Comunismo

Posted: Ottobre 27th, 2012 | Author: | Filed under: comune, critica dell'economia politica, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Comunismo

Questo testo è stato estratto dall’intervento pronunciato in occasione di una conferenza tenutasi a Londra nel maggio 2009 al Birbeck Institute, per iniziativa di Alain Badiou e Slavoj Žižek, dal titolo On the idea of Communism. Gli atti di questo incontro, che hanno visto la partecipazione di alcuni dei principali filosofi contemporanei, sono stati raccolti in un libro che ha visto la pubblicazione in Francia, Spagna e Inghilterra. In Italia, con il titolo L’idea di comunismo, lo stesso libro sarà disponibile nel mese di aprile nel catalogo delle edizioni DeriveApprodi. Segnaliamo che il testo qui riportato non rappresenta la versione integrale dell’intervento.

di Toni Negri

L’affermazione che la storia è storia della lotta di classe, sta alla base del materialismo storico. Quando il materialista storico indaga sulla lotta di classe, lo fa attraverso la critica dell’economia politica. Ora, la critica conclude che il senso della storia della lotta di classe è il comunismo: «il movimento reale che distrugge lo stato di cose presente». Si tratta di starci dentro a questo movimento. Si obietta spesso che queste affermazioni sono espressioni di una filosofia della storia. A me però non sembra che si possa confondere il senso politico della critica con un telos della storia. Nel corso della storia, le forze produttive normalmente producono i rapporti sociali e le istituzioni dentro i quali sono trattenute e dominate: questo sembra evidente, questo registra ogni determinismo storico. Perché allora ritenere che un eventuale rovesciamento di questa situazione e la liberazione delle forze produttive dal dominio dei rapporti capitalisti di produzione costituiscano (secondo il senso operativo della lotta di classe) un’illusione storica, un’ideologia politica, un non-senso metafisico? Cercheremo di dimostrare il contrario.

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moltitudine vs governance

Posted: Ottobre 25th, 2012 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su moltitudine vs governance

Nuovi movimenti sociali e teorie critiche del costituzionalismo
post-novecentesco oltre la New European Governance 1

di Giuseppe Allegri

(pubblicato in M. Blecher et alii (a cura di), Governance, società civile e movimenti
sociali. Rivendicare il comune, EdS, Roma, 2009, pp. 223-253)

«La pratica è un insieme di elementi di passaggio da un
punto teorico ad un altro, e la teoria è il passaggio da una
pratica ad un’altra. Nessuna teoria può svilupparsi senza
incontrare una specie di muro ed è necessaria la pratica per
sfondarlo. […] Non c’è più rappresentazione, non c’è che
l’azione: l’azione della teoria e quella della pratica in
rapporti di collegamento o di scambio»
Gilles Deleuze in conversazione con Michel Foucault,
Gli intellettuali e il potere, 1972

Premessa
La scommessa di queste note è quella di leggere in modo inedito le possibili
combinazioni tra le pratiche di governance e le azioni dei nuovi movimenti sociali
(NSMs): si propone un punto di vista eccentrico rispetto ai processi di good o new
governance europea, ma anche in confronto all’agire dei movimenti sociali dell’era
globale. Ri-pensare questo improbabile incrocio tra attivismo dei NSMs e nuovi
strumenti di governance (“New Modes of Governance” – NMG) nel laboratorio
comunitario europeo, tra resistenze del sovranismo intergovernativo, trasformazione del
metodo di governo comunitario ed embrionale emergenza di una opinione pubblica
europea non addomesticata e aldilà di una società civile istituzionalizzata.

