Edu-factory

Posted: Settembre 27th, 2011 | Author: | Filed under: postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Edu-factory

Edu-Factory Journal: Issue #1 – University Struggles and the System of Measure

The new issue of the Edu-Factory Journal is now available for free download:

University Struggles and the System of Measure

Contents:

Edu-factory collective
University Struggles and the System of Measure

Enda Brophy and Myka Tucker-Abramson
From Utopian Institutions to Global University: Simon Fraser University and Crisis of Canadian Public Education

Lina Dokuzović and Eduard Freudmann
Fortified Knowledge: From Supranational Governance to Translocal Resistance

Victor Jeleniewski Seidler
University Education, Democracy and Markets

Mary Evans
The University of Barclays Bank

Bridget Fowler
The Threat to Academic Autonomy: The Social Role of the Sociological and Literary Canon

Peer Illner
Against Audited Education: The Emergence of an Activist Pedagogy

Editors: Nirmal Puwar, Gerald Raunig and Brett Neilson


eipcp – european institute for progressive cultural policies
a-1060 vienna, gumpendorfer strasse 63b
a-4040 linz, harruckerstrasse 7

contact@eipcp.net
http://www.eipcp.net


vaudou

Posted: Settembre 27th, 2011 | Author: | Filed under: anthropos | Commenti disabilitati su vaudou

TRA MENTE E CORPO

Effetti alchemici di mondi lontani

di Maria Teresa Carbone

Chiude oggi (ma resta visitabile online) la mostra che la Fondation Cartier dedica al «vaudou». Oggetti affascinanti su cui vale la pena riflettere, anche alla luce di scoperte scientifiche recenti.

Al giovane e sorridente guardiano della Fondation Cartier di Parigi che, notando l’espressione piuttosto intimorita di alcuni visitatori della mostra Vaudou (oggi l’ultimo giorno di esposizione, ma resterà virtualmente visibile online all’indirizzo http://www.vaudou-vodun.com ), si avvicina con garbo per rassicurarli – «non c’è da avere paura, sono solo oggetti» – si potrebbe forse utilmente consigliare la lettura di un libro uscito da qualche mese negli Stati Uniti per Rutgers, Sleep Paralysis: Night-mares, Nocebos, and the Mind Body Connection.

[…]


KAFCA

Posted: Settembre 25th, 2011 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo | 9 Comments »

KAFCA @ MACBA (Museo de Arte contemporaneo de Barcelona)

In collaboration with SCEPSI – European School for social imagination
December 1st 2nd 3rd, 2011

[…]

Our intellectual and political task is not to provoke the European insurrection: the insurrection is already provoked by the European Central Bank and by the cowardice and dogmatism of the ruling class of the European countries.

In the unavoidable insurrection that will mark the next decade, we have to introduce a form of organization that supports the potency of collective intelligence; we have to connect this potency with the desire of sociality. General intellect is searching for the erotic and social body that has been lost in the process of virtualization and precarization. Simultaneously, precarious life is looking for collective intelligence that has become fragmented and dispersed.

Connecting knowledge and the social body is the task of SCEPSI (European School for Social Imagination) during the insurrection that is now underway. [read more] [conference program]


Elias Sanbar

Posted: Settembre 25th, 2011 | Author: | Filed under: Palestine | Commenti disabilitati su Elias Sanbar

METAFORE DELL’OGGI

di Marco Dotti

Figure di Palestina in eterno divenire

«Solo ragionando in termini di flussi e movimenti, ci liberiamo dal circolo vizioso delle rivendicazioni genealogiche». Un dialogo con lo scrittore e storico Elias Sanbar, ospite in questi giorni del festival di letteratura e traduzione «Babel».

Lo sradicamento, l’esilio, la separazione, la perdita: è attorno a questi quattro movimenti che, osservava Mahmoud Darwish, si struttura quella che solo in apparenza è una paradossale «presenza dell’assente». Sradicato dalla sua terra, «invisibile» fino al 1949, ogni giorno costretto a ricordare il passato, a immaginarsi un futuro, il «palestinese» ha imparato a proprie spese, come scrive Elias Sanbar, che chi è cacciato da un luogo è contemporaneamente congedato dal tempo.

