Posted: Novembre 13th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | Commenti disabilitati su Controcanto
di Antonio Negri
Inutile insistere sulla ricchezza e l’efficacia della ricerca di Gerald Raunig. È, il suo, un passaggio che, assumendo l’orizzonte determinato dalla sussunzione reale della società nel capitale, l’assorbimento totalitario del valore d’uso nel valore di scambio, ci sospinge tuttavia oltre le tristi passioni della scuola di Francoforte, ci libera dalle letture di un “postmodernismo debole” ed irride a ogni figura lineare della sussunzione, foss’anche armata dall’ironia situazionista. La scrittura di Raunig si muove su quel terreno che si stende dai Mille plateaux di Deleuze-Guattari fino alle costituzioni del postoperaismo ed ivi produce modulazioni ricche ed articolate della critica del potere e inaugura nuove linee di fuga, diserzioni, dialettiche di nuovi mondi, riterritorializzazioni creative… È un controcanto questo a tutti quegli sviluppi del pensiero postmoderno (ed anche postoperaista) che coagulano linee di critica (altrimenti aperte) ed inclinano in maniera teoreticistica e rigida momenti di resistenza (altrimenti vivaci). È dunque un controcanto essenziale che ci rimette tutti con i piedi per terra.
Ma forse abbiamo bisogno anche di un controcanto “al quadrato”. Vale a dire che qui si riaprono problemi, e dalle conclusioni di Raunig consegue il bisogno di elaborare altre ipotesi pratiche, politiche, costruttive. È come una seconda volta: il libro di Raunig ci ha mostrato un “altro” mondo; al punto sul quale lui è arrivato, c’è dunque una nuova narrazione che va iniziata (per stare alla metafora kafkiana: una “nuova” Giuseppina che canta a un popolo di topi “riformato”). Già Leopardi, nella sua splendida Batrachomiomachia, aveva visto spostarsi e duplicarsi il mondo dei topi, pur dentro passioni eroiche e movimenti individuali. Qui invece, per Raunig, i movimenti sono molteplici, sono quelli della moltitudine e delle libere singolarità che la compongono. Dunque, qual è il problema, qui ricreato, al quale, per la seconda volta, un controcanto può corrispondere? È quello, dicevano Deleuze e Guattari, del superamento del ritornello, dell’alternativa del lisciare e dello scalfire lo spazio, del territorializzare e del deterritorializzare. Raunig – con Giuseppina – ci hanno ormai definitivamente portato sul terreno politico: hic Rodhus, hic salta. […]
Porto qui testimonianza di lunghe discussioni con Félix Guattari proprio a questo proposito: quale punto “macchinico” di interferenza produttiva, quale “nuovo” agencement può darsi, tale da costituire una funzione espressiva locale, una volta che ci si trovi di fronte a un campo di immanenza, moltiplicatore di segmenti e proliferante velocità intrattenibili? Era il periodo in cui i nostri due maestri stavano concludendo il lavoro su Kafka e la risposta, già data in quel saggio, era che quella macchina poteva essere localizzata solo dalla consistenza/coesistenza di quantità intensive. Il che – tradotto per quell’analfabeta che ero – significava afferrare, in quel campo d’immanenza che le lotte di classe formavano, le quantità intensive della tendenza materiale alla crisi del sistema capitalista. E, inoltre, quelle che costituivano il dispositivo del rifiuto operaio dello sfruttamento, delle energie rivoluzionarie (minoritarie, certo, ma si sa che ciò che è minoritario supplisce al numero con l’intensità) allora agenti e del desiderio comunista – più intenso, più alto, ma consistente sul luogo di crisi e di lotta. Un sorvolo potente che crea un “luogo”.
E un quindicennio più tardi, rispondendo a una mia domanda sulla specificità della lotta comunista di classe, Deleuze rispondeva che il sistema di linee di fuga che definisce il capitalismo, può essere afferrato e combattuto solo inventando e costruendo una “macchina da guerra”. Cioè determinando in tal modo uno spazio-tempo, un potere costituente e una capacità di resistenza, localizzate e creative di un “popolo a-venire”. Ancora un “luogo”, dunque, non statico ma creativo – come appunto questo “controcanto al quadrato” esige. Le azioni di Occupy e le acampadas degli indignados ci impegnano a lavorare sulla definizione di questa verticalità, di questa intensità, di questo luogo. Non è più una questione solo temporale. Benjamin ricorda che durante le rivolte del XIX secolo, gli operai ribelli sparavano sugli orologi delle piazze, denunciando nella misura temporale, la misura dello sfruttamento.
