Posted: Aprile 28th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:comune, Marx oltre Marx, Révolution | Commenti disabilitati su Tra Foucault e Tommaso (Müntzer): una replica ad Asor Rosa
di MARCO ASSENNATO
Alberto Asor Rosa ha dedicato un lungo articolo – sul Il manifesto del 27 aprile – di critica al “Manifesto per un soggetto politico nuovo”, che già aveva suscitato un’accesa discussione sulle pagine dello stesso quotidiano. Franchezza per franchezza: non è tanto sulla valutazione da darsi dell’ipotesi di fondare un nuovo partito – sulla scorta del manifestino dei beni comuni – che trovo interessante porre questioni. Non saprei dire, infatti, se mi preoccupa di più il contenuto di quella proposta politica o il contenuto delle repliche polemiche che ha suscitato. Mi interessa invece, e m’interroga, l’arco di argomentazioni che Asor pone per giustificare la sua critica, poiché mi pare coincidere con altre e sempre più diffuse “pose” argomentative sulla sinistra italiana. La passione dello storico chiama Asor Rosa a rammentarci per intero la raccomandazione di Gramsci sull’ottimismo della volontà e il pessimismo della ragione: un modo per dire che non s’ha bisogno, per trasformare il mondo, di “ridicoli fantasticatori” pronti ad esaltarsi ad ogni sciocchezza o deprimersi di fronte all’orrore, quanto piuttosto “d’uomini sobri, pazienti” capaci d’una analisi realistica dei contesti e d’una azione all’altezza del tempo dato. Ecco. Sempre più spesso (e me ne sfugge la ragione) in Italia si ragiona iniziando così, quando s’affronta il nodo politica istituzionale – movimenti. Penso ad esempio a molti e differenti articoli apparsi su Alfabeta2, insomma all’impostazione complessiva di quel dibattito, come ad alcuni accenti della discussione sul manifesto. Sempre così inizia il ragionamento: vi sarebbe da una parte la nebulosa degli “esaltati”, “sognatori” – a volte definiti persino “saturnini” – e dall’altra quella degli “uomini sobri”, “realistici”, “pragmatici”. D’un lato lo svolazzo ideologico, dall’altro la paziente ricostruzione di fatti e situazioni concrete. Poi, questi due tipi, vengono pian piano lasciati scivolare sino a sovrapporsi da una parte sui “movimentisti” che tutto criticano ma nulla cambiano e d’altro canto su chi si pone – certo realisticamente! – il problema del partito, della rappresentanza e delle elezioni. In modo più o meno esplicito – qui Asor Rosa ha il merito di non nascondersi dietro a un dito e nominare oltre al peccato, anche il peccatore – l’ideologo dei primi sarebbe Toni Negri (insieme a Michael Hardt) e l’ideologia in questione starebbe dentro alla parola “comune”, alla quale viene appiccicata una presunta matrice tomistica o teologico-cristiana. Adesso: su pragmatici e sognatori vorrei muovere qualche perplessità; e sulla coincidenza tra “beni comuni” e “comune” qualche altra, come del resto sulla presenza e sul ruolo effettivi di Toni Negri e Michael Hardt (che potranno certo smentire) alla regia della proposta di costituzione di un nuovo partito politico mossa da Ugo Mattei, Marco Revelli e altri.
