Posted: Febbraio 2nd, 2014 | Author: agaragar | Filed under: 99%, anthropos, au-delà, bio, comune, comunismo, crisi sistemica, critica dell'economia politica, epistemes & società, Foucault, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Il lavoro dell’astrazione. Sette tesi provvisorie su marxismo e accelerazionismo
di Matteo Pasquinelli
1. Il capitalismo è un oggetto di elevata astrazione, il comune è una forza di ancor più grande astrazione.
La nozione di lavoro astratto di Marx identificò per la prima volta il motore centrale del capitalismo, ovvero la trasformazione del lavoro in equivalente generale. In seguito, Sonh-Rethel (1970) individuò la stretta relazione che passa storicamente tra astrazione del linguaggio, astrazione della merce e astrazione del denaro. Nella cosiddetta ‘introduzione’ ai Grundrisse (scritta nel 1857) Marx chiarisce l’astrazione come metodologia di analisi che emergerà solo dieci anni più tardi nella pagine del Capitale (1867). Come ricordano in molti (Ilyenkov 1960), in Marx il concreto è un risultato, è un prodotto del processo di astrazione: la realtà capitalistica, così come quella rivoluzionaria, è una invenzione. “Il concreto è concreto perché è sintesi di molte determinazioni, quindi unità del molteplice. Per questo nel pensiero esso si presenta come processo di sintesi, come risultato e non come punto di partenza, sebbene esso sia il punto di partenza effettivo e perciò anche il punto di partenza dell’intuizione e della rappresentazione” (Marx 1857: 101). L’astrazione è sia la tendenza del capitale, sia il metodo del Marxismo. L’operaismo viene quindi a strappare l’astrazione dal doppiopetto del capitale per ricucirla addosso alla tuta del proletario: astrazione è sia il movimento del capitale, sia il movimento della resistenza ad esso.
Negri (1979: 66) muove l’astrazione al centro del metodo della tendenza antagonista come processo di conoscenza collettiva: “il processo dell’astrazione determinata è tutto dentro l’illuminazione collettiva, proletaria, è quindi un elemento di critica e una forma di lotta”. In qualche modo, l’idea del comune nasce come progetto epistemico.
Marx, Karl (1857). Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie. Moscow: Verlag für fremdsprachige Literatur, 1939. Traduzione: Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica. Torino: Einaudi, 1976.
Ilyenkov, E. Vassilievich (1960). La dialettica dell’astratto e del concreto nel Capitale di Marx. Milano : Feltrinelli, 1961.
Sohn-Rethel, Alfred (1970). Geistige und körperliche Arbeit. Frankfurt (Main): Suhrkamp. Traduzione: Lavoro intellettuale e lavoro manuale. Milano, Feltrinelli, 1977.
Negri, Antonio (1979). Marx oltre Marx: Quaderno di lavoro sui Grundrisse. Milano: Feltrinelli.
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Posted: Gennaio 14th, 2014 | Author: agaragar | Filed under: comunismo, critica dell'economia politica, epistemes & società, Marx oltre Marx, Révolution | Commenti disabilitati su Il deficit originario di Marx
di ROBERTO FINELLI
Pubblichiamo l’editoriale di Roberto Finelli al n. 5 della rivista di filosofia on line Consecutio Temporum , dal titolo Karl Marx e il suo deficit originario.
1. Ciò che di Marx oggi non è più possibile accettare non è certamente la critica dell’economia – che invece trova sempre più conferme – quanto l’antropologia e la filosofia della storia che ne consegue. In buona parte dell’opera di Marx c’è infatti un deficit profondissimo di analisi e comprensione della soggettività, che ha avuto conseguenze assai negative nelle storie dei movimenti operai e delle emancipazioni sociali che si sono richiamate al marxismo.
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Posted: Gennaio 12th, 2014 | Author: agaragar | Filed under: comunismo, epistemes & società, Marx oltre Marx, Révolution | Commenti disabilitati su Il “doppio Marx”
di Robert Kurz
Quando si commemorano delle nascite, delle morti od altri anniversari che risalgono a più di un secolo prima, l’oggetto del ricordo è, le più volte, già diventato un pezzo da museo collocato fra i reperti di un passato morto e che non solleva più la minima emozione. Pagine culturali dei quotidiani, dignitari della cultura ed amministratori della storia possono celebrare il loro “avvenimento” appoggiandosi piacevolmente sulle teche dentro le quali dormono i documenti cui riferirsi, documenti che una volta galvanizzavano le folle.
