Capitalism vs. the Climate

Posted: Dicembre 15th, 2011 | Author: | Filed under: Earth | Commenti disabilitati su Capitalism vs. the Climate

by Naomi Klein

1. Reviving and Reinventing the Public Sphere

After years of recycling, carbon offsetting and light bulb changing, it is obvious that individual action will never be an adequate response to the climate crisis. Climate change is a collective problem, and it demands collective action. One of the key areas in which this collective action must take place is big-ticket investments designed to reduce our emissions on a mass scale. That means subways, streetcars and light-rail systems that are not only everywhere but affordable to everyone; energy-efficient affordable housing along those transit lines; smart electrical grids carrying renewable energy; and a massive research effort to ensure that we are using the best methods possible.

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Marazzi

Posted: Dicembre 12th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Marazzi

di Christian Marazzi: La bolla dell’insubordinazione

La crisi del capitalismo finanziario che si è imposto negli ultimi trent’anni è speculare alla crisi del rapporto tra capitale e lavoro che ha siglato la fine del regime fordista d’accumulazione e la transizione verso un capitalismo caratterizzato dalla centralità della rendita rispetto alle variabili «reali» dell’economia, ossia salario, prezzo e profitto. La finanziarizzazione dell’economia prende avvio negli anni Settanta con la deregolamentazione dei mercati dei cambi che ha fatto seguito alla rottura degli accordi di Bretton Woods, si sviluppa con la deregolamentazione dei mercati finanziari con la nascita dei mercati obbligazionari ai quali gli Stati si rivolgono per finanziare i propri debiti pubblici, si espande ulteriormente alla fine degli anni Ottanta con lo sviluppo dei mercati dei prodotti derivati e, dalla metà degli anni Novanta a oggi, con la globalizzazione dei mercati monetari e finanziari. «Ma l’elemento più impressionante – scrive François Morin nel suo Un mondo senza Wall Street? – è senza alcun dubbio la rapidità con la quale i mercati di copertura si sono sviluppati. Nel 1987, sui mercati delle opzioni e dei futures il volume degli scambi era pari a 1,7 teradollari (T$), mentre alla fine 2009 aveva raggiunto i 426,7 T$. Se si eccettuano i Cds che sono passati da 0,9 T$ nel 2001 a 62,1 T$ nel 2007, prima di calare di nuovo a 30,4 T$ nel 2009, questa folgorante espansione non è stata arrestata dalla crisi». La creazione di liquidità, in altre parole, è praticamente illimitata e lubrifica una finanza di mercato in cui i rischi legati ai più diversi prodotti finanziari sono tra loro tutti correlati, dando origine a processi contagiosi che alimentano una bolla dopo l’altra, dalla bolla internet a quella dei subprime alla bolla dei debiti sovrani. È infatti nella natura stessa dei mercati finanziari il fatto di essere intrinsecamente instabili, soggetti cioè a processi autoreferenziali, tali per cui l’aumento del prezzo di un attivo finanziario non provoca la riduzione della sua domanda, bensì l’opposto, ossia un ulteriore aumento della domanda, facilitato dall’accesso al credito.

L’autonomizzazione della finanza dall’economia reale è l’altra faccia dell’autonomizzazione del capitale dal rapporto diretto tra capitale e lavoro salariato, quel processo che vede il capitale colonizzare sempre nuove «terre vergini», sussumendo prima il lavoro salariato alla finanza e al debito, poi i beni comuni di intere popolazioni attraverso la privatizzazione dei debiti pubblici e, infine, la stessa sovranità degli Stati. È un processo sincopatico, fatto di alternanza tra espansione e contrazione, che nel corso degli ultimi decenni ha visto la biforcazione tra tassi di profitto e tassi di accumulazione, con i primi in costante aumento e i secondi stagnanti, se non regressivi. Gli aumenti dei profitti si effettuano attraverso tagli di salari e occupazione, flessibilizzazione del lavoro e esternalizzazione dei processi di estrazione/appropriazione del valore prodotto nella sfera della circolazione del capitale. In questo movimento espansivo del capitale i beni comuni vengono «recintati», ossia privatizzati, generando esclusione e povertà. L’accumulazione del capitale si effettua a mezzo di esclusione, di sfruttamento non remunerato della vita, di «disoccupazione attiva». Si effettua attraverso la generalizzazione dei rapporti di debito/credito all’intero ciclo di vita del capitale e della forza-lavoro. Di fatto, il capitalismo finanziario è, come ha scritto Maurizio Lazzarato, una vera e propria «fabbrica dell’uomo indebitato».