[…]


through europe

Posted: Settembre 23rd, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 9 Comments »

In difesa di Silvio Berlusconi (e tutta la sua banda di ruffiani predatori e tagliagole)

Written by Franco Berardi Bifo, 22.09.2011

Introduzione

Una banda di criminali sapientemente organizzati si è impadronita del potere mediatico, finanziario e politico, e lo detiene con coraggioso sprezzo del pericolo da quasi un ventennio. Un altro ventennio italiano.
La banda si difende assai bene, da ogni punto di vista. Dispone di enormi capitali coi quali è possibile comprare non solo ville, televisioni, giornali, giudici e favori sessuali, ma anche quel che più conta alla distanza: il voto di una parte consistente del Parlamento e il voto di milioni di elettori. Dispone di avvocati ben pagati, preparati, pronti a tutto. La linea di difesa, in generale è la seguente: non intendo rispondere, non me ne importa niente delle accuse che mi rivolgete, delle rivelazioni giornalistiche e di quel che si pensa di me.

[…]


Communism of Capital?

Posted: Settembre 21st, 2011 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx | Commenti disabilitati su Communism of Capital?

ephemera

theory & politics in organization

Call for Papers for an ephemera Special Issue on:

Communism of Capital?

Issue Editors: Armin Beverungen, Anna-Maria Murtola
and Gregory Schwartz
Deadline for submissions: 29 February 2012

[…]


DOBBIAMO FERMARLI!

Posted: Settembre 20th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 8 Comments »

APPELLO

E’ da più di un anno che in Italia cresce un movimento di lotta diffuso. Dagli operai di Pomigliano e Mirafiori agli studenti, ai precari della conoscenza, a coloro che lottano per la casa, alla mobilitazione delle donne, al popolo dell’acqua bene comune, ai movimenti civili e democratici contro la corruzione e il berlusconismo, una vasta e convinta mobilitazione ha cominciato a cambiare le cose. E’ andato in crisi totalmente il blocco sociale e politico e l’egemonia culturale che ha sostenuto i governi di destra e di Berlusconi. La schiacciante vittoria del sì ai referendum è stata la sanzione di questo processo e ha mostrato che la domanda di cambiamento sociale, democrazia e di un nuovo modello di sviluppo economico, ha raggiunto la maggioranza del Paese.

[…]


indignados

Posted: Settembre 19th, 2011 | Author: | Filed under: comune | Commenti disabilitati su indignados

Dichiarazione dell’Hub Meeting15S di Barcellona, verso il 15Ottobre a Roma

Dichiarazione del Hub Meeting partecipanti 15S

Noi, reti e persone che hanno partecipato al Meeting 15SHub, riunione svoltasi a Barcellona tra il 15 e il 18 settembre, dichiiaramo che

– Rifiutiamo il concetto di austerità per affrontare l’attuale crisi e risolverla, in quanto tale approccio presuppone una gestione autoritaria
e antidemocratica dei beni comuni.

– Denunciamo le politiche di austerità che si traducono in un aumento della diseguaglianza e in un attacco frontale ai fondamenti del welfare e dei diritti conquistati in anni di dure lotte sociali dei movimenti.

– Sottolineamo come, allo stesso tempo, queste politiche di austerità favoriscano interessi economico-finanziari privati, quegli stessi interessi che sono alla base dell’attuale il modello di sviluppo e che ci hanno condotto all’attuale crisi.

[…]


Our Future, Our Money

Posted: Settembre 14th, 2011 | Author: | Filed under: crisi sistemica, critica dell'economia politica | Commenti disabilitati su Our Future, Our Money

“The only way to learn is by doing. [The point is] to learn in order to realize goals that were previously considered as unimaginable”, Michael Hardt and Antonio Negri.