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Posted: Gennaio 1st, 2014 | Author: agaragar | Filed under: 99%, BCE, bio, comune, comunismo, crisi sistemica, epistemes & società, Marx oltre Marx, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Rompere l’incanto neoliberale: Europa, terreno di lotta
di SANDRO MEZZADRA e TONI NEGRI.
Chi come noi non ha interessi elettorali è nella migliore posizione per riconoscere la grande importanza che avranno, nel 2014, le elezioni per il parlamento europeo. E’ facile prevedere, nella maggior parte dei Paesi interessati, un elevato astensionismo e una significativa affermazione di forze “euroscettiche”, unite dalla retorica del ritorno alla “sovranità nazionale”, dall’ostilità all’euro e ai “tecnocrati di Bruxelles”. Non sono buone cose, per noi. Siamo da tempo convinti che l’Europa ci sia, che tanto sotto il profilo normativo quanto sotto quello dell’azione governamentale e capitalistica l’integrazione abbia ormai varcato la soglia dell’irreversibilità. Nella crisi, un generale riallineamento dei poteri – attorno alla centralità della BCE e a quel che viene definito “federalismo esecutivo” – ha certo modificato la direzione del processo di integrazione, ma non ne ha posto in discussione la continuità. La stessa moneta unica appare oggi consolidata dalla prospettiva dell’Unione bancaria: contestare la violenza con cui essa esprime il comando capitalistico è necessario, immaginare un ritorno alle monete nazionali significa non capire qual è oggi il terreno su cui si gioca lo scontro di classe. Certo, l’Europa oggi è un’“Europa tedesca”, la sua geografia economica e politica si va riorganizzando attorno a precisi rapporti di forza e di dipendenza che si riflettono anche a livello monetario. Ma solo l’incanto neoliberale induce a scambiare l’irreversibilità del processo di integrazione con l’impossibilità di modificarne i contenuti e le direzioni, di far agire dentro lo spazio europeo la forza e la ricchezza di una nuova ipotesi costituente. Rompere questo incanto, che in Italia è come moltiplicato dalla vera e propria dittatura costituzionale sotto cui stiamo vivendo, significa oggi riscoprire lo spazio europeo come spazio di lotta, di sperimentazione e di invenzione politica. Come terreno sul quale la nuova composizione sociale dei lavoratori e dei poveri aprirà, eventualmente, una prospettiva di organizzazione politica. Certo, lottando sul terreno europeo, essa avrà la possibilità di colpire direttamente la nuova accumulazione capitalistica. E’ ormai solo sul terreno europeo che possono porsi la questione del salario come quella del reddito, la definizione dei diritti come quella delle dimensioni del welfare, il tema delle trasformazioni costituzionali interne ai singoli paesi come la questione costituente europea. Oggi, fuori da questo terreno, non si dà realismo politico.
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Posted: Dicembre 28th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: bio, comune, comunismo, critica dell'economia politica, epistemes & società, philosophia, postoperaismo | Commenti disabilitati su Derive post-operaiste e cattura cognitiva
di Carlo Formenti
Analizzando la svolta liberista delle socialdemocrazie europee, Luciano Gallino1 parla di “cattura cognitiva”, riferendosi alla doppia capitolazione delle organizzazioni tradizionali del movimento operaio di fronte alla controrivoluzione neoliberista: mancata opposizione agli attacchi del nemico di classe e sostanziale accettazione dei suoi paradigmi teorici (Gramsci avrebbe parlato di egemonia e di rivoluzione passiva). In un testo recente2, ho tentato di dimostrare come il processo di cattura cognitiva sia andato ben oltre i confini della socialdemocrazia, coinvolgendo anche la cultura dei movimenti e delle sinistre radicali. La breccia che ha consentito lo “sfondamento” del fronte ideologico anticapitalista è stata la rinuncia a descrivere il conflitto sociale in termini di lotta di classe. Nel testo citato nella nota precedente, ho messo al centro della mia analisi critica: 1) i “nuovi movimenti” che, dall’inizio degli anni Ottanta, hanno progressivamente spostato l’asse dei conflitti sociali verso le contraddizioni di genere, le tematiche ambientali e la lotta per l’estensione dei diritti individuali nel quadro della “democrazia reale” (con estrema approssimazione, si potrebbe parlare di uno slittamento dalla lotta per l‘uguaglianza socioeconomica alla lotta per il riconoscimento delle differenze culturali); 2) la lunga deriva del pensiero post-operaista, a sua volta in progressivo allontanamento dal concetto di classe. In questa sede mi occuperò esclusivamente di questo secondo bersaglio polemico, concentrando l’attenzione su un testo di Maurizio Lazzarato (3) che ho potuto leggere solo successivamente alla pubblicazione del mio ultimo libro.
