Manifesto per una politica accelerazionista

Posted: Dicembre 22nd, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, arts, au-delà, digital conflict, epistemes & società, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Manifesto per una politica accelerazionista

di ALEX WILLIAMS e NICK SRNICEK.

01. INTRODUZIONE: Sulla congiuntura

1. All’inizio della seconda decade del ventunesimo secolo, la civilizzazione globale si trova ad affrontare una nuova progenie di cataclismi. Imminenti apocalissi appaiono ridicolizzare le norme e le strutture organizzative delle politica che furono forgiate alla nascita degli stati-nazione, agli albori del capitalismo e in un ventesimo secolo contrassegnato da guerre senza precedenti.

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Sulla “teoria del gender”. Judith Butler risponde ai suoi detrattori

Posted: Dicembre 21st, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, au-delà, bio, donnewomenfemmes, epistemes & società, postgender | Commenti disabilitati su Sulla “teoria del gender”. Judith Butler risponde ai suoi detrattori

di Redazione LC 20 dicembre 2013

Un’intervista a Judith Butler apparsa su “Le Nouvel Observateur”, il 15 dicembre 2013. La traduzione è di Federico Zappino.

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Le Nouvel Observateur: Nel 1990 ha pubblicato Gender Trouble (trad. it., Questione di genere), testo che ha segnato l’irruzione, nel dibattito intellettuale, della “teoria del gender”. Di cosa si tratta?

Judith Butler: Intanto ritengo importante precisare di non aver inventato gli “studi di genere” (gender studies): la categoria di “genere” era infatti già in uso dagli anni Sessanta, negli Stati Uniti, sia all’interno della ricerca sociologica, sia in quella antropologica. In Francia, invece, in particolare sotto l’influsso di Lévi-Strauss, si è preferito parlare di “differenze sessuali”. La cosiddetta “teoria del gender” prende dunque piede solo tra gli anni Ottanta e Novanta, innestandosi proprio all’incrocio tra l’antropologia statunitense e lo strutturalismo francese.

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A chi spetta una buona vita?


il postumano

Posted: Dicembre 20th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, au-delà, bio, epistemes & società, post-filosofia, postgender, posthumanism | Commenti disabilitati su il postumano

posthumanism

La nostra seconda vita negli universi digitali, il cibo geneticamente modificato, le protesi di nuova generazione, le tecnologie riproduttive sono gli aspetti ormai familiari di una condizione postumana. Tutto ciò ha cancellato le frontiere tra ciò che è umano e ciò che non lo è, mettendo in mostra la base non naturalistica dell’umanità contemporanea.

Sul piano della teoria politica e filosofica, urge adeguare le categorie di comprensione delle identità e dei fenomeni sociali a partire da questo salto. Sul piano dell’analisi, dopo aver constatato la fine dell’umanesimo, occorre vedere in questa trasformazione le insidie di una colonizzazione della vita nel suo complesso da parte dei mercati e della logica del profitto.

Occorre dunque adeguare la teoria ai cambiamenti in atto, senza rimpianti per un’umanità ormai perduta e cogliendo le opportunità offerte dalle forme di neoumanesimo che scaturiscono dagli studi di genere, postcoloniali e dai movimenti ambientali.

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Materialismo culturale a forza lavoro fissa

Posted: Dicembre 19th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comunismo, critica dell'economia politica, epistemes & società, Marx oltre Marx, Révolution, vita quotidiana | 8 Comments »

Intervista a STEPHEN SHAPIRO – di EMANUELE LEONARDI

Marx

Attualmente stai lavorando – da una prospettiva marxiana – su nozioni quali forza lavoro fissa e materialismo culturale. Potresti spiegare quali sono i caratteri centrali di questi concetti? Come si connettono con il sistema educativo e con il ruolo sempre più cruciale giocato dalla conoscenza nel contesto dei processi di produzione contemporanei?

Il materialismo culturale è lo studio della relazione tra esperienza sociale, in quanto storicamente messa in forma dall’organizzazione della produzione, ed espressione culturale, sia essa testuale, visuale, sonora o comportamentale. Il materialismo culturale, profondamente legato alla figura di Raymond Williams (1921-1988), si propone in generale di andare oltre le inutili rigidità della dicotomia tra struttura e sovrastruttura o della teoria del riflesso culturale, avversata pure da Engels.