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Marazzi: la moneta del comune

Posted: Settembre 13th, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postoperaismo | Commenti disabilitati su Marazzi: la moneta del comune

Summer School: la moneta del comune

di CHRISTIAN MARAZZI

A me sta il compito di tentare di inquadrare la situazione così come si è venuta a determinare recentemente fino alle ultime decisioni prese dalla BCE. Quando si seguono le vicende monetarie e finanziarie si viene travolti dal divenire della situazione e molto spesso non si riesce a riflettere oltre queste stesse questioni finanziarie. La colonizzazione finanziaria della mente è qualcosa di reale, ma credo che almeno su tre cose sia importante soffermarsi:

la prima questione è come si è arrivati a queste ultime misure prese dalla BCE in questi giorni e con gli effetti euforici che hanno provocato sui mercati;

la seconda ha a che fare con il rompicapo della moneta unica. Come ci posizioniamo noi di fronte al dilemma relativo alla sopravvivenza dell’Unione Monetaria Europea?;

il terzo punto credo che sia un inizio di riflessione su questa categoria che abbiamo buttato lì, ma che mi sembra potenzialmente interessante per lo meno sotto un profilo politico, la moneta del Comune.

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Marx – Capitolo VI inedito

Posted: Agosto 30th, 2012 | Author: | Filed under: critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postoperaismo | Commenti disabilitati su Marx – Capitolo VI inedito

Spunti di ‘critica preveggente’ nel Capitolo VI inedito di Marx

di TONI NEGRI

Quando si legge il Capitolo VI Inedito avendo già studiato il Libro I de Il Capitale, si è colpiti dalla potenza teorica e dalla chiarezza dell’esposizione di alcuni concetti che, quasi nel medesimo periodo, Marx costruiva, non altrimenti ma con altra intonazione, nel Libro I appunto. Non è solo su questa potenza teorica che noi vorremmo qui intrattenerci, vorremmo anche mostrare che la rilevanza del Capitolo VI Inedito consiste nel fatto che qui alcuni di quei concetti divengono la sorgente di importanti sviluppi della critica politica marxiana e permettono di cogliere, meglio, di orientare dei dispositivi teorici per una migliore comprensione del capitalismo contemporaneo. Infatti Marx qui sopravanza spesso la sua propria capacità di illustrare i perversi meccanismi dello sfruttamento capitalista e, mentre vede la tendenza svilupparsi, egli sembra collocarsi (teoricamente) nell’a-venire della lotta di classe contro il capitale. (Qui di seguito citiamo da K. Marx Il Capitale: Libro I, capitolo VI inedito. Risultati del processo di produzione immediato, La nuova Italia, Firenze, 1969 – trad. Bruno Maffi; prima ed. tedesca Arkhiv Marska i Engel’sa, tomo II (VII), 1933, pagg. 4 – 229. Vedi poi K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica, 2 vol., trad. Enzo Grillo; La nuova Italia, Firenze, 1968-70; K. Marx, Teorie sul plusvalore, trad. G Giorgetti, Editori Riuniti, Roma, 1971.)

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Nuova temporalità dei movimenti e democrazia radicale

Posted: Luglio 20th, 2012 | Author: | Filed under: bio, comune, critica dell'economia politica, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Nuova temporalità dei movimenti e democrazia radicale

di ANTONIO NEGRI

0. Reinventare la democrazia? Sempre più massicciamente i cittadini se lo chiedono, in particolare in paesi dove la democrazia sembra essere in pericolo: questo timore, in Ungheria per esempio, dove oggi ci troviamo, sta in cima ad ogni pensiero. Ma di quale democrazia parliamo? Spinoza aveva distinto la “democrazia assoluta” (così l’aveva chiamata) dalla democrazia come forma di governo che si accoppiava all’aristocrazia ed alla monarchia. Democrazia assoluta cioè una “democrazia del molteplice”, non riducibile a quelle forme di potere che sempre lo definiscono come “uno”. Non a caso Bodin dichiarava, dal suo punto di vista, che tutte le forme del governo sono monarchiche, perché ogni governo – per esser tale – non può che essere governo dell’uno. Il che è falso – come è falsa l’intera tradizione moderna che concepisce il potere come una totalità ed un trascendentale – da Hobbes a Hegel, da Rousseau a Schmitt. Non c’è contratto, neppure un’autorità, preventivo, necessario per formare la società ed il suo ordine. Ma, al contrario, come appunto già Spinoza intuiva, la società politica nasce dal desiderio della moltitudine: un desiderio singolare che si sforza – conatus – di essere costruttivo ed efficace; un desiderio collettivo – cupiditas – che media gli interessi in lotta e gli affetti e le consuetudini in direzione di un insieme istituzionale; ed infine un’immaginazione che costruisce un comune nel quale ragione e desiderio si collegano – amor. C’è un’intera corrente di pensiero che attraversa la modernità (Machiavelli, Spinoza, Marx) che ci assicura di questa verità.