Posted: Aprile 26th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:crisi sistemica, Révolution | Commenti disabilitati su URSS, il continente scomparso
di Mario Tronti
Dal capitalismo al socialismo e ritorno. «L’esperimento profano» di Rita Di Leo ripercorre controcorrente il fiume di una storia rimossa, che illumina lo scontro di oggi fra politica ed economia
Siamo malati di anniversari. Se non ci fossero, per i giornali, bisognerebbe inventarli. E infatti spesso se ne inventano. E altrettanto spesso se ne nascondono. E’ passato tutto intero il 2011 e nessuno, o quasi, si è ricordato che, esattamente vent’anni prima, era accaduto quell’evento che si chiama «fine dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche”. Si può non avere simpatia per il presidente Putin e in effetti non ne suscita in gran quantità, ma ha detto almeno una volta la cosa essenziale e cioè che la caduta dell’Urss è stata la più grande catastrofe geopolitica del Novecento. Le futili vicende che abbiamo vissuto da allora, mascherate da improbabili accadimenti epocali, ce lo confermano. Ecco un libro che ci riporta, saltando indietro nel tempo che conta, a una vicenda, «un esperimento», si dice, che ha fatto storia e che non a caso alla sua conclusione ha fatto parlare di fine della Storia. Sto parlando di Rita di Leo, L’esperimento profano, sottotitolo eloquente Dal capitalismo al socialismo e viceversa, Ediesse, Citoyens, Roma 2012.
Il pensiero politico contemporaneo manca del senso del tragico, e si sforza di interpretare la realtà in base a categorie discorsive che non riescono ad agire sugli automatismi tecnici, linguistici, finanziari, e psichici che sempre più spesso conducono al suicidio: il suicidio collettivo della devastazione ambientale, e il suicidio individuale che inghiotte un numero crescente di vite umane. Occorre invece comprendere la tragedia e parlare il suo linguaggio, se si vuole entrare in sintonia con la mutazione profonda che sta attraversando la società. E se si vuole cercare, ammesso che esista, una via d’uscita dall’abisso cui il capitalismo ha destinato la storia dell’umanità.
Posted: Aprile 12th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:Révolution | Commenti disabilitati su Hardt – Holloway
Creating Common Wealth and Cracking Capitalism. A Cross-Reading
Autor(es): Hardt, Michael – Holloway, John
Hardt, Michael Hardt, Michael . Nació en Washington DC en 1960, es un filósofo político y crítico literario, actualmente establecido en la Duke University, Carolina del Norte. Luego de su graduación en ingeniería, comenzó a trabajar para compañías de energía solar en América Latina, pensando que suministrar fuentes de energía alternativa a los países del tercer mundo era la mejor manera de activar políticamente. Finalmente, luego de trabajar para varias ONG en América Central, decidió volver a los EE.UU. y dedicarse a estudiar las posibilidades de cambios sociales y políticos fundamentales en su propio país. En 1990 se doctoró en literatura comparada en la Universidad de Washington. Sus obras más famosas son “Imperio” (2000) y “Multitud: guerra y democracia en la era del imperio” (2004), fueron escritas en colaboración con Antonio Negri. En el 2009 a estas obras se sumará la tercera parte de la trilogía, titulada “Commonwealth”. Michael Hardt es también autor de “Gilles Deleuze: an Apprenticeship in Philosophy” (1993) y “Labor of Dionysus: A Critique of the State Form” (también escrita en colaboración con Antonio Negri, 1994), “Radical Thought in Italy (coeditada con Paolo Virno, 1996), y “The Jameson Reader” (con Kathi Weeks, 2000).
Holloway, JohnHolloway, John. Nació en Dublín, Irlanda. Es abogado, doctor en Ciencias Políticas, egresado de la Universidad de Edimburgo y diplomado en altos estudios europeos en el Collège d’Europe. Es profesor e investigador del Instituto de Ciencias Sociales y Humanidades de la Benemérita Universidad Autónoma de Puebla, México. En la Argentina, con Ediciones Herramienta, ha publicado como autor: Cambiar el mundo sin tomar el poder (2002); Keynesianismo: una peligrosa ilusión (2003); Contra y más allá del capital (2006). Como compilador o coautor: Clase ˜= lucha (2004); Marxismo abierto (2 volúmenes, 2005 y 2007); Negatividad y revolución (2007); Zapatismo (2008); Pensar a contrapelo (2010). Varios de sus libros han sido publicados en inglés, francés, portugués, alemán, italiano, turco, neerlandés, griego, sueco, esloveno, danés, coreano, japonés, polaco y búlgaro. En América Latina existen ediciones en Bolivia, Brasil, México y Venezuela. Chile y Perú tienen obras en preparación. En el Estado Español se suman las Ediciones de Intervención Cultural, de Barcelona. Actualmente, se encuentra en preparación una selección de sus obras dirigidas por el autor y a cargo de Ediciones Capital Intelectual de Buenos Aires.