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Posted: Dicembre 19th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, comunismo, critica dell'economia politica, epistemes & società, Marx oltre Marx, Révolution, vita quotidiana | 8 Comments »
Intervista a STEPHEN SHAPIRO – di EMANUELE LEONARDI
Attualmente stai lavorando – da una prospettiva marxiana – su nozioni quali forza lavoro fissa e materialismo culturale. Potresti spiegare quali sono i caratteri centrali di questi concetti? Come si connettono con il sistema educativo e con il ruolo sempre più cruciale giocato dalla conoscenza nel contesto dei processi di produzione contemporanei?
Il materialismo culturale è lo studio della relazione tra esperienza sociale, in quanto storicamente messa in forma dall’organizzazione della produzione, ed espressione culturale, sia essa testuale, visuale, sonora o comportamentale. Il materialismo culturale, profondamente legato alla figura di Raymond Williams (1921-1988), si propone in generale di andare oltre le inutili rigidità della dicotomia tra struttura e sovrastruttura o della teoria del riflesso culturale, avversata pure da Engels.
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Posted: Dicembre 6th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, comune, comunismo, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, post-filosofia, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Conversazione con Antonio Negri
A mo’ di introduzione alla nuova edizione di “Fabbriche del soggetto”
di MIMMO SERSANTE
Mimmo Sersante – Il libro raccoglie testi scritti tra il 1981 e il 1986, gli anni forse più duri della tua vita di militante comunista ma anche più produttivi dal punto di vista della ricerca filosofica. Mi riferisco all’incontro con Spinoza e la filosofia poststrutturalista francese. Sono anche gli anni della rivoluzione neoliberista e della crisi irreversibile delle politiche keynesiane in tutto l’occidente capitalistico. L’Italia non fa eccezione. Da noi anzi la sconfitta fu più lacerante se pensiamo all’ottimismo alimentato per vent’anni dalle lotte autonome degli operai e degli studenti. Ci sono pagine in questo libro di esplicita autocritica sui limiti della ricerca, tua e di molti tuoi compagni, condotta durante gli anni Settanta sul tema del soggetto.
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Posted: Novembre 7th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, Black Power, comunismo, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su Assata Shakur
La militante noire américaine Assata Shakur est mal connue, voire inconnue en France. Dans une interview accordée en 1997 à Christian Parenti, un journaliste et sociologue états-unien, et publiée en mars 1998 dans Z Magazine sous le titre « Assata Shakur speaks from exile. Post-modern maroon in the ultimate palenque », elle revient sur sa trajectoire politique, sur l’expérience de la traque policière et de la prison, sur son évasion puis son exil à Cuba. La traduction de cet entretien vise à faire connaître Assata Shakur en France, et à travers elle un pan occulté du mouvement de libération noir, en rendant accessibles en français des textes courts : entretiens, lettres ouvertes, témoignages.
Joanne Deborah Byron, devenue Joanne Chesimard après son mariage, est plus connue sous son nom africain : Assata Olugbala Shakur. Née le 16 juillet 1947 à New York aux États-Unis, celle qui deviendra la marraine du rappeur Tupac Shakur fut une membre active de la section de Harlem du Black Panther Party (BPP) puis de la Black Liberation Army (BLA). Cette dernière, passée du modèle d’auto-défense armée du BPP à la lutte armée, émerge après l’hécatombe dans les rangs des radicaux noirs due à la répression d’État, et notamment au COINTELPRO, un programme d’infiltration, de répression et d’assassinats ciblés dirigé contre les mouvements radicaux noirs, latinos et amérindiens. Formée en 1970, la BLA devient véritablement active à partir de la scission au sein du BPP en 1971. Elle se présente comme un groupe anti-capitaliste, anti-impérialiste, anti-raciste et anti-sexiste, luttant pour « l’institution de relations socialistes dans lesquelles le peuple noir aurait un contrôle total et absolu sur son propre destin en tant que peuple ». La BLA mènera entre autres une campagne défensive et offensive contre les violences policières comme l’avaient fait les Black Panthers et procédera à des éxécutions ciblées de policiers pour protester contre des crimes policiers ou des morts en détention.
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[qui] la seconda parte
Posted: Novembre 6th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: Archivio, comunismo, epistemes & società, Révolution | 15 Comments »
di Erri De Luca
Euridice alla lettera significa trovare giustizia. Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra. Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla. Intorno bolliva il 1900, secolo che spostava i rapporti di forza tra oppressori e oppressi con le rivoluzioni. Orfeo scende impugnando il suo strumento e il suo canto solista. La mia generazione e scesa in coro dentro la rivolta di piazza. Non dichiaro qui le sue ragioni: per gli sconfitti nelle aule dei tribunali speciali quelle ragioni erano delle circostanze aggravanti, usate contro di loro.
