Mentre le vicende di The family annichiliscono il Paese con beffarda e insieme crudele evidenza fisiognomica, è stata presentata la riforma del mercato del lavoro. Riforma storica eppure derubricata dai media a notizia collaterale, con la metà delle redazioni d’Italia a pedinare l’uomo di Gemonio.
La misera telenovelas padana non ci ha distratti e non ci sfugge la portata della transizione, giocata tra favolose coincidenze, ponti pasquali e ruoli di donne. Elsa Fornero, sempre più compresa nella parte dell’allieva modello (nel nome del padre) del professor Monti, da lui rimproverata o sorretta a seconda dei casi. Susanna Camusso che, grazie all’incredibile fair play dell’“altra parte sociale”, Emma Marcegaglia, si trova servita la possibilità di sfuggire a quello che parrebbe, al semplice buonsenso, l’obbligo di respingere il contropacco dicendo finalmente qualcosa di sinistra. La presidente di Confindustria, che calca esageratamente i toni, disponibile a tradursi in caricatura quando in un’intervista rilasciata al Financial Times si spinge addirittura a sostenere che il testo del duetto è pessimo e che tanto valeva non fare alcunché. Ecco allora che Camusso difende il Ddl, sperando possa funzionare l’equivoco argomento “se non piace ai padroni allora abbiamo vinto noi” (“Si tratta di un importante risultato della Cgil e della mobilitazione unitaria dei lavoratori”). Sulle prime pagine, intanto, le leghiste Rosy Mauro e Manuela Marrone rubano la scena a tutte loro con “scuole bosine” (sic) finanziate con soldi pubblici e lauree acquistate (pare) in Svizzera. Son queste le quote rosa che ci confondono, siamo sincere.
Istantanee da un’Italia stordita dalla crisi, con progressivo aumento del numero dei suicidi, dei casi di rapina finiti male per pochi euro, dove i giovani sono sempre più disoccupati perché i vecchi sono costretti a restare al lavoro fino all’ultimo respiro – e sul tema la retorica si spreca ma mai nessuno che dica la verità.
Posted: Aprile 9th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:anthropos, arts, au-delà | Commenti disabilitati su sovrapposizioni
di Carmelo Bene e Gilles Deleuze
Traduzione di Jean-Paul Manganaro
Il volume contiene 48 tavole in bianco e nero fuori testo con fotografie, in buona parte inedite, scattate durante le prove per la prima del Riccardo III
“È come se ci fossero due operazioni opposte. Da un lato si eleva a ‘maggiore’: di un pensiero si fa una dottrina, di un modo di vivere si fa una cultura, di un avvenimento si fa Storia. Si pretende così riconoscere e ammirare, ma, in effetti, si normalizza. Succede lo stesso per i contadini delle Puglie, secondo Carmelo Bene: si può dar loro teatro, cinema e persino televisione. Non si tratta di rimpiangere il vecchio buon tempo, ma d’essere sgomenti di fronte all’operazione che subiscono, l’innesto, il trapianto fatto alle loro spalle per normalizzarli. Sono divenuti maggiori. Allora, operazione per operazione, chirurgia contro chirurgia, si può concepire l’inverso: in che modo ‘minorare’ (termine usato dai matematici), in che modo imporre un trattamento minore o di minorazione, per sprigionare dei divenire contro la Storia, delle vite contro la cultura, dei pensieri contro la dottrina, delle grazie o delle disgrazie contro il dogma?” (dal testo di Gilles Deleuze).
Posted: Aprile 7th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:anthropos, racisme, Révolution | Commenti disabilitati su J.-P. Sartre: sulla tortura
Nel 1943, in via Lauriston, erano dei francesi a gridare d’angoscia e di dolore.
La Francia intera li udiva. L’esito della guerra non era certo, e non si voleva neppure pensare al futuro; ma una sola cosa ci pareva comunque impossibile: che si sarebbero fatti urlare altri uomini, un giorno, in nostro nome.
Ma impossibile non è francese: nel 1958, ad Algeri, si tortura abitualmente, sistematicamente; tutti lo sanno, da Lacoste ai contadini dell’Aveyron. Nessuno ne parla, o quasi: fili di voce si estinguono, nel silenzio. La Francia non era più muta di oggi sotto l’occupazione; ma aveva almeno la scusa di essere imbavagliata. All’estero, il caso nostro è già giudicato: la Francia continua a degradarsi: dal ’39 secondo alcuni, dal ’18 secondo altri.
Io non credo però così facilmente alla degradazione di un popolo; credo ai suoi marasmi e alle sue ottusità. Durante la guerra, quando la radio inglese o la stampa clandestina ci parlavano dei massacri di Ouradour, guardavamo i soldati tedeschi che passeggiavano per le vie con aria innocua, e ci capitava di osservare tra noi: “Eppure sono uomini che ci rassomigliano: come possono fare quello che fanno?” Eravamo fieri di noi, perché riuscivamo a non capirli.
“Il presente musicale viene costruito permettendo a dei suoni d’essere in sincronia mentre altri stanno in un rapporto di prima e di dopo. Il presente della comunità è costruito permettendo ad alcune azioni di dispiegarsi in contemporanea mentre altre sono soggette alla relazione di prima e di dopo. Il tempo non ha direzione, non scorre.” Pataturk.
I. La crescita esponenziale ed il tempo dell’impero
Via via che l’unificazione del mercato mondiale impone a masse crescenti d’esseri umani d’adottare, sotto la maschera dei diritti universali, l’interesse composto — ovvero la crescita esponenziale — anche i ritmi e gli strumenti di lavoro diventano simili, mentre quelli scientifici per parte loro risultano identici. Va così rattrappendosi la molteplicità dei modi temporali costruiti fin dall’inizio della storia della nostra specie. A differenza delle religioni o delle ideologie politiche che, pur essendo intolleranti le une verso le altre, ammettono al loro interno ampie variazioni, la civilizzazione ipermoderna – ovvero la crescita esponenziale — consente solo differenze irrilevanti da un paese ad un altro; mentre il calcolo scientifico, come il gioco degli scacchi, non ne consente nessuna.