Posted: Aprile 7th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:anthropos, racisme, Révolution | Commenti disabilitati su J.-P. Sartre: sulla tortura
Nel 1943, in via Lauriston, erano dei francesi a gridare d’angoscia e di dolore.
La Francia intera li udiva. L’esito della guerra non era certo, e non si voleva neppure pensare al futuro; ma una sola cosa ci pareva comunque impossibile: che si sarebbero fatti urlare altri uomini, un giorno, in nostro nome.
Ma impossibile non è francese: nel 1958, ad Algeri, si tortura abitualmente, sistematicamente; tutti lo sanno, da Lacoste ai contadini dell’Aveyron. Nessuno ne parla, o quasi: fili di voce si estinguono, nel silenzio. La Francia non era più muta di oggi sotto l’occupazione; ma aveva almeno la scusa di essere imbavagliata. All’estero, il caso nostro è già giudicato: la Francia continua a degradarsi: dal ’39 secondo alcuni, dal ’18 secondo altri.
Io non credo però così facilmente alla degradazione di un popolo; credo ai suoi marasmi e alle sue ottusità. Durante la guerra, quando la radio inglese o la stampa clandestina ci parlavano dei massacri di Ouradour, guardavamo i soldati tedeschi che passeggiavano per le vie con aria innocua, e ci capitava di osservare tra noi: “Eppure sono uomini che ci rassomigliano: come possono fare quello che fanno?” Eravamo fieri di noi, perché riuscivamo a non capirli.
A più di una settimana dalla conclusione della ristrutturazione del debito greco, può essere utile, a mente più serena, ripercorrere e valutare le tappe che hanno portato ad un vero e proprio default controllato.
Il 9 marzo scorso si è chiuso l’operazione di scambio (swap) di titoli di Stato greci che ha coinvolto i creditori privati. Da un punto di vista tecnico, la maggior parte degli investitori istituzionali e privati, che hanno dato la propria adesione, hanno accettato di cambiare i propri titoli con nuovi titoli di minor valore: in particolare, i vecchi titoli di stato sono stati scambiati con:
a. nuove obbligazioni con scadenze comprese fra il 2023 e il 2042 dal valore nominale complessivo pari al 31,5% dei titoli originariamente in possesso (quindi una svalorizzazione del 68,5%);
b. un warrant (titolo finanziario particolare) emesso dalla repubblica ellenica con importo nominale pari al 31,5% (quindi una svalutazione ancora del 68,5%) e scadenza nel 2042 che darà diritto al pagamento di interessi annuali nel caso in cui la Grecia dovesse osservare il previsto percorso di crescita del Pil.
c. nuovi titoli zero coupon emessi dall’Efsf (Fondo europeo di stabilità finanziaria) con scadenze a 12 e 24 mesi aventi un valore nominale pari al 15% (perdita dell’85%).
In conclusione si è trattata di una riduzione del valore dei titoli di stato greci mediamente pari al 73% del valore nominale. Il risultato è stato un taglio netto del debito greco privato da 206 a 107 miliardi di euro, pari a più di un terzo del debito complessivo.
Tale riduzione ha prevalentemente interessato le grandi banche europee. L’adesione degli istituti di credito all’offerta di concambio è stata, comunque, massiccia. Le 450 aziende rappresentate dalla Institute for International Finance hanno accettato tale taglio su un patrimonio complessivo vicino ai 110 miliardi di euro. Come dire che dalla sera alla mattina hanno cancellato 80 miliardi dall’esposizione di Atene In realtà quasi tutti gli istituti avevano già svalutato in bilancio tra il 50 e il 70% il valore dei loro bond ellenici e di conseguenza lo swap greco ha ridotto ulteriormente il valore patrimoniale dei titoli in questione solo del 10-20%. Tra gli italiani le Generali hanno perso 328 milioni, Intesa Sanpaolo 593 e Unicredit 316 (dati: http://www.iif.com).