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Tra crisi della riproduzione sociale e welfare comune

Posted: Dicembre 18th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, bio, comune, donnewomenfemmes, epistemes & società, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Tra crisi della riproduzione sociale e welfare comune

Intervista a SILVIA FEDERICI – di ANTONIO ALIA

Tokio

Silvia Federici non ha bisogno di presentazioni. Militante e intellettuale femminista, da sempre impegnata nei movimenti sociali, è stata tra le fondatrice della campagna Wages for Housework. Le abbiamo rivolto alcune domande per offrire una lettura della crisi e delle possibili alternative con cui sicuramente occorre confrontarsi. L’intervista si chiude con un commento ad un articolo di Nancy Fraser. Nell’intervento, Silvia Federici ricorda l’importanza di quel femminismo che ha ispirato lotte e riflessioni teoriche e che non ha concesso nulla ai processi di istituzionalizzazione neoliberale. Un femminismo che fa definitivamente i conti con la fine di ogni possibile riformismo contro cui occorre invece “costruire nuove strutture e nuovi rapporti alternativi allo Stato e al mercato”.

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Note sulla moneta tra soggettività e reddito garantito

Posted: Dicembre 13th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, bio, comune, epistemes & società, postoperaismo, Révolution, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Note sulla moneta tra soggettività e reddito garantito

di Laboratorio Acrobax

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Premessa

Una vicenda abbastanza datata quella sul reddito garantito si è riaccesa nel dibattito di movimento e non solo. Il “non solo” si riferisce prevalentemente all’ultimo periodo della vita politica istituzionale e del suo spazio pubblico che perlomeno dalle elezioni del 2013 in poi ha indicato il reddito, certamente minimo e condizionato, come uno dei terreni di riforma possibile. Chiaramente nemmeno a dirlo dopo mesi di governo dellebasse e strette intese, il dispositivo di briciole è stato definito nella Legge di Stabilità 2014 con risorse allocate risibili: come la montagna partorisce il topolino. Nel maxi-emendamento compare una misura presentata mediaticamente come reddito minimo ma in verità si stratta di un sussidio contro la povertà il cui finanziamento è a dir poco ridicolo ovvero 120 milioni di Euro in tre anni. Queste risorse dovrebbero confluire nel fondo contro la povertà che attualmente gestisce la Social Card. La misura è estremamente familista ed destinata ad una platea ridottissima. Non ci aspettavamo di più dal governo dell’austerity, ma una cosa ci sembra fondamentale sottolineare: i tre disegni di legge presentati alla Camera (PD, SEL e M5S) in modo assolutamente divergenti sia come filosofia dell’intervento che come previsioni di copertura economica hanno messo chiaramente in luce almeno tre caratteristiche fondamentali. La prima riguarda il bisogno della governance di dare una risposta spot sul tema del reddito a tutti gli esclusi dagli ammortizzatori sociali e dagli strumenti di protezione sociale. Ci riferiamo alla composizione sociale fatta da milioni di precari, precarizzati, working poor e giovani disoccupati, questo lo vediamo come un segno che il dibattito (a volte confuso ed ambiguo) e la penetrazione sociale della rivendicazione ha tutte le potenzialità per diventare una miscela esplosiva e preoccupante. La seconda caratteristiche riguarda l’impostazione degli schemi di reddito proposti delle diverse forze politiche, completamente schiacciata sui dispositivi di regolazione sociale imposti dall’Europea che obbligano l’Italia ad attivare forme di sostegno al reddito legate a politiche di welfare to work ovvero un welfare condizionale completamente legato a regimi sanzionatori. Dispositivi simili, con risorse esigue, verranno attivati anche attraverso il programma europeo Youth Guarantee il cui baricentro dichiarato è la lotta contro la disoccupazione giovanile e le politiche di attivazione dei cosiddetti NEET. La terza caratteristica riguarda il tema dell’allocazione delle risorse pubbliche, nei tre diversi disegni di legge si parla di investimenti che vanno da 2 ai 19 miliardi di euro, ultimo progetto proposto da M5S. Dall’analisi di questi semplici dati emerge, infatti, che il problema non è di risorse ma di volontà politica. L’obbiettivo del governo dell’austerity è quello smantellare e finanziarizzare il welfare, contrastando qualsiasi provvedimenti di redistribuzione della ricchezza continua a finanziare banche, spese militari ect ect. Tutto ciò accade in un contesto di impoverimento generalizzato di larghi strati della popolazione, l’INPS ha recentemente affermato che il 29% della popolazione, a più di 18 milioni di persone, rischia la povertà, un dato vicino a quello greco, che è pari al 34%. Osservando i dati il paese ellenico è l’unico peggiore dell’Italia all’interno dell’Eurozona.