Oggi i lavoratori precari, ribellandosi, devono sparare sui calendari – che non danno la continuità ma la separazione dei tempi, una successione distinta di tempi diversi della valorizzazione – poiché il loro sfruttamento, la loro alienazione, sono soprattutto misurati dalla mobilità spaziale, dalla separazione dei luoghi di impiego, dalla contiguità locale della cooperazione e dalla diversità degli spazi che devono percorrere. Come i migranti, così i precari, cooperanti in rete, sempre alla ricerca di un luogo dove restare. Senza questo luogo sembra impossibile ribellarsi. È così, o è già segno di una nostra frustrazione, l’affermarlo? Comunque, è il problema stesso che ci riporta alla scoperta di un luogo, come Occupy ci ha portato a Zuccotti park, alla piazza della libertà. I movimenti vanno dunque riformati ritrovandoli in uno spazio – una verticalità li attraversa, localizzandoli e innalzandoli, con estrema intensità locale. […] Abbiamo camminato molto a lungo vivendo formidabili avventure: abbiamo bisogno di fermarci per un momento, su un luogo, perché solo su un luogo è possibile rinnovare continuamente il canto di Giuseppina.
[–>]
Posted: Novembre 12th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, crisi sistemica, vita quotidiana | 6 Comments »
By Naomi Klein, The Nation
12 November 12
Yes that’s right: this catastrophe very likely created by climate change-a crisis born of the colossal regulatory failure to prevent corporations from treating the atmosphere as their open sewer-is just one more opportunity for more deregulation.
he following article first appeared in the Nation. For more great content from the Nation, sign up for their email newsletters here.
Less than three days after Sandy made landfall on the East Coast of the United States, Iain Murray of the Competitive Enterprise Institute blamed New Yorkers’ resistance to big-box stores for the misery they were about to endure. Writing on Forbes.com, he explained that the city’s refusal to embrace Walmart will likely make the recovery much harder: “Mom-and-pop stores simply can’t do what big stores can in these circumstances,” he wrote.
[–>]
Posted: Ottobre 28th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 8 Comments »
di MARCO SILVESTRI
Tempo di crisi. Crisi economica, crisi dello stato, crisi della proprietà.
Lo spiegarsi del capitale di bolla in bolla (il capitale procede attraverso rotture o meglio mediante delle distruzioni creative che si concludono con le crisi Negri-Hardt, Comune, 148) ha dilatato i confini, reso inermi i governi (meglio, violenti esecutori di ordini nella ricerca di un introvabile ordine) sottoposti a commissari e troike.
La finanziarizzazione ha reso evidente anche la crisi dello statuto della proprietà (ed è evidente che parlare di “proprietà” al plurale non risolve il problema).
L’incertezza di trovare un proprietario nell’intricato reticolo di cartolarizzazioni dei mutui sub prime, la pretesa di ravvisare una lesione del diritto di proprietà nel rifiuto degli stati di onorare il debito pubblico, elidono alla radice il fondamento del sacro ed inviolabile privilegio.
[–>]
Posted: Ottobre 27th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su La costituzione del comune
di ANTONIO NEGRI
Un intervento al seminario Uninomade a Roma 26/10/2012
Organizzerò il mio intervento su tre punti fondamentali. Cercherò innanzitutto di definire la convenzione finanziaria che oggi ci domina e come essa abbia modificato il rapporto tra privato e pubblico. In secondo luogo cercherò di analizzare come il privato e il pubblico siano stati fissati nella costituzione del 1948, ma soprattutto come essi si presentino nel farsi della costituzione europea. Infine, cercherò di capire come, in nome del comune, possa essere rotta la convenzione costituzionale che ci lega, opponendo dispositivi antagonisti all’esercizio del potere finanziario, costruendo una “moneta del comune” – insomma, che cosa significa, dentro/contro l’attuale convenzione finanziaria europea, procedere nella costruzione del comune?
