe operaia al popolo, ma, viceversa, dal popolo alla classe operaia. Lo scopo è quello di definire l’organizzazione politica operaia, il partito di parte operaia. Tronti scrive:

“Come far funzionare il popolo dentro la classe operaia è problema tuttora reale della rivoluzione in Italia. Non certo per conquistare la maggioranza democratica nel parlamento borghese, ma per costruire un blocco politico di forze sociali, da usare come leva materiale per far saltare una per una e poi tutte insieme le connessioni interne del potere politico avversario […]. Così, su questa base, dai compiti del partito rimane escluso proprio quello che sembra averlo finora caratterizzato: il compito di mediare i rapporti tra classi affini, e cioè tra ceti diversi, con tutte le loro ideologie, in un sistema di alleanze.”[1]

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Deleuze

Posted: Febbraio 22nd, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, au-delà, epistemes & società, post-filosofia, Révolution | Commenti disabilitati su Deleuze

di Fabrizio Denunzio

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Nuova edizione di un saggio germinale di Gilles Deleuze dedicato al filosofo David Hume. Una teoria del rapporto tra stato e società postrivoluzionarie alimentata dal ruolo che alcuni sentimenti hanno nel costruire un nuovo ordine

Leggendo con attenzione Empirismo e soggettività. Saggio sulla natura umana secondo Hume di Gilles Deleuze (nuova edizione a cura di A. Vinale, Cronopio, pp. 174, euro 16), si rimane sorprendentemente impressionati dalla volontà dell’autore di confrontarsi con il mondo delle scienze sociali. La sorpresa dipende in massima parte dalla formazione culturale di Deleuze e dal momento storico in cui compare il suo libro.

Come ricorda il curatore, a cui dobbiamo una nuova traduzione che ha il merito di emendare quella precedente di Marta Cavazza e di rendere quanto mai lucido il complesso dettato originale deleuziano, il lavoro su Hume inizia nel 1947 in occasione del conseguimento del diploma nazionale per l’insegnamento scolastico della filosofia e viene pubblicato nel 1953.

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Toni Negri: inventer le commun

Posted: Febbraio 13th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, crisi sistemica, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Toni Negri: inventer le commun


URBAN 5

Posted: Febbraio 10th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, arts, au-delà, comune, epistemes & società, Révolution, situationism | Commenti disabilitati su URBAN 5

Urban 5

MILLEPIANI/URBAN 5
CARTOGRAFIE DEL DESIDERIO
Per la creazione di una nuova polis

Testi di: Tiziana Villani, Thierry Paquot, Giairo Daghini, Anselm Jappe, Lucien Kroll, Ubaldo Fadini, Paul D. Miller, VOINA, Camilla Pin, Enzo Scandurra, Claudia Mattogno, Giovanni Attili, Carlo Cellamare

Testi di: Tiziana Villani, Thierry Paquot, Giairo Daghini, Anselm Jappe, Lucien Kroll, Ubaldo Fadini, Paul D. Miller, VOINA, Camilla Pin, Enzo Scandurra, Claudia Mattogno, Giovanni Attili, Carlo Cellamare