Se ci si limitasse a queste brevi osservazioni (come hanno fatto alcuni organi di stampa) potrebbe sembrare che l’onere della ristrutturazione del debito greco tramite il default controllato ricada quasi completamente sulle spalle dei mercati finanziari. Le cose in realtà non stanno affatto così. Vediamo perché.
In primo luogo, occorre notare che il sacrificio vale la candela. Un default disordinato avrebbe non solo azzerato (in sostanza) il valore dei bond greci, ma soprattutto falcidiato quello dei titoli di stato degli altri paesi a rischio come Italia, Spagna e Portogallo. Un’ipotesi da incubo visto che solo le prime 20 banche continentali, per dare un’idea, a dicembre scorso, avevano in portafoglio 381 miliardi di titoli dei cosiddetti Piigs.
In secondo luogo, contemporaneamente alla ristrutturazione del debito greco, le banche europee hanno ottenuto prestiti dalla Banca Centrale Europea per un valore di circa 530 miliardi di euro ad un tasso d’interese minimo, intorno all’1% (con un tasso d’inflazione che si aggira intorno al 2,5-2,8%, per un valore rale negativo): una somma di liquidità che si aggiunge ai circa 480 miliardi già stanziati nello scorso mese di novembre. Di fatto, le banche europee e i principali investitori istituzonali possono contare su nuova liquidità superiore a 1000 miliari di euro!
Tale somma di denaro solo in minima parte è stata utlizzata per finanziare attività di investimento. L’ultimo Bollettino della Banca Centrale d’Italia ha evidenziato come le condizioni di credito per le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, si siano fatte critiche, incrementando forme di restrizione crditizia (credit crunch), nonostante che le principali banche italiano abbiamo usufruito prestiti dalla Bce per un valore pari a 220 miliari di euro (cfr. Bollettino Economico della BdI, Numero 67, Gennaio 2012). Risulta allora evidente come questa liquidità sia stata riinvestita nei mercati speculativi, in particolare nell’acquisto di titoli di stato italiani, spagnoli, irlandesi ecc., oggi acquistabili a prezzi molto ridotti. Non stupisce a fronte di questa situazione il fatto che i differenziali tra i tassi d’interesse (spread) si siano ridotti e gli indici azionari abbiano ripreso a salire.
In terzo luogo, occorre ricordare che il Fondo Europeo Salva Stati e il FMI come contropartita delle politiche di austerity hanno concesso un nuovo prestito di circa 130 miliardi di euro alla Grecia, esclusivamente finalizzato a garantire (dietro commissariamento europeo del bilanco pubblico greco) il pagamento degli interessi promessi sui nuovi titoli di Stato allo stesso sistema bancario.
Sulla base di queste considerazioni, si può facilmente comprendere come lo swap greco, apparantemente sfavorevole alle banche europee, sia stato in realtà una grande affare. Tutto bene, dunque? Niente affatto. Non ci si può infatti dimenticare che nel corso del 2011 e nell’ultima manovra finanziaria di gennaio 2012 (http://uninomade.org/politiche-dausterity-e-ristrutturazione-del-debito-in-grecia/), il popolo greco ha visto un tracollo delle proprie condizioni di vita: taglio di un terzo degli stipendi e un’età pensionabile che sale di dieci anni, disoccupazione giovanile record, che supera il 50%, svendita del patrimonio pubblico, aumento dell’Iva al 23%, taglio dei sussidi sociali, ecc., ecc. Questo il prezzo che i cittadini greci hanno pagato per la crisi che ha investito il paese. Un prezzo che è stato, quindi, imposto per una triplice finalità: garantire il pagamento degli interessi ai creditori che accettano la svalutazione dei titoli di Stato in loro possesso; consentire il nuovo finanziamento da parte del FMI e del Fondo Europeo Salva Stati; infine il commissariamento da parte del FMI dei conti pubblici statali, in altre parole la perdita della sovranità fiscale nazionale.