Nella configurazione odierna del capitalismo finanziario i margini di riforma, di «riregolamentazione[ dei mercati, di ristrutturazione del debito privato e sovrano, sono estremamente ridotti. La rivendicazione del «diritto all’insolvenza» ha infatti senso come obiettivo di uscita dal capitalismo, come processo di insubordinazione dal basso che deve trovare in sé le forme della propria autodeterminazione. La posta in palio non è il fallimento di un paese o di un altro, dato che la finanziarizzazione ha ormai raggiunto un tale livello di interdipendenza da rendere pressoché impossibile qualsiasi riduzione del debito senza effetti devastanti per tutti. La posta in palio è la costruzione di un contro-potere costituente interno ai processi di mobilitazione sociale.

Audiodell’INTERVENTO DI MARAZZI AL SEMINARIO Oltre il welfare verso il commonfare, Milano 3 dicembre 2011


nuda vita

Posted: Dicembre 11th, 2011 | Author: | Filed under: au-delà, Marx oltre Marx | Commenti disabilitati su nuda vita

Il “nudo” e il “sacro”. La biopolitica di Giorgio Agamben
nov21 by sentierierranti

di Fabio Milazzo

“La storia della ratio governamentale, la storia della ragione governamentale e la storia delle contro condotte che le si sono opposte non possono essere dissociate l’una dall’ altra.”

Michel Foucault, “Sicurezza, territorio e popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978), p.365.

Un concetto.

Nel 1979 Michel Foucault rese celebre il concetto di “biopolitica” dedicandogli un intero corso al Collège de France[1].

Durante il ciclo di lezioni Foucault cercò di dimostrare la correlazione tra il liberalismo, l’economia e il governo. L’economia, con il liberalismo, diventa il paradigma orientante le pratiche di governo.

“ Mi sembra che l’analisi della biopolitica non si possa fare senza aver compreso il regime generale di questa ragione governamentale di cui vi sto parlando, regime generale che si può chiamare questione di verità, in primo luogo della verità all’interno della ragione governamentale, e di conseguenza se non si comprende bene di che cosa si tratta in questo regime che è il liberalismo, (…) e una volta che avremo saputo che cos’è questo regime governamentale chiamato liberalismo potremo sapere cos’è la biopolitica”[2].

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intervista a Toni Negri

Posted: Dicembre 10th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su intervista a Toni Negri

“La representación es la ausencia de la participación”

Intervista a TONI NEGRI di VERONICA GAGO

En conversación con el filósofo italiano Toni Negri en Buenos Aires, tras su paso por el ciclo Debates y Combates, los rastros de la crisis global se proyectan como crisis de la democracia representativa en el continente europeo, creador de esa fórmula de gobierno hace siglos. Sin embargo, más allá de los encantos de la filosofía, el punto de partida para Negri es firme: son las experiencias sociales las que crean el pensamiento. En esa estela, antepone su entusiasmo con el movimiento estudiantil chileno, frente al cual dio una conferencia en una universidad ocupada hace una semana, y con el movimiento de “indignados” de España, donde estuvo un mes atrás. Para este intelectual ya convertido en visitante asiduo de Argentina, se trata de auspiciar una época de transición en la cual la pasión democrática común rompa y vaya más allá de los bloqueos que impone la democracia representativa. El acelerado escenario de crisis del antiguamente llamado Primer Mundo pone un tono de urgencia a estas discusiones.

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Marazzi

Posted: Dicembre 10th, 2011 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx | Commenti disabilitati su Marazzi

Ciò a cui oggi assistiamo è una forma rinnovata di allocazione di ricchezza come monetizzazione del comune. La crisi europea è l’esito dell’ avvitamento della finanziarizzazione che ha portato alla situazione dei debiti sovrani che rapidamente determina una de-europeizzazione.Un probabile scenario è l’ uscita dall’euro della Germania e anche i grandi istituti bancari e le multinazionali disegnano questo scenario.

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appello “Un’altra strada per l’Europa”

Posted: Dicembre 10th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 4 Comments »

Un appello europeo da Firenze

10/12/2011

“Un’altra strada per l’Europa”. Il forum “La via d’uscita”, che si è svolto il 9 dicembre al teatro Puccini su iniziativa di Sbilanciamoci, Rete@sinistra, il manifesto e Lavoro e Libertà, lancia un appello internazionale. All’interno, il testo e i link a tutti i materiali dell’incontro.