Capitalism is ontologically (and almost economically) dead, thus we do not need the kind of transitory revolutions that characterized the relation of opposition between those who produce real value and those who simply invest capital for production to occur. Another transitory revolution would cause a temporary resurrection of capitalism: indeed, capitalism can exist only if something else, us – or the multitude, continue to fight against it. By contrast, the singularities composing the multitude should have the interest on putting their hands on the dispostifs of the State only for dismantling them. A better strategy is a non-reactionary exodus from capital towards a self sustaining, horizontally developed and cooperation-inducing G/Local multi-currency system.

There is the need for a revolutionary transition. What does this mean?

[…]


Il lungo purgatorio che ci attende

Posted: Settembre 12th, 2011 | Author: | Filed under: BCE, crisi sistemica | 9 Comments »

di Bifo

[…]

“L’operaio tedesco non vuol pagare il conto del pescatore greco.” dicono i pasdaran dell’integralismo economicista. Mettendo lavoratori contro lavoratori la classe dirigente finanziaria ha portato l’Europa sull’orlo della guerra civile. Le dimissioni di Stark segnano un punto di svolta: un alto funzionario dello stato tedesco alimenta l’idea (falsa) che i laboriosi nordici stiano sostenendo i pigri mediterranei, mentre la verità è che le banche hanno favorito l’indebitamento per sostenere le esportazioni tedesche.Per spostare risorse e reddito dalla società verso le casse del grande capitale, gli ideologi neoliberisti hanno ripetuto un milione di volte una serie di panzane, che grazie al bombardamento mediatico e alla subalternità culturale della sinistra sono diventati luoghi comuni, ovvietà indiscutibili, anche se sono pure e semplici contraffazioni. Elenchiamo alcune di queste manipolazioni che sono l’alfa e l’omega dell’ideologia che ha portato il mondo e l’Europa alla catastrofe:

Prima manipolazione:

riducendo le tasse ai possessori di grandi capitali si favorisce l’occupazione. Perché? Non l’ha mai capito nessuno. I possessori di grandi capitali non investono quando lo stato si astiene dall’intaccare i loro patrimoni, ma solo quando pensano di poter far fruttare i loro soldi. Perciò lo stato dovrebbe tassare progressivamente i ricchi per poter investire risorse e creare occupazione. La curva di Laffer che sta alla base della Reaganomics è una patacca trasformata in fondamento indiscutibile dell’azione legislativa della destra come della sinistra negli ultimi tre decenni.

Seconda manipolazione:

prolungando il tempo di lavoro degli anziani, posponendo l’età della pensione si favorisce l’occupazione giovanile. Si tratta di un’affermazione evidentemente assurda. Se un lavoratore va in pensione si libera un posto che può essere occupato da un giovane, no? E se invece l’anziano lavoratore è costretto a lavorare cinque sei sette anni di più di quello che era scritto nel suo contratto di assunzione, i giovani non potranno avere i posti di lavoro che restano occupati. Non è evidente? Eppure le politiche della destra come della sinistra da tre decenni a questa parte sono fondate sul misterioso principio che bisogna far lavorare di più gli anziani per favorire l’occupazione giovanile. Risultato effettivo: i detentori di capitale, che dovrebbero pagare una pensione al vecchietto e un salario al giovane assunto, pagano invece solo un salario allo stanco non pensionato, e ricattano il giovane disoccupato costringendolo ad accettare ogni condizione di precariato.

Terza manipolazione:

Occorre privatizzare la scuola e i servizi sociali per migliorarne la qualità grazie alla concorrenza. L’esperienza trentennale mostra che la privatizzazione comporta un peggioramento della qualità perché lo scopo del servizio non è più soddisfare un bisogno pubblico ma aumentare il profitto privato. E quando le cose cominciano a funzionare male, come spesso accade, allora le perdite si socializzano perché non si può rinunciare a quel servizio, mentre i profitti continuano a essere privati.