Il default controllato della Grecia ci insegna due cose: che un debito pubblico può essere ristrutturato se è organizzato dall’alto. E che ora si apre la battaglia perché il defaut possa essere agito dal basso. Al riguardo, lo strumento dell’audit diventa imprescindibile come strumento di agitazione del conflitto.
Posted: Marzo 14th, 2012 | Author:agaragar | Filed under:Révolution | Commenti disabilitati su Osvaldo
15 marzo 1972
Località Cascina Nuova, Segrate, Milano
Ai piedi del traliccio dell’altra tensione n.71, all’alba, viene rinvenuto il corpo di un uomo dilaniato da una carica esplosiva. Dalla carta d’identità che porta con sé, risulta chiamarsi Vincenzo Maggioni. Ventiquattro ore dopo il rinvenimento, gli inquirenti sono però in grado di stabilire che si tratta di Giangiacomo Feltrinelli, militante dei Gruppi d’Azione Partigiana.
NOME DI BATTAGLIA OSVALDO, FORMA LA PRIMA ORGANIZZAZIONE ARMATA CLANDESTINA, CHE COMPARE SULLA SCENA ITALIANA TRA L’APRILE E IL MAGGIO 1970. TRA LA FINE DEL ’70 E L’INIZIO DEL ’71, I GRUPPI D’AZIONE PARTIGIANA SI PROCURANO UN CERTO NUMERO DI RADIO MODIFICATE PER INTERFERIRE SUI CANALI DELLE RETI NAZIONALI, PER POTER COSI’ INCORAGGIARE ALTRI GRUPPI ALL’AZIONE CLANDESTINA.
26 MARZO 1972: IL SALUTO DALLE PAGINE DI POTERE OPERAIO
Un rivoluzionario è caduto
Lo dipingono ora come un isolato, un avventuriero, come un deficiente o come un crudele terrorista. Noi sappiamo che dopo aver distrutto la vita del compagno Feltrinelli ne vogliono infangare e seppellire la memoria – come si fa con i parti mostruosi. Si, perchè feltrinelli ha tradito i padroni, ha tradito i riformisti. Per questo tradimento è per noi un compagno. Per questo tradimento i nostri militanti, i compagni delle organizzazioni rivoluzionarie, gli operai di avanguardia chinano le bandiere rosse segno di lutto per la sua morte. Un rivoluzionario è caduto.potereoperaioe28093feltrinelli
Giangiacomo Feltrinelli è morto. Da vivo era un compagno dei GAP (Gruppi d’Azione Partigiana) – una organizzazione politico-militare che da tempo si è posta il compito di aprire in Italia la lotta armata come unica via per liberare il nostro paese dallo sfruttamento e dall’ingiustizia. A questa determinazione Feltrinelli era arrivato dopo una bruciante e molteplice attività – dalla partecipazione alla guerra di liberazione, alla milizia nel PCI, all’impegno editoriale, alla collaborazione con i movimenti rivoluzionari dell’ America Latina. L’indimenticabile ’68, lo aveva spinto ad un ripensamento di tutta la sua milizia politica; la breve ma intensa confidenza con Castro e Guevara gli forniva gli strumenti teorici attraverso cui analizzare il fallimento storico del riformismo e, ad un tempo, la prospettiva da seguire per una ripresa del movimento rivoluzionario in Europa. La forte passione civile, la rivolta ad ogni forma di sopraffazione e di ingiustizia ( si pensi all’ attenzione con cui ha sempre seguito le rivendicazioni autonomiste delle minoranze linguistiche italiane ) lo spingevano a saltare i tempi, a bruciare le mediazioni. E’ l’inquietudine di cui parla oggi con disprezzo misto a compatimento il <>. In realtà è l’inquietudine che porta con sè ogni uomo che non si adatti a vivere come un bue, che nutre un odio profondo per tutti i cani ed i porci dell’ umanità. Certo nell’azione di questo compagno ci sono stati errori, ingenuità, improvvisazioni. Grave soprattutto ci è sembrata e ci sembra, nel programma politico dei GAP, la sottovalutazione delle lotte operaie, della loro capacità di andare oltre il terreno rivendicativo per porre la questione dei rapporti di forza tra le classi cioè del potere politico. Ma i suoi errori, la sua impazienza, appartengono al movimento rivoluzionario e operaio; <> che da qualche anno migliaia di militanti hanno cominciato a ricostruire dopo decenni di oscurità e di paura. Fanno parte di questo cammino che, come diceva Lenin, non è diritto e piano ma tortuoso e difficile, e dove accanto all’estrema determinazione di percorrerlo non v’è alcuna certezza sui tempi necessari a mandare in rovina lo stato delle cose presenti.
