Inventare il comune

Posted: Gennaio 23rd, 2012 | Author: | Filed under: comune, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Inventare il comune

di Toni Negri

€ 17.00 € 14.45

L’odierna riflessione di Toni Negri sul concetto di «comune» affonda le sue radici in un percorso di ricerca teorica e politica più che ventennale. Tutto è cominciato con la descrizione del cosiddetto post-fordismo, con l’analisi di un capitalismo che alla soggettività del lavoratore chiede creatività, innovazione e dunque libertà. Quello che Negri ha cercato di descrivere è un paradosso: il capitalismo è sempre più legato a ciò che in potenza può distruggerlo, la libertà del
lavoro. E per Negri, ciò a cui questa libertà non cessa di dare forma è un territorio comune – non lo spazio pubblico dello Stato né lo spazio privato degli individui – che è contemporaneamente la conditio sine qua non del capitalismo
oggi.

Il libro ripercorre le tappe di questa riflessione, mostrando come la teorizzazione del «comune» attraversi tanto la critica al pensiero debole all’inizio degli anni Novanta quanto l’analisi della crisi della statualità, fino ad arrivare alla
riscoperta di un concetto fondamentale del pensiero politico moderno, quello di «moltitudine». Un testo che è un riepilogo della riflessione negriana dell’ultimo ventennio e una testimonianza del grande contributo fornito da questo autore al rinnovamento del pensiero critico.

Dalla prefazione di Judith Revel

Lo statuto di una raccolta di testi non è facile. Occorre vedervi la conferma retrospettiva della coerenza di un pensiero? l’unità tematica di una ricerca in un momento dato? la testimonianza di un’epoca? O, al contrario, meglio sottolineare la diversità dei temi affrontati e dei punti di attacco, delle collaborazioni e delle contaminazioni, degli spostamenti e delle riformulazioni? Occorre produrre un oggetto chiuso su se stesso, come se la rassicurante materialità del libro venisse a sospendere i dubbi, le domande e le aperture che la raccolta dei testi a volte scava, di rimbalzo, nel nostro presente?

Gli articoli di questo volume hanno forse il merito di prestarsi a tutto questo, ma anche quello di esistere diversamente. Scritti tra l’inizio degli anni Novanta e la fine del Duemila, ricoprono oltre quindici anni di lavoro all’interno di esperienze collettive di ricerca e militanza e non sono intelligibili al di fuori di una forma-rivista («Futur Antérieur»1 in primis; poi «Multitudes»), che è in quanto tale un progetto politico: perché si tratta, appunto, di trovare la giusta distanza – o, meglio, il ritmo di questo andirivieni – tra l’analisi teorica e la reazione all’attualità, tra la filosofia, la scienza politica, l’economia o la sociologia e quel «giornalismo» di cui Michel Foucault, alla fine della propria vita, diceva fosse il nome di un nuovo atteggiamento critico piantato nel cuore del presente. Una rivista è da questo punto di vista la forma di intervento più agile ed efficace. Articoli, dunque, ma anche editoriali e testi a quattro mani che segnano tanto la progressione dell’analisi quanto il passaggio del tempo.

Ma l’arco di questi quindici anni non è un arco qualsiasi. Se per Negri, dal punto di vista strettamente biografico, significano gli ultimi anni di esilio in Francia e il ritorno in Italia, sei anni di carcerazione e la libertà finalmente ritrovata, sono anche gli anni in cui vengono scritti e pubblicati tre libri importanti, scritti insieme a Michael Hardt: Impero che ha da subito un successo mondiale, Moltitudine e infine Commonwealth2.

Ma quegli anni sono anche, a modo loro, l’uscita definitiva da quel «secolo breve» di cui Erich Hobsbawm ha così ben descritto le caratteristiche: dalla caduta del muro di Berlino e il crollo del blocco sovietico, immediatamente precedenti la fondazione della rivista «Futur Antérieur», fino alla crisi finanziaria del 2008, non è solo alla chiusura del XX secolo e all’inaugurazione del XXI che siamo confrontati ma alla svolta che ci fa transitare da un mondo a un altro, da una grammatica politica a un’altra e probabilmente da una scatola analitica degli attrezzi a un’altra.