Tutto esaurito il 9 dicembre a Firenze al Teatro Puccini. 800 persone per tutta la giornata hanno partecipato al Forum “La via d’uscita” promosso da Rete@sinistra, Sbilanciamoci, Il Manifesto e Lavoro e libertà. Gli interventi – molto attesi – di Rossana Rossanda hanno aperto e concluso l’incontro, in mezzo una fitta serie di proposte su che si può fare per l’Europa, per trovare alternative alle misure del governo Monti, per riaprire spazi di democrazia. L’incontro si è concluso con la proposta di un appello europeo, lanciato e firmato dai relatori e da oggi aperto alla raccolta di firme. Ne pubblichiamo qui integralmente il testo.

Proposta di Appello Europeo per “Un’altra strada per l’Europa”

La crisi dell’Europa è l’esaurirsi di un percorso fondato sul neoliberismo e sulla finanza. Negli ultimi vent’anni il volto dell’Europa è stato il mercato e la moneta unica, liberalizzazioni e bolle speculative, perdita di diritti ed esplodere delle disuguaglianze. Alla crisi finanziaria, le autorità europee e i governi nazionali hanno dato risposte irresponsabili: hanno rifiutato di intervenire con gli strumenti dell’Unione monetaria per arginare la crisi, hanno imposto a tutti i paesi politiche di austerità e tagli di bilancio, che saranno ora inseriti nei trattati europei. I risultati sono che la crisi finanziaria si estende a quasi tutti i paesi, l’euro potrebbe saltare, si profila una nuova grande depressione, c’è il rischio della disintegrazione dell’Europa.

L’Europa può sopravvivere soltanto se cambia strada. Un’altra Europa può essere possibile, se prende il volto del lavoro, dell’ambiente, della democrazia, della pace, di più integrazione. È la strada indicata da una parte importante della cultura e della società europea, dai movimenti per la giustizia, dalle proteste in tutti i paesi contro le politiche di austerità dei governi. È una strada che non ha ancora trovato un’eco tra le forze politiche europee.

La strada per un’altra Europa deve far convergere le visioni di cambiamento, le proteste sociali, le politiche nazionali ed europee verso un quadro comune. Proponiamo cinque obiettivi da cui partire:

Ridimensionare la finanza. La finanza – all’origine della crisi – dev’essere messa nelle condizioni di non devastare più l’economia. L’Unione monetaria dev’essere riorganizzata e deve garantire collettivamente il debito pubblico dei paesi che adottano l’euro; non può essere accettato che il peso del debito distrugga l’economia dei paesi in difficoltà. Tutte le transazioni finanziarie devono essere tassate, devono essere ridotti gli squilibri prodotti dai movimenti di capitale, una regolamentazione più stretta deve impedire le attività più speculative e rischiose, si deve creare un’agenzia di rating pubblica europea.

Integrare le politiche economiche. Oltre a mercato e moneta servono politiche comuni in altri ambiti, che sostituiscano il Patto di Stabilità e Crescita, riducano gli squilibri, cambino la direzione dello sviluppo.
In campo fiscale occorre armonizzare la tassazione in Europa, spostando il carico fiscale dal lavoro alla ricchezza e alle risorse non rinnovabili, con nuove entrate che finanzino la spesa a livello europeo. La spesa pubblica – a livello nazionale e europeo – dev’essere utilizzata per rilanciare la domanda, difendere il welfare, estendere le attività e i servizi pubblici.
Le politiche industriali e dell’innovazione devono orientare produzioni e consumi verso maggiori competenze dei lavoratori, qualità e sostenibilità. Gli eurobond devono essere introdotti non per rifinanziare il debito, ma per finanziare la riconversione ecologica dell’economia europea, con investimenti capaci di creare occupazione e tutelare l’ambiente.

Aumentare l’occupazione, tutelare il lavoro, ridurre le disuguaglianze.I diritti del lavoro e il welfare sono elementi costitutivi dell’Europa. Dopo decenni di politiche che hanno creato disoccupazione, precarietà e impoverimento, e hanno riportato le disuguaglianze in Europa ai livelli degli anni trenta, ora serve mettere al primo posto sia la creazione di un’occupazione stabile, di qualità, con salari più alti e la tutela dei redditi più bassi che la democrazia e la contrattazione collettiva.