Il compagno Feltrinelli è morto. E gli sciacalli si sono scatenati. Chi lo vuole terrorista e chi vittima. Destra e sinistra fanno il loro mestiere di sempre. Noi sappiamo che questo compagno non è né una vittima, né un terrorista. E’ un rivoluzionario caduto in questa prima fase della guerra di liberazione dello sfruttamento. E’ stato ucciso perchè era un militante dei GAP. E carabinieri, polizia, fascisti esteri e nostrani lo sapevano e lo sanno benissimo. feltrinelligiangiacomoE’ stato ucciso perchè era un rivoluzionario che con pazienza e tenacia, superando abitudini, comportamenti, vizi, ereditati dall’ambiente alto-borghese da cui proveniva, s’era posto sul terreno della lotta armata, costruendo con i suoi compagni i primi nuclei di resistenza proletaria.E’ probabilmente vero che la ricerca affannosa che, da mesi, fascisti e servizi segreti vari avevano scatenato per prendere Feltrinelli, si è intensificata dopo il contributo ulteriormente portato dei GAP nello smascheramento dei mandanti e degli esecutori della strage del dicembre del ’69. E’ probabilmente vero che questo compagno ha commesso, per generosità, errori fatali di imprudenza – cadendo così in un’ imboscata nemica la cui meccanica è a tutt’ oggi oscura. Quello che è certo è che di questo assassinio si sono fatti complici tutti coloro che cercavano un <> per l’attività dei gruppi rivoluzionari. Dal Secolo all’ Unità in una paradossale unità d’intenti dopo la manifestazione del giorno 11 a Milano, tutti hanno latrato : vogliamo il mandante, vogliamo il finanziatore. Come se la lotta di strada, la lotta di piazza avesse bisogno di finanziatori. Le bottiglie <> sono generi di largo consumo nell’ Italia degli anni 70. Costano poche centinaia di lire. Come dire alla portata di qualsiasi militante. Sono le attrezzatissime bande fasciste, sono i giornali di partito senza lettori, sono le costose campagne di pubblicità elettorale, sono i mastodontici apparati di Partito che richiedono e trovano i finanziamenti di Cefis, di Agnelli, di Borghi, di Ravelli – oltrechè il generoso contributo delle casse statali e parastatali. Comunque loro – destra e sinistra – volevano il mandante, il finanziatore. Fascisti e servizi segreti glielo hanno trovato. Un cadavere straziato di un pericoloso rivoluzionario che aveva deciso di far sul serio è diventato utile per la bisogna – perchè era Giangiacomo Feltrinelli discendente di una delle famiglie più ricche del paese. Ed i giornali della borghesia si sono affrettati a sputare sopra il cadavere. Con tutto l’odio che si sente per un traditore. Perchè è vero. Giangiacomo Feltrinelli li aveva traditi. Aveva rotto con il suo ed in tre anni densi di attività minuta, continua e coraggiosa era diventato un rivoluzionario. E i miliardari che finanziano i partiti, si drogano al <>, vogliono l’ordine e la morale nelle fabbriche e nelle scuole – e per questo utilizzano le bande fasciste – non possono perdonare questo figlio degenere.