Certo, potremmo fare la rassegna degli eventi che nella virata della transizione hanno a loro volta contribuito a uscire da quella modernità politica che ci eravamo convinti durasse in eterno, in ordine sparso: le due guerre del Golfo, i grandi scioperi francesi del 1995 e più in generale la comparsa di forme di lotta (e di soggettività politiche) inedite, la nascita del berlusconismo politico in Italia, l’emergere del problema delle banlieues, gli inizi del movimento globale, la necessità (e i vicoli ciechi) di una costruzione europea, il ruolo politico della Chiesa, il passaggio al capitalismo cognitivo ecc. La scelta editoriale che presiede alla raccolta dei testi che compongono questo volume è di grande importanza; e se la raccolta ovviamente contiene solo una selezione limitata degli scritti di Negri su un dato periodo, occorre riconoscere che quelli che qui vengono presentati danno l’idea della cosa fondamentale: un vero e proprio laboratorio di inchiesta e di analisi critica. Poiché il pensiero si fa lì dove si elaborano e formulano dei ragionamenti, lì dove si cercano nuovi concetti, lì dove si arrischiano nuove ipotesi.

Obiettivo del gioco non è ovviamente indicare, in modo retrospettivo, quanto fosse ascrivibile alla chiaroveggenza e quanto no, ciò che è riuscito ad anticipare il proprio tempo e ciò che per un istante ha tentato di percorrere strade senza uscita. […]


La fabbrica dell’uomo indebitato

Posted: Gennaio 23rd, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | 8 Comments »

Saggio sulla condizione neoliberista

di Maurizio Lazzarato*

€ 12.00 in uscita

Giorno dopo giorno siamo sempre più debitori: nei confronti dello Stato, delle assicurazioni private, delle imprese… E per onorare i nostri debiti siamo sempre più costretti a diventare «imprenditori» delle nostre vite, del nostro «capitale umano». Il nostro orizzonte materiale ed esistenziale viene così del tutto stravolto.
Il debito, tanto privato che pubblico, è la chiave di volta attraverso la quale leggere il progetto di un’economia fondata sul pensiero neoliberista.
Rileggendo Marx, Nietzsche, Deleuze e Foucault l’autore dimostra che il debito è anzitutto una costruzione politica e che la relazione creditore/debitore è il rapporto sociale fondamentale delle nostre società.
Perché il debito non è semplicemente un dispositivo economico, è anche, e soprattutto, una tecnica di governo e di controllo delle soggettività individuali e collettive.
Come sfuggire alla condizione neoliberista dell’uomo indebitato? Per Maurizio Lazzarato la risposta non è semplicemente economica. Ciò che dobbiamo rimettere in discussione è proprio «il sistema del debito» oggi alla base della struttura del capitalismo.

Maurizio Lazzarato, sociologo e filosofo, vive e lavora a Parigi dove svolge attività di ricerca sulle trasformazioni del lavoro e le nuove forme di movimenti sociali. In italiano sono disponibili: La politica dell’evento (Rubbettino 2004), Lavoro immateriale. Forme di vita e produzione di soggettività (ombre corte, 1997) e Videofilosofia (manifestolibri, 1997).


Riprendiamoci l’Europa!

Posted: Gennaio 20th, 2012 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Riprendiamoci l’Europa!

di COLLETTIVO UNINOMADE

1. Non c’era bisogno delle parole di Mario Draghi per capire che la crisi ha ormai raggiunto in Europa una soglia di irreversibilità. Crisi di «dimensioni sistemiche», aveva detto Jean-Claude Trichet un paio di mesi fa. Ora Draghi, suo successore alla guida della Banca Centrale Europea, ci informa che «la situazione è peggiorata» (16 gennaio). Difficile capire che cosa significhi il peggioramento di una crisi di «dimensioni sistemiche». Certo è che gli scenari che si prospettano per i prossimi mesi sono assai cupi, non solo per chi ormai da anni sta pagando la crisi e il farmaco che la alimenta – l’austerità, o più “sobriamente” il rigore. Anche settori consistenti del capitale e delle classi dirigenti europee cominciano a essere assaliti dal dubbio che, nel gigantesco processo di riassestamento globale degli equilibri di potere in atto, corrono il rischio di figurare tra i perdenti.