[–>]
Posted: Ottobre 25th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su moltitudine vs governance
Nuovi movimenti sociali e teorie critiche del costituzionalismo
post-novecentesco oltre la New European Governance 1
di Giuseppe Allegri
(pubblicato in M. Blecher et alii (a cura di), Governance, società civile e movimenti
sociali. Rivendicare il comune, EdS, Roma, 2009, pp. 223-253)
«La pratica è un insieme di elementi di passaggio da un
punto teorico ad un altro, e la teoria è il passaggio da una
pratica ad un’altra. Nessuna teoria può svilupparsi senza
incontrare una specie di muro ed è necessaria la pratica per
sfondarlo. […] Non c’è più rappresentazione, non c’è che
l’azione: l’azione della teoria e quella della pratica in
rapporti di collegamento o di scambio»
Gilles Deleuze in conversazione con Michel Foucault,
Gli intellettuali e il potere, 1972
Premessa
La scommessa di queste note è quella di leggere in modo inedito le possibili
combinazioni tra le pratiche di governance e le azioni dei nuovi movimenti sociali
(NSMs): si propone un punto di vista eccentrico rispetto ai processi di good o new
governance europea, ma anche in confronto all’agire dei movimenti sociali dell’era
globale. Ri-pensare questo improbabile incrocio tra attivismo dei NSMs e nuovi
strumenti di governance (“New Modes of Governance” – NMG) nel laboratorio
comunitario europeo, tra resistenze del sovranismo intergovernativo, trasformazione del
metodo di governo comunitario ed embrionale emergenza di una opinione pubblica
europea non addomesticata e aldilà di una società civile istituzionalizzata.
[–>]
Posted: Ottobre 15th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, crisi sistemica, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 56 Comments »
To Have Done with the Dispositif of God!
On the Archeology of Norm in Canguilhem, Foucault and Agamben
by Matteo Pasquinelli
“The habitus is the logical place in which something
like a theory of subjectivity could have been born”
— Agamben, Opus Dei, 2012.
“The abnormal, while logically second, is existentially first”
— Canguilhem, The Normal and the Pathological, 1966.
1. The dis-positive religion of Agamben
In his essay What is an apparatus? Agamben (2006) relates the genealogy of the Foucauldian
idea of dispositif 1 to the notion of positivity of the Christian religion as found in Hegel and
commented by Hyppolite (1948) in Introduction to Hegel’s philosophy of history (a text that
Foucault is said to know for sure because of his proximity with Hyppolite). Agamben then
proposes to take the forms in which Christianity is propagated and ‘governed’ as the
model for the whole immanence of the Foucauldian dispositif. According to Agamben, in
The Archeology of Knowledge Foucault (1969) employs very often the term ‘positivity’ with
this meaning, only to have it replaced with the term dispositif in the researches on power of
the ‘70s. As a proof of this evolution, Agamben provides a passage by Hegel commented
by Hyppolite that Foucault could not have forgot.
[–>]
Posted: Settembre 30th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su conflitti
Se anche i “signori” rovistano nei cassonetti
di Marco Bascetta
Il saggio di Marco Bascetta che qui pubblichiamo è contenuto nel secondo numero della rivista “Outlet- per una critica dell’ideologia italiana”, in edicola dal 28 settembre con gli Altri…
Nel dibattito pubblico italiano il tema della violenza, quella politica o politicamente motivata, è andato incontro a un singolare destino: tanto più se ne evocava l’incombenza quanto meno trovava riscontro nella realtà dei fatti. Non vi è episodio, per quanto banale e insignificante, dalla scritta murale al lancio di uova e ortaggi, che i media e le forze politiche tutte non dichiarassero messaggero di un imminente ritorno del terrorismo, la bestia nera degli anni Settanta. L’assenza di una inclinazione significativamente violenta del conflitto sociale creava, per così dire, una sorta di disorientamento, di vuoto nel rapporto di potere tra governanti e governati, che i primi si sarebbero ingegnati a colmare con un notevole sforzo di fantasia, talvolta assecondato dal narcisismo di parte dei movimenti.