Quarta manipolazione:

I salari sono troppo alti, abbiamo vissuto al disopra dei nostri mezzi dobbiamo stringere la cinghia per essere competitivi. Negli ultimi decenni il valore reale dei salari si è ridotto drasticamente, mentre i profitti si sono dovunque ingigantiti. Riducendo i salari degli operai occidentali grazie alla minaccia di trasferire il lavoro nei paesi di nuova industrializzazione dove il costo del lavoro era e rimane a livelli schiavistici, il capitale ha ridotto la capacità di spesa. Perché la gente possa comprare le merci che altrimenti rimangono invendute, si è allora favorito l’indebitamento in tutte le sue forme. Questo ha indotto dipendenza culturale e politica negli attori sociali (il debito agisce nella sfera dell’inconscio collettivo come colpa da espiare), e al tempo stesso ha fragilizzato il sistema esponendolo come ora vediamo al collasso provocato dall’esplodere della bolla.

Quinta manipolazione:

l’inflazione è il pericolo principale, al punto che la Banca centrale europea ha un unico obiettivo dichiarato nel suo statuto, quello di contrastare l’inflazione costi quel che costi.

Cos’è l’inflazione? E’ una riduzione del valore del denaro o piuttosto un aumento dei prezzi delle merci. E’ chiaro che l’inflazione può diventare pericolosa per la società, ma si possono creare dei dispositivi di compensazione (come era la scala mobile che in Italia venne cancellata nel 1984, all’inizio della gloriosa “riforma” neoliberista). Il vero pericolo per la società è la deflazione, strettamente collegata alla recessione, riduzione della potenza produttiva della macchina collettiva. Ma chi detiene grandi capitali, piuttosto che vederne ridotto il valore dall’inflazione, preferisce mettere alla fame l’intera società, come sta accadendo adesso. La Banca europea preferisce provocare recessione, miseria, disoccupazione, impoverimento, barbarie, violenza, piuttosto che rinunciare ai criteri restrittivi di Maastricht, stampare moneta, dando così fiato all’economia sociale, e cominciando a redistribuire ricchezza. Per creare l’artificiale terrore dell’inflazione si agita lo spettro (comprensibilmente temuto dai tedeschi) degli anni ’20 in Germania, come se causa del nazismo fosse stata l’inflazione, e non la gestione che dell’inflazione fece il grande capitale tedesco e internazionale.

Ora tutto sta crollando, è chiaro come il sole. Le misure che la classe finanziaria sta imponendo agli stati europei sono il contrario di una soluzione: sono un fattore di moltiplicazione del disastro. Il salvataggio finanziario viene infatti accompagnato da misure che colpiscono il salario (riducendo la domanda futura), e colpiscono gli investimenti nella istruzione e nella ricerca (riducendo la capacità produttiva futura), quindi immediatamente inducono recessione. La Grecia ormai lo dimostra. Il salvataggio europeo ne ha distrutto le capacità produttive, privatizzato le strutture pubbliche demoralizzato la popolazione. Il prodotto interno lordo è diminuito del 7% e non smette di crollare. I prestiti vengono erogati con interessi talmente alti che anno dopo anno la Grecia sprofonda sempre più nel debito, nella colpa, nella miseria e nell’odio antieuropeo. La cura greca viene ora estesa al Portogallo, alla Spagna, all’Irlanda, all’Italia. Il suo unico effetto è quello di provocare uno spostamento di risorse dalla società di questi paesi verso la classe finanziaria. L’austerità non serve affatto a ridurre il debito, al contrario, provoca deflazione, riduce la massa di ricchezza prodotta e di conseguenza provocherà un ulteriore indebitamento, fin quando l’intero castello crollerà.

A questo i movimenti debbono essere preparati. La rivolta serpeggia nelle città europee. In qualche momento, nel corso dell’ultimo anno, ha preso forma in modo visibile, dal 14 dicembre di Roma Atene e Londra, all’acampada del maggio-giugno di Spagna, fino alle quattro notti di rabbia dei sobborghi d’Inghilterra. E’ chiaro che nei prossimi mesi l’insurrezione è destinata a espandersi, a proliferare. Non sarà un’avventura felice, non sarà un processo lineare di emancipazione sociale.