Proteggere l’ambiente.La sostenibilità, l’economia verde, l’efficienza nell’uso delle risorse e dell’energia devono essere il nuovo orizzonte dello sviluppo europeo. Tutte le politiche devono tener conto degli effetti ambientali, ridurre il cambiamento climatico e l’uso di risorse non rinnovabili, favorire le energie pulite, le produzioni locali, la sobrietà dei consumi.

Praticare la democrazia. La forme della democrazia rappresentativa e della democrazia solciale attraverso partiti, rappresentanza sociale e governi nazionali, sono sempre meno capaci di dare risposte ai problemi. A livello europeo, la crisi toglie legittimità alle burocrazie – Commissione e Banca centrale – che esercitano poteri senza risponderne ai cittadini, mentre il Parlamento europeo non ha ancora un ruolo adeguato. In questi decenni la società civile europea ha sviluppato movimenti sociali e pratiche di democrazia partecipativa e deliberativa – dalle mobilitazioni dei Forum sociali alle proteste degli indignados in molti paesi – che hanno dato ai cittadini la possibilità di essere protagonisti. Queste esperienze hanno bisogno di una risposta istituzionale. Occorre superare il divario tra i cambiamenti economici e sociali di oggi e gli assetti istituzionali e politici che sono fermi a un’epoca passata. L’inclusione sociale e politica dei migranti è una condizione imprescindibile di promozione della convivenza civile e rappresenta un’opportunità per l’inclusione dell’area europea dei movimenti dell’Africa mediterranea che hanno rovesciato regimi autoritari.

Fare la pace. L’integrazione europea ha consentito di superare molti conflitti, ma l’Europa resta responsabile della presenza di armi nucleari e di un quinto della spesa militare mondiale: 316 miliardi di dollari nel 2010. Con gli attuali problemi di bilancio, drastici tagli e razionalizzazioni della spesa militare sono indispensabili. L’Europa deve costruire la pace intorno a sé con una politica di sicurezza umana anziché di proiezione di forza militare. L’Europa si deve aprire alle nuove democrazie del Medio oriente, così come si era aperta ai paesi dell’Europa dell’est. Si deve aprire ai migranti riconoscendo i diritti di tutti i cittadini del mondo.
Le mobilitazioni dei cittadini, le esperienze della società civile, del sindacato e dei movimenti che hanno costruito quest’orizzonte diverso per l’Europa devono ora trovare ascolto nelle forze politiche e nelle istituzioni nazionali ed europee.
Trent’anni fa, all’inizio della “nuova guerra fredda” tra est e ovest, l’Appello per il disarmo nucleare europeo lanciava l’idea di un’Europa libera dai blocchi militari e chiedeva di “cominciare ad agire come se un’Europa unita, neutrale e pacifica già esistesse”. Oggi, nella crisi dell’Europa della finanza, dei mercati, della burocrazia, dobbiamo lanciare l’idea e le pratiche di un’Europa egualitaria, di pace, verde e democratica.

Primi firmatari (relatori e organizzatori dell’incontro di Firenze):

Rossana Rossanda, Maurizio Landini, Paul Ginsborg, Luigi Ferrajoli, Mario Pianta, Massimo Torelli, Gabriele Polo, Giulio Marcon, Guido Viale, Annamaria Simonazzi, Norma Rangeri, Donatella Della Porta, Alberto Lucarelli, Mario Dogliani, Tania Rispoli, Claudio Riccio, Gianni Rinaldini, Chiara Giunti, Domenico Rizzuti e Vilma Mazza.

Per adesioni:info@reteasinistra.it

• Gli interventi della giornata si possono vedere e ascoltare sul sito di globalproject.info:

Prima sessione. La via d’uscita. L’Europa e l’Italia, crisi economica e democrazia
Seconda sessione. Italia, le alternative all’austerità, al debito, per il lavoro
Terza sessione. La democrazia, la politica
Conclusioni

• La sintesi degli interventi della giornata si può leggere sul sito di peacereporter.it

La riproduzione di quest’articolo è autorizzata a condizione che sia citata la fonte: sbilanciamoci.info


Jacques Rancière

Posted: Dicembre 10th, 2011 | Author: | Filed under: au-delà, kunst | Commenti disabilitati su Jacques Rancière

«La rupture, c’est de cesser de vivre dans le monde de l’ennemi»

Interview avec «Aisthesis», le philosophe Jacques Rancière trace une contre-histoire de la modernité et pointe la contradiction politique qui est au cœur de celle-ci.