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Quinto stato

Posted: Giugno 23rd, 2012 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | Commenti disabilitati su Quinto stato

La nostra ASPIrazione: diritti, reddito, libertà contro la subordinazione

By Quintostato on 18 aprile 2012 07:07 in furia dei cervelli / 1 comment

Giuseppe Allegri e Roberto Ciccarelli

L’Italia è oggi un laboratorio per le nuove tecniche di dominazione sociale che combinano l’arcaico e il più moderno. L’ultima riforma della legislazione del lavoro, che porterà il nome di un ministro «tecnico» che ha già riformato il sistema previdenziale, Elsa Fornero, consoliderà i rapporti di lavoro neo-schiavisti, a fronte di ristrutturazioni capitalistiche che univano frammenti di post-fordismo, con la permanenza di legami familistici e corporativi pre-moderni:
“La ratio dell’intervento è chiara: maggiore stabilità per i giovani in ingresso barattata con una maggiore facilità (leggasi libertà) di licenziamento da parte delle imprese; incoraggiamento del lavoro dipendente; disincentivazione dei contratti a termine e a progetto mediante aumento dei relativi contributi; contrasto alle finte partite IVA mediante, forse, l’introduzione dell’obbligo di stabilizzazione; sostegno al reddito limitato nel tempo e accompagnamento al reinserimento lavorativo per il dipendente che perde l’impiego” (Rete redattori precari).

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Marazzi

Posted: Giugno 16th, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | 5 Comments »

Un ambizioso volume collettivo che aiuta a comprendere i limiti delle
spiegazioni sulla crisi economica.