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La forza del vero di Michel Foucault

Posted: Dicembre 12th, 2013 | Author: | Filed under: au-delà, bio, epistemes & società, Foucault | Commenti disabilitati su La forza del vero di Michel Foucault

di Girolamo De Michele

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In un’intervista del 1981 al giornale “Gai Pied”, parlando della propria omosessualità e dell’amicizia come stile di vita, Foucault diceva: «il problema non è quello di scoprire in sé la verità del proprio sesso, ma di usare la sessualità per arrivare a una molteplicità di relazioni»1. Non si tratta di confessare la verità segreta di un desiderio, «si tratta di chiedersi quali relazioni possono essere istituite, inventate, moltiplicate, modulate attraverso l’omosessualità». Queste parole sul “divenire-omosessuale” esprimono bene la direzione verso cui, negli ultimi tre anni della propria attività al Collège de France (quella specie di «rendiconto pubblico di una libera attività», l’aveva definito nel corso del 1976), Foucault aveva orientato la propria ricerca. Non sorprende, dunque, che in questa torsione Foucault abbia dissodato il terreno della tarda antichità, dedicando gli ultimi tre corsi al mondo greco-romano, e in particolare, nell’ultimo anno, ai Cinici. O meglio: solo chi aveva praticato una lunga serie di fraintendimenti del lavoro foucaultiano a partire dalla Volontà di sapere come “blocco della ricerca”, ritirata davanti a uno scacco o presa d’atto di un fallimentare esito nelle weberiane gabbie d’acciaio della modernità – una sorta di consolatoria ritirata fra gli antichi, insomma, poteva rimanere sorpreso dal fatto che Foucault avesse non cercato nella verità degli antichi il senso del presente, ma piantato nietzscheanamente il concetto di parrhesia, di “parlar franco” (quella franchise con cui Slongo congiunge Foucault a Montaigne), nel cuore del tempo presente.

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JU-JITSU POLITIQUE

Posted: Dicembre 7th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, au-delà, comune, epistemes & società, vita quotidiana | Commenti disabilitati su JU-JITSU POLITIQUE

JU-JITSU POLITIQUE, l’art du levier, est une brochure écrite par la Rotative.

Le principe du « Jujitsu Politique » est d’utiliser les forces adverses pour modifier une situation politique. Les procédés de détournement et d’amplification sont à la base de toute mécanique – utilitaire, guerrière ou scientifique. Ils passent par des combinaisons imprévues de forces et d’outils, et parfois par le simple retournement de l’arme dans un sens contraire.

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Cfr. anche qui e qui


Conversazione con Antonio Negri

Posted: Dicembre 6th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, comune, comunismo, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, post-filosofia, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Conversazione con Antonio Negri

A mo’ di introduzione alla nuova edizione di “Fabbriche del soggetto
di MIMMO SERSANTE

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Mimmo Sersante – Il libro raccoglie testi scritti tra il 1981 e il 1986, gli anni forse più duri della tua vita di militante comunista ma anche più produttivi dal punto di vista della ricerca filosofica. Mi riferisco all’incontro con Spinoza e la filosofia poststrutturalista francese. Sono anche gli anni della rivoluzione neoliberista e della crisi irreversibile delle politiche keynesiane in tutto l’occidente capitalistico. L’Italia non fa eccezione. Da noi anzi la sconfitta fu più lacerante se pensiamo all’ottimismo alimentato per vent’anni dalle lotte autonome degli operai e degli studenti. Ci sono pagine in questo libro di esplicita autocritica sui limiti della ricerca, tua e di molti tuoi compagni, condotta durante gli anni Settanta sul tema del soggetto.