[–>]
Posted: Settembre 29th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su Madrid 25S — La democrazia si apre il passo
di MADRILONIA.ORG
Ci hanno chiamati golpisti. Hanno detto che dietro questa manifestazione si nascondeva l’estrema destra. I mezzi di comunicazione hanno mentito per giorni e giorni. Hanno minacciato di mandarci in galera, hanno dispiegato oltre 1400 agenti di polizia, hanno identificato e denunciato molte persone solo perché esse si erano riunite in un parco pubblico a discutere sulla convocazione di questa manifestazione. Hanno provato a riempirci di paura, come mai era successo prima d’ora. Il risultato è che, nelle strade, eravamo in decine di migliaia, pronti a disobbedire allo stato di eccezione imposto dal governo. Ora tutti i media del pianeta stanno parlando di quanto successo a Madrid il 25S. E sappiamo bene che è solo l’inizio.
[…]
Posted: Settembre 22nd, 2012 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, BCE, crisi sistemica, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su David Graber
La democrazia viene da Occupy
intervista di François Peverali
Le politiche dell’austerità servono a consolidare il potere costituito senza tuttavia risolvere la crisi del capitalismo. Un’intervista con l’antropologo statunitense autore di un saggio sul «Debito»
L’antropologo David Graeber ricorda con piacere il suo viaggio in Germania, per presentare l’edizione tedesca del suo libro sul Debito (tradotto in Italia dal Saggiatore con il titolo Debito. I primi 5000 anni, pp. 581, euro 23. Il volume è stato analizzato nel numero del settimale «Alias» allegato al «manifesto» del 31 marzo 2012): un’analisi critica del nesso di sudditanza tra debitori e creditori attraverso 5.000 anni di storia, e dei punti di rottura della sottomissione quando i debiti diventano insostenibili. In Germania, il libro ha trovato recensioni entusiaste perfino in un giornale conservatore come la Frankfurter Allgemeine Zeitung, e resta ai primi posti nelle classiche dele vendite come i bestseller. Forse proprio perché la Germania è il paese che più ha ideologizzato, in chiave rigorista, la sacralità dei vincoli del debito, c’è tanto interesse per chi mette in dubbio questa costruzione.
[–>]
SCAFFALI
L’anarchia di un antropologo
David Graeber è un docente di antropologia al Goldsmith College di Londa, che lo ha accolto dopo che la prestigiosa Yale non gli ha rinnovato il contratto nel 2005. Un mancato rinnovo che, il diretto interessato, ha imputato per le sue dichiarazioni sulla militanza anarchica e per la critica al capitalismo statunitense da lui svolta all’interno del suo settore disciplinare, l’antropologia. Autore di «Direct Action and Radical Social Theory», ha partecipato alle iniziative del movimento no-global. Recentemente è stato indicato come uno dei teorici più influenti nell’esperienza Occupy Wall Street. In Italia sono stati pubblicati, oltre a «Debito. I primi 500 anni» (Il saggiatore), «La rivoluzione che viene. Come ripartire dopo la fine del capitalismo» (Manni editore), «Critica della democrazia occidentale. Nuovi movimenti, crisi dello stato, democrazia diretta» (Eleuthera) e «Frammenti di antropologia anarchica» (Eleuthera). Il suo anarchismo non gli ha impedito di vedere nell’opera di Karl Marx uno degli strumenti più importanti per individuare «vie di fuga» dal capitalismo.
Posted: Settembre 21st, 2012 | Author: agaragar | Filed under: crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su Quale democrazia?
di Etienne Balibar
Jürgen Habermas ha parlato alto e chiaro sulla situazione europea e le decisioni che essa esige nell’articolo scritto assieme all’economista Peter Bofinger – membro del Consiglio tedesco dei saggi – e all’ex ministro bavarese Julian Nida-Ruemielin, uscito sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung il 3 agosto scorso (in italiano su Repubblica del 4 agosto) con il titolo «Rifiutiamo una democrazia di facciata», nel quale prende di mira le allusioni di alcuni membri del governo sulla elezione a suffragio universale di un presidente dell’Europa per legittimare il patto di bilancio europeo.
[–>]