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OWS: Occupy Everything

Posted: Gennaio 17th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | Commenti disabilitati su OWS: Occupy Everything

di Paolo Carpignano, sociologo che da molti anni vive a New York ed è impegnato nella sinistra americana, ha scritto questo articolo per Ciroma.info

Forse era nell’aria: l’aria di primavera dei paesi arabi, o l’aria della Puerta del Sol di Madrid, o del Rothchild Boulevard di Tel Aviv, tutti avvenimenti che presagivano un anno caldo a livello globale. Ma quando a New York è scoppiata Occupy Wall Street (la metafora della esplosione sembra moto più appropiata), si è avuta subito la sensazione che non si trattasse di una ventata di attivismo, di un altro episodio dell’ «anno della protesta» come lo ha definito Time magazine, ma di un avvenimento trasformatore, un «game changing», un cambiamento delle regole del gioco.

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“Oser l’exode” de la société de travail

Posted: Gennaio 15th, 2012 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su “Oser l’exode” de la société de travail

Vers la production de soi, entretien avec André Gorz

Par Yovan GILLES |

Les périphériques vous parlent : Dans votre dernier ouvrage Misères du Présent, Richesses du Possible faisant allusion au livre de J. Rifkin La Fin du Travail, vous affirmez quant à vous : « Il ne s’agit pas du travail au sens anthropologique ou au sens philosophique. (…) Il s’agit sans équivoque du travail spécifique propre au capitalisme industriel » Pouvez-vous développer pour nous cet argument ?

André Gorz : Au sens anthropologique, on appelle habituellement « travail » l’activité par laquelle les humains façonnent et transforment leur milieu de vie. C’est d’abord la malédiction biblique : le monde n’est pas naturellement propice à la survie des humains, il n’est pas « un jardin planté pour eux », disait Hegel. La vie humaine est « improbable », écrivait Sartre, elle rencontre cette improbabilité comme un ensemble d’adversités, de maladies, de raretés. Au sens philosophique, le concept de travail englobe les dimensions multiples de l’activité humaine. La philosophie grecque distinguait le travail-corvée – ponos – qu’il faut accomplir jour après jour pour entretenir le milieu de vie et produire sa subsistance. C’est aussi bien le travail ménager que le travail agricole, dont les hommes, dans les sociétés traditionnelles, se déchargent sur les femmes et les esclaves. Après le ponos, il y a la poiesis : le travail de l’artisan, de l’artiste, du « producteur ». Le travail comme poiesis n’est plus, à la différence du ponos, asservi complètement aux nécessités et aux contraintes matérielles de la subsistance. Il peut s’en émanciper en devenant création, invention, expression, réalisation de soi. C’est cette dimension du travail qui intéresse avant tout Hegel et ensuite Marx : le travail par lequel je m’individualise, me fais personne, inscris dans la matérialité du monde l’idée que je me fais de ce qui doit être.

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La furia dei cervelli

Posted: Gennaio 11th, 2012 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su La furia dei cervelli

L’urlo del Quinto Stato contro il Moloch della crisi
di Francesca Coin

È un libro di poesia e rivolta, quello di Roberto Ciccarelli e Giuseppe Allegri: “La furia dei cervelli” (Manifestolibri). Un grido ruvido di rabbia e zerbini randagi, un canto di resistenza. Non voglio ripercorrere il testo per intero, voglio soffermarmi su quello che per me è il suo nodo centrale. Il conflitto in corso non è solamente un conflitto contro i nostri corpi. La precarietà ai limiti dell’inoccupazione, l’assenza di garanzie sociali e di reddito, la riforma delle pensioni e del ciclo della vita, lo sfregio continuo del vivere insieme e della tenerezza, non sono semplicemente corollari di uno stato di emergenza che è divenuto permanente. Sono di più: sono i sintomi di un pensiero che in modo sempre più feroce negli ultimi decenni ha sfigurato la vita.

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Cinque domande sulla crisi

Posted: Gennaio 11th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postoperaismo | Commenti disabilitati su Cinque domande sulla crisi

a cura di SANDRO MEZZADRA e TONI NEGRI

L’approfondimento della crisi, con le sue devastanti conseguenze sociali, continua a spiazzare consolidati paradigmi interpretativi. Ne risultano non soltanto la bancarotta della scienza economica mainstream, ma anche inedite sfide per quanti hanno continuato in questi anni a praticare in forme originali la critica dell’economia politica. In questione, sempre più chiaramente, ci sembra essere proprio il rapporto tra le categorie economiche e le categorie politiche. Per aprire la discussione all’interno del sito di UniNomade abbiamo rivolto cinque domande ad Andrea Fumagalli, Christian Marazzi e Carlo Vercellone. Presentiamo di seguito le risposte di Andrea e di Christian, in forma di dialogo. Carlo ha svolto alcune riflessioni sull’insieme dei temi da noi proposti: le si possono leggere in conclusione.