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Crisi finanziaria e capitalismo cognitivo

Posted: Dicembre 4th, 2013 | Author: | Filed under: 99%, BCE, crisi sistemica, critica dell'economia politica, epistemes & società, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Crisi finanziaria e capitalismo cognitivo

Intervista a Yann Moulier-Boutang di DAVIDE GALLO LASSERE

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La crisi che scuote il mondo intero da cinque anni pare non voglia calmarsi. Il discorso convenzionale pone sul banco degli accusati la separazione progressiva tra una cosiddetta economia reale, buona e produttiva, e una finanza semplicemente parassitaria, tagliata fuori da ogni connessione col mondo concreto. Da parte tua, sebbene non sottostimi per nulla il dominio e il ricatto esercitati dai mercati e dagli operatori finanziari, rifiuti ogni distinzione così netta. Pertanto, ritieni che non ci si possa più limitare a invocare un fantasmagorico ritorno al reale. Potresti spiegare perché le cose non son così semplici come sembrano?

In effetti bisogna distinguere la parte finanziaria dell’economia reale, dalla parte non finanziaria dell’economia reale. Entrambe sono pienamente reali. Del credito, che è la sostanza della moneta la cui forma consiste nella più o meno grande liquidità o esigibilità (le famose forme della massa monetaria M1, M2, M3), genera immediatamente delle possibilità d’investimento, dei salari, degli acquisti di beni e servizi, degli impieghi. Ciò che succede è che la parte finanziaria dell’economia reale diventa via via più gigantesca a mano a mano che l’economia diventa più complessa, e che si accrescono l’interdipendenza e la mutualizzazione degli impegni contrattuali o legali e regolamentari. Per 150 miliardi di dollari quotidiani di PIL mondiale e altrettanto di commercio di beni, si hanno 1500 miliardi di transazioni che coprono il rischio di cambio e 3700 miliardi di transazioni su delle promesse concernenti il futuro, i famosi prodotti derivati. Questo era l’ordine di grandezza nel 2009 e malgrado la scomparsa della metà dei 2000 Hedge Funds (fondi di piazzamento dei capitali a rischio) la scala è rimasta la medesima. La verità è che affinché ciò che taluni chiamano “l’economia reale” diventi realtà bisogna che la finanza attivi questo armamentario impressionante. L’economia starebbe meglio senza una finanza che tanti a sinistra descrivono come un parassita inutile che si potrebbe tranquillamente appendere a testa in giù? Diffidiamo del sofisma già denunciato da Kant secondo il quale la colomba volerebbe meglio nel vuoto. Non si tratta di negare l’evidenza, ossia che i finanzieri sanno trarre dall’ipertrofia della sfera finanziaria una posizione di forza nella fetta di reddito che si accaparrano. Questa è una costante nella storia del capitalismo mercantilista, industriale, finanziario e oggi cognitivo. Ciò che merita di essere pensato e pesato sono le trasformazione dell’economia in blocco (sfera finanziaria e non finanziaria). Innumerevoli analisi sulla finanziarizzazione dell’economia nella globalizzazione (quest’ultima globalizzazione, preceduta da altre tre nella storia dell’Occidente) considerano soltanto un lato del problema: le ripercussioni (essenzialmente negative) del gonfiamento della sfera finanziaria su ciò che chiamano la sfera dell’economia reale, spesso ridotta a quell’industria che promuovono al rango di sola realtà, unica creatrice di ricchezza (come l’agricoltura in Quesnay). È senz’altro vero che è molto attraente, in un sistema che erige la massimizzazione del profitto all’alfa e all’omega, guadagnare il 30% l’anno tramite i soli piazzamenti finanziari (per esempio la speculazione immobiliare), quando guadagnare il 15% in imprese diventa una prodezza (una prodezza tuttavia pretesa dai fondi pensione), mentre il 5% nelle PMI risulta essere la banale realtà corrente. Questi effetti secondari non risolvono la questione dell’ipertrofia senza precedenti della finanza. Ho cercato di mostrare altrove che la crescita della liquidità e del potere di esercitare un effetto leva da parte della finanza (il passaggio da 5 o 9 del corso del credito per 1 di attivi sotto forma di fondi propri, a più di 30) traduceva nella sfera finanziaria qualcosa che non ha nulla a che vedere con la speculazione, né con un meccanismo autoalimentato in stile bolla, né con gli animal spirits dell’homo oeconomicus, ma che riguarda una trasformazione reale dell’economia.

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