In che modo è possibile ripensare i modi dell’abitare contemporaneo?
La prima considerazione che intendiamo proporre in questo volume riguarda l’esistente, ciò che conosciamo e che attraversiamo tutti i giorni, il consueto che distrattamente ci accompagna nei diversi momenti in cui si declinano le nostre esistenze.
Lo spazio dell’urbano contemporaneo disegna in modo decisivo la trasformazione dei processi sociali in corso, e per quanto le sue forme possano apparire differenziate, tutte testimoniano una sorta di onda d’urto che si frantuma in direzioni diverse senza potersi poi ricomporre.
I rapporti di lavoro, di vicinanza, di periferizzazione, di riorientamento verde di alcuni spazi, appaiono molto fragili se confrontati con i processi speculativi e di cementificazione.
È possibile immaginare delle nuove agora nel tempo della “gentrificazione” e della marginalizzazione degli spazi urbani?
Lo spazio della condivisione in cui il potere viene sospeso è uno spazio materiale, oltre che simbolico, che nell’oggi deve farsi carico della transitorietà che caratterizza l’abitare umano. Strumento dunque tanto più necessario perché dovrà assumere caratteri rizomatici e indispensabili al fine di restituire luoghi e pensieri alla creazione di nuove situazioni e di nuove istituzioni che ripensino i lavori, i saperi, la cura, le relazioni, le forme della comunicazione.
Gli interventi qui raccolti non si limitano a descrivere, ma si spingono ad interpretare queste domande urgenti spesso partendo da esperienze o territori profondamente diversi.
Il problema del “naturale”, del “verde”, della resilienza, della sostenibilità è assunto in questo numero, nella domanda di nuova articolazione tra il biologico e il tecnologicamente avanzato, che solo nel reciproco intrecciarsi potranno indicare condizioni più soddisfacenti di esistenza. Questi spazi sono “porosi”, ossia territori di interscambio e contaminazione continua, ma non per questo si tratta di spazi dell’abbandono e del degrado; occorre modificare lo sguardo e l’approccio considerando le potenzialità che ogni luogo offre. L’abitare, i movimenti di territorializzazione e di deterritorializzazione chiamano in causa quella specifica attenzione che Gilles Deleuze e Félix Guattari sottolineavano quando affermavano che la prima delle arti è l’architettura, poiché l’uomo nasce con essa, considerazione da coniugare con le Immagini di città di Walter Benjamin, in cui è quasi una compromissione corporea quella che coinvolge il viaggiatore con le città che attraversa. Inoltre, impossibile in proposito non tener presente la lucida analisi di Jean-Pierre Vernant, che intende ripensare l’istituzione delle agora, luogo essenziale della polis: “Lo spazio urbano non gravita più intorno a una cittadella reale che lo domina, ma è incentrato sull’agora che, più che il mercato dove si scambiano i prodotti, è il luogo per eccellenza in cui si discute liberamente tra uguali. Il miracolo greco (che tale non è) è questo: un gruppo umano si propone di spersonalizzare il potere sovrano, di metterlo in una situazione tale che nessuno possa più esercitarlo da solo, a modo suo. E affinché sia impossibile appropriarsene, lo si ‘deposita al centro’ […] Depositare il kratos, il potere di dominio, in questo luogo pensato come centrale, equidistante da ogni membro della città, non significa soltanto spersonalizzarlo, ma anche neutralizzarlo…”. (J.P. Vernant, Senza frontiere. Memoria, mito e politica, Milano, R. Cortina, 2005, p. 128).
Agora di transito dunque, luoghi per una discussione tra eguali, capaci di mettere insieme creazione e saperi, atti alla soddisfazione della prima tra le dimensioni “in comune”: quella dell’abitare.

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Chokri Belaid

Posted: Febbraio 8th, 2013 | Author: | Filed under: Global, Révolution | Commenti disabilitati su Chokri Belaid

À la mémoire de Chokri Belaïd

L’avocat Chokri Belaïd, figure de l’opposition tunisienne et leader du Parti Démocratique Patriotique (Watad), a été victime d’un attentat, mercredi 6 février 2013. Alors qu’il sortait de son domicile, le secrétaire général du Parti des patriotes démocrates unifié, allié au Front populaire, a été visé par des tirs. Ce crime touche au centre de gravité de la vie politique dans la Tunisie postrévolutionnaire puisqu’il met sous le microscope de l’analyse l’apparition de la violence politique sur la scène publique. Le concept recouvre de nombreuses activités comme les tentatives isolées d’assassinats, la guérilla locale ou à petite échelle, la rébellion armée, le terrorisme politique et l’état de terreur.

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