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La crisi, il general intellect, il piacere, il sasso e la vetrina

Posted: Gennaio 9th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | Commenti disabilitati su La crisi, il general intellect, il piacere, il sasso e la vetrina

di Franco Piperno

I) Ricordati del tulipano. Nella tradizione del movimento operaio, ovvero per quel marxismo diffuso che in Italia era, fino a qualche decade fa, una sorta di economia politica popolare, la crisi che attraversiamo dovrebbe essere considerata una conseguenza della sovrapproduzione : una immane stock di merce giace in stato di saturazione, invenduta; dal momento che gli unici ad avvertirne la mancanza sono quegli stessi che non hanno il denaro per comprarla. Una enorme quantità di valore di scambio privato del suo valore d’uso, attesta icasticamente cosa deve intendersi per dissipazione dell’energia corporea e mentale dell’uomo occidentale, per aumento entropico, crescita del disordine in senso ontologico, termodinamico.

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Fai la cosa giusta. 11 tesi sul conflitto che viene e sul mondo da inventare

Posted: Gennaio 6th, 2012 | Author: | Filed under: comune, Révolution, riots | Commenti disabilitati su Fai la cosa giusta. 11 tesi sul conflitto che viene e sul mondo da inventare

LUM – libera università metropolitana

1. «Il mondo è tutto ciò che accade». Partiamo da Oakland.

Il 2 novembre è iniziata una nuova epoca per il movimento #occupy e, più in generale, per gli indignados. All’occupazione delle strade e delle piazze ‒ sul modello spagnolo e di Zuccotti Park ‒ si è accompagnato uno sciopero generale di potenza straordinaria. Bloccato il porto, fermi gli uffici pubblici. Fermi i trasporti su gomma e la produzione. A braccia conserte anche la polizia. E poi decine di migliaia in piazza, a presidiare la città, a consolidare la paralisi del porto.

Guardiamo ad Oakland come si guarda ad un prototipo. Lacunoso, indubbiamente, in parte immaturo, eppure in grado di mettere in forma, in modo temporaneo, il conflitto che serve, quello in grado di fare i conti con la nuova composizione del lavoro e con la violenza della finanza. Non è sufficiente il sindacato, infatti, ad organizzare un lavoro frammentato e fortemente precarizzato, da sempre immerso nei flussi comunicativi o costretto a prestazioni di tipo neo-servile. Se lo sfruttamento contemporaneo si disloca anche e soprattutto sul terreno dell’accumulazione finanziaria, la lotta di classe deve investire per intero la riproduzione sociale, la vita, la cooperazione extra-lavorativa. Ma non basta neanche il movimento #occupy. La sua forza esibisce la crisi della democrazia liberale di fronte all’arroganza della dittatura finanziaria, ma ancora non ci mostra il modo utile per «far male ai padroni». È necessario prendere la parola e cominciare a «dire la verità al potere», ma bisogna individuare il potere nelle maglie dello sfruttamento metropolitano, nel furto di plusvalore.

In questo senso Oakland è un prototipo, in questo senso riscopriamo, senza timidezza, la nostra ispirazione repubblicana.

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#OWS: la ballerina e il toro: breve storia di un’epifania

Posted: Gennaio 5th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, riots | 1 Comment »

Tutto parte da questa immagine diffusa il 18 luglio 2011 dal magazine radicale Adbusters: il toro, il simbolo di wall street, la ballerina simbolo del virtuosismo, della grazia, di chi vive nella più violenta crisi del capitalismo dal 1929, e resta in equilibrio, domandola senza redini, con la pressione di un solo piede che calza, appunto, una ballerina. La bestia oscilla, scalcia. La ballerina, imperturbabile, resta sul dorso. Un incanto perfetto, mentre la bestia sembra cedere sotto la gentile, ma inflessibile, pressione del piede calzato. Dietro i lacrimogeni, emergono le maschere antigas degli attivisti.

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