Una rivisitazione lucida, estremamente dettagliata e di grande attualità di
come gli economisti, dalla prima metà dell’Ottocento fino ad oggi, hanno
studiato e interpretato le crisi e i cicli economici, ci è offerta dal
volume Crises and Cycles in Economic Dictionaries and Encyclopedias
(Abington-New York, Routledge, pp. 676). Curata da Daniele Besomi, tra i più
importanti storici del pensiero economico contemporanei, con contributi di
diciotto economisti articolati in ventotto capitoli, questo lavoro parte
dalle voci di dizionari e enciclopedie che, nel tempo, sono state assegnate
a economisti per presentare in modo «pedagogico», non solo per specialisti,
il funzionamento contraddittorio dell’economia capitalista, il suo movimento
palindromico tra espansione, recessione e crisi, con particolare attenzione
alle cause di tali ricorrenze, siano esse di tipo «esogeno» o «endogeno»,
una distinzione ancora molto presente nel modo di interpretare la crisi
scoppiata nel 2008 e tuttora in corso. Ne esce un quadro complesso e
affascinante, in cui dalle analisi della prima metà dell’Ottocento delle
molteplicità di cause prese in esame, come gli errori della politica
economica, i cattivi raccolti, o il ruolo del credito e della finanza in
tempi non ancora sospetti, si giunge ai primi tentativi di elaborazione di
teorie generali della crisi, alla sua periodicità, per finire con le più
recenti analisi sempre più tecnico-empiriche del «ciclo economico reale»
poco o punto preoccupate di render conto dei grandi temi del valore, della
redistribuzione della ricchezza e dello sviluppo economico così centrali tra
gli economisti classici.
Oltre la Legge di Say
Lo sguardo retrospettivo sulle teorie del ciclo e della crisi, sul loro
rapporto all’interno di un capitalismo in costante mutazione e espansione,
permette di fissare alcuni passaggi salienti nel modo di rappresentare i
processi contraddittori dell’accumulazione capitalistica. Il primo è la
critica della Legge di Say, di quell’identità tra offerta e domanda che, a
partire da John Stuart Mill e poi da Marx, fino a J.M. Keynes e oltre,
evidenzia nella funzione del denaro come riserva del valore, e non solo come
mezzo di scambio, la possibilità della rottura della catena degli scambi
(tesaurizzazione o, keynesianamente, «preferenza per la liquidità») e,
quindi, della possibilità della crisi come conseguenza di tale rottura degli
scambi. Wilhelm Roscher, uno degli economisti tedeschi più influenti della
seconda metà dell’Ottocento, ne parlerà nella sua «voce» (1849), non senza
farsi accusare di plagio da Marx, ma tuttavia ponendo le basi, come scrive
Harald Hagemann, alle successive analisi delle crisi. Comunque lo si
interpreti, Roscher è l’esempio, come molti degli economisti presi in esame
dagli autori di Crises and Cycles, di come lo studio della stesura di voci
di dizionari costituisca un «genere» e una sorta di spia dello spirito del
tempo, in cui alle conoscenze acquisite e alla ricerca scientifica
«storicamente determinate» si accompagna una funzione divulgativa a
beneficio di un pubblico di non addetti ai lavori.
La crisi della Legge di Say, che Marx sviluppa nel primo Libro del Capitale
sulla base della teoria del valore-lavoro e del denaro nella sua funzione di
equivalente generale, si rivelerà ben presto un rompicapo in quanto non
sufficientemente radicale. La spiegazione della crisi a partire dalla
rottura della catena degli scambi, infatti, rimanda alla possibilità della
crisi da sovrapproduzione, ma non ancora alla sua realtà. Tant’è vero che
già nel 1866 Adolf Wagner, come scrive Vitantonio Gioia, cercherà di
dimostrare che la Legge di Say e l’equilibrio fondamentale tra domanda e
offerta su cui poggia, non è necessariamente inficiata dalla presenza del
denaro, anzi la speculazione finanziaria può avere una funzione di
regolazione ottimizzando l’allocazione del capitale. La sovraspeculazione,
questa sì, porta allo squilibrio tra offerta e domanda, col credito che alla
fine diventa più caro, la crescita che si arresta e il panico, la «corsa
agli sportelli», che esplode. Le osservazioni di Wagner evocano non poche
delle odierne interpretazioni della crisi finanziaria, salvo che a tutt’oggi
non risolvono il problema del rapporto fondamentale tra domanda e offerta
posto da Say, il fatto che, quando la sovraspeculazione (l’overtrading)
collassa, la sovrapproduzione si manifesta sistematicamente con tutta la sua
forza devastante. Il venir meno della «domanda aggiuntiva» generata dalla
sovraspeculazione non riporta all’equilibrio, come logicamente ci si
dovrebbe aspettare, bensì all’eccesso dell’offerta sulla domanda, un eccesso
che in tal senso si può supporre strutturale, consustanziale al ciclo
economico.
C’è, deve esserci una causa delle crisi più profonda del ciclo economico
stesso, qualcosa che trascende il sottoconsumo, dato che le crisi, tra
l’altro, scoppiano quando il consumo è al suo livello più elevato. È quanto
Daniele Besomi e Giorgio Colacchia ricercano con grande intelligenza nel
capitolo conclusivo dedicato ai dizionari del secondo dopoguerra. «Le crisi
ricorrono perché la contraddizione è permanente e la sua risoluzione,
attraverso