C’è nella formazione di un carattere rivoluzionario il lievito delle commozioni. Il loro accumulo forma una valanga. Rivoluzionario non è un ribelle, che sfoga un suo temperamento, è invece un’alleanza stretta con uguali con lo scopo di ottenere giustizia, liberare Euridice.
Innamorati di lei, accettammo l’urto frontale con i poteri costituiti. Nel parlamento italiano che allora ospitava il più forte partito comunista di occidente, nessuno di loro era con noi. Fummo liberi da ipoteche, tutori, padri adottivi. Andammo da soli, però in massa, sulle piste di Euridice. Conoscemmo le prigioni e le condanne sommarie costruite sopra reati associativi che non avevano bisogno di accertare responsabilità individuali. Ognuno era colpevole di tutto. Il nostro Orfeo collettivo e stato il più imprigionato per motivi
politici di tutta la storia d’Italia, molto di più della generazione passata nelle carceri fasciste.
Il nostro Orfeo ha scontato i sotterranei, per molti un viaggio di sola andata. La nostra variante al mito: la nostra Euridice usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all’aria aperta e pubblica, ma Orfeo finiva ostaggio.
Cos’altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana. Cambiammo allora i connotati del nostro paese, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nella aule scolastiche e delle università. Perfino allo stadio i tifosi imitavano gli slogan, i ritmi scanditi dentro le nostre manifestazioni. L’Orfeo che siamo stati fu contagioso, riempì di sé il decennio settanta. Chi lo nomina sotto la voce “sessantotto” vuole abrogare una dozzina di anni dal calendario. Si consumò una guerra civile di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro. Quella parte di Orfeo credette di essere seguito da Euridice, ma quando si voltò nel buio
delle celle dell’isolamento, lei non c’era.
Ho conosciuto questa versione di quei due e del loro rapporto, li ho incontrati all’aperto nelle strade. Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all’inferno.
Posted: Novembre 3rd, 2013 | Author: agaragar | Filed under: comunismo, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su “Nuovo fascismo” o neoliberalismo? Michel Foucault e l’affaire Croissant
di Alessandro Simoncini*
1. Nel cuore degli “anni di piombo”: il caso Croissant
Come si sa, fin dai primi anni ’70 Michel Foucault avvierà l’elaborazione di un’analitica del potere capace di oltrepassare tanto la sterile dogmatica del contrattualismo liberale, quanto le insufficienze di un rigido economicismo marxista. (1) Ai suoi occhi, la lezione proveniente dagli eventi del ’68 aveva indicato la strada: i movimenti avevano rigettato materialmente l’ordine della società disciplinare affermando dal basso, e con radicalità globalmente diffusa, che «non si accettava più di essere governati in un certo modo». (2)Per dirla con Gilles Deleuze, quelle lotte avevano rappresentato «la messa a nudo di tutti i rapporti di potere, ovunque essi si esercitassero, cioè dappertutto». (3) In questo modo, esse avevano squadernato apertamente il “concreto” stesso del potere – sosteneva Foucault – fin nelle maglie più fini della sua rete. (4) Recepirne le indicazioni significava allora elaborare una “microfisica del potere” in grado di superare l’ossessione teorica della sovranità e di mostrare come la concretezza dei poteri e dei saperi avesse prodotto, storicamente e materialmente, l’assoggettamento delle menti e dei corpi: (5) il governo di tutti e di ciascuno. Alla “microfisica” Foucault associava immediatamente una militanza da “intellettuale specifico” come quella praticata nel “Gruppo di informazione sulle prigioni” tra il 1970 e il 1972: (6) qui la teoria diventava una “scatola di attrezzi” capace di potenziare i tanti “fuochi di resistenza” che sempre inquietano i dispositivi di potere-sapere attivi nei mille piani del reale. È a un simile rinnovamento della cultura politica, per una sinistra autonoma dalle burocrazie partitiche e dalle centrali sindacali, che Foucault sembra pensare fin dai primi anni ’70. Ed è ancora un simile “programma” a guidarlo qualche anno dopo, nel periodo di gestazione di quella Storia della ragion governamentale che prenderà forma nei due corsi tenuti al Collège de France tra il 1977 e il 1979: (7) un percorso intellettuale, questo, che modificherà sensibilmente gli assetti precedenti dell’analitica foucaultiana. (8) In questo passaggio teorico cruciale riveste un ruolo importante – forse centrale – l’affaire Croissant, nel quale sul finire del 1977 Foucault si impegnerà personalmente.
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