Par ERIC LORET

Cette interview est la version longue et illustrée de celle parue dans le «Cahier Livres» du 17 novembre.

Chaque chapitre d’Aisthesis, le nouvel essai de Jacques Rancière, commence par un texte critique. Tantôt plus canonique, avec Winckelmann à propos du torse du Belvédère, tantôt beaucoup moins : ainsi quand Théodore de Banville étudie les frères Hanlon Lees, stars du mime autour de 1879. Il y a aussi : Mallarmé écrivant sur la Loïe Fuller, Maeterlinck sur le Solness d’Ibsen, le dossier de presse de la Sixième Partie du monde de Dziga Vertov (1926), etc. Quatorze «scènes» que Jacques Rancière explore dans ce livre majeur, fourmillant, où l’on apprend à chaque page (par exemple, à faire tenir des enfants-oiseaux sur le dos d’un hippopotame ; ou, plus difficile, comment passer d’un vase de Gallé à Die Glückliche Hand de Schonberg) et qui déroule une pensée politique toujours aussi décapante. L’auteur nous recevait chez lui la semaine dernière pour commenter son essai.

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Giorgio Agamben e l’“homo sacer”

Posted: Dicembre 7th, 2011 | Author: | Filed under: comune, Marx oltre Marx | Commenti disabilitati su Giorgio Agamben e l’“homo sacer”

di Marco Pacioni

L’estrema versatilità disciplinare e tematica ha potuto disorientare per un po’ i lettori di Giorgio Agamben, renderli perplessi riguardo gli obiettivi ai quali mirava la sua opera. Si pensi, ad esempio, all’apparente eclettismo del suo secondo libro, Stanze. La parola e il fantasma nella cultura occidentale (Einaudi 2011, prima ed. 1977), che si interroga sul rapporto tra poesia e critica passando per la lirica provenzale (da cui deriva il titolo), la melanconia di Dürer, Baudelaire, Freud, Marx, Heidegger (a lui il libro è dedicato), per personaggi e miti come Odradek, Beau Brummel, Edipo, Narciso, Pigmalione, la Sfinge. Analoghe considerazioni si potrebbero fare per Infanzia e storia. Distruzione dell’esperienza e origine della storia (Einaudi 2001, prima ed. 1978), raccolta di saggi di estetica, antropologia culturale, teoria della storia che spaziano da Hegel a Heidegger, da Lévi-Strauss a Benveniste, da Adorno a Benjamin. Ma chi sulla base di un’apparente dispersione pensava che Agamben fosse un pensatore capace soltanto di grandi exploits, un disseminatore di spunti accattivanti privo di sistematicità si è dovuto ricredere.

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L’uomo in debito

Posted: Dicembre 7th, 2011 | Author: | Filed under: critica dell'economia politica, Marx oltre Marx | Commenti disabilitati su L’uomo in debito

La fabbrica dell’uomo indebitato*

di Maurizio Lazzarato

In Europa la lotta di classe, così come è accaduto in altre regioni del mondo, si manifesta e si concentra oggi intorno al debito. La crisi del debito minaccia anche gli Stati Uniti e il mondo anglosassone, paesi dai quali ha avuto origine non solo l’ultimo crollo finanziario, ma anche e soprattutto il neoliberismo. La relazione creditore-debitore, che definisce il rapporto di potere specifico della finanza, intensifica i meccanismi dello sfruttamento e del dominio in maniera trasversale, perché non fa alcuna distinzione tra lavoratori e disoccupati, consumatori e produttori, attivi e inattivi. Tutti sono dei «debitori», colpevoli e responsabili di fronte al capitale, che si manifesta come il Grande Creditore, il Creditore universale. Una delle questioni politiche maggiori del neoliberismo è ancora, come illustra senza ambiguità la «crisi» attuale, quella della proprietà, poiché la relazione creditore-debitore esprime un rapporto di forza tra proprietari (del capitale) e non proprietari (del capitale). Attraverso il debito pubblico, la società intera è indebitata, cosa che non impedisce, ma anzi esaspera «le diseguaglianze», che è tempo di chiamare «differenze di classe».

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The Shock Doctrine

Posted: Dicembre 7th, 2011 | Author: | Filed under: crisi sistemica | Commenti disabilitati su The Shock Doctrine

http://www.youtube.com/watch?v=ScQO1txA57o