La società dei paesi è stata disgregata, fragilizzata, frammentata da trent’anni di precarizzazione, di competizione selvaggia nel campo del lavoro, e da trent’anni di avvelenamento psicosferico prodotto dalle mafie mediatiche, gestite da criminali come Berlusconi e Murdoch.

L’insurrezione che viene sarà un processo non sempre allegro, spesso venato da fenomeni di razzismo, di violenza autolesionista. Questo è l’effetto della desolidarizzazione che il neoliberismo e la politica criminale della sinistra hanno prodotto nell’esercito proliferante e frammentato del lavoro.

Nei prossimi cinque anni possiamo attenderci un diffondersi di fenomeni di guerra civile interetnica, come già si è intravisto nei fumi della rivolta inglese, ad esempio negli episodi violenti di Birmingham. Nessuno potrà evitarlo, e nessuno potrà dirigere quell’insurrezione, che sarà un caotico riattivarsi delle energie del corpo della società europea troppo a lungo compresso, frammentato e decerebrato.

Il compito che i movimenti debbono svolgere non è provocare l’insurrezione, dato che questa seguirà una dinamica spontanea e ingovernabile, ma creare (dentro l’insurrezione o piuttosto accanto, in parallelo) le strutture conoscitive, didattiche, esistenziali, psicoterapeutiche, estetiche, tecnologiche e produttive che potranno dare senso e autonomia a un processo in larga parte insensato e reattivo.

Nell’insurrezione ma anche fuori di essa dovrà crescere il movimento di reinvenzione d’Europa, ponendosi come primo obiettivo l’abbattimento dell’Europa di Maastricht, il disconoscimento del debito e delle regole che l’hanno generato e lo alimentano, e lavorando alla creazione di luoghi di bellezza e di intelligenza, di sperimentazione tecnica e politica.

La caduta d’Europa (inevitabile) non sarà un fatto da salutare con gioia, perché aprirà la porta a processi di violenza nazionalista e razzista. Ma l’Europa di Maastricht non può essere difesa.

Compito del movimento sarà proprio riarticolare un discorso europeo basato sulla solidarietà sociale, sull’egualitarismo, sulla riduzione del tempo di lavoro, sulla redistribuzione della ricchezza, sull’esproprio dei grandi capitali, sulla cancellazione del debito, e sulla nozione di sconfinamento, di superamento della territorialità della politica.

Abolire Maastricht, abolire Schengen, per ripensare l’Europa come forma futura dell’internazionale, dell’uguaglianza e della libertà (dagli stati, dai padroni e dai dogmi)

E’ probabile che il prossimo passaggio dell’insurrezione europea abbia come scenario l’Italia.

Mentre Berlusconi ci ipnotizza con i suoi funambolismi da vecchio mafioso, eccitando l’indignazione legalitaria, Napolitano ci frega il portafoglio. La divisione del lavoro è perfetta. Gli indignati d’Italia credono che basti ristabilire la legalità perché le cose si rimettano a funzionare decentemente, e credono che i diktat europei siano la soluzione per le malefatte della casta mafiosa italiana. Dopo trent’anni di Minzolini e Ferrara non ci dobbiamo meravigliare che si possa credere a favole di questo genere. Il Purgatorio che ci aspetta è invece più complicato e lungo.

Dovremo forse passare attraverso un’insurrezione legalitaria che porterà al disastro di un governo della Banca centrale europea impersonato da un banchiere o da un confindustriale osannato dai legalitari.

Sarà quel governo a distruggere definitivamente la società italiana, e i prossimi anni italiani saranno peggiori dei venti che abbiamo alle spalle. E’ meglio saperlo.

Ed è anche meglio sapere che una soluzione al problema italiano non si trova in Italia, ma forse (e sottolineo forse) si troverà nell’insurrezione europea.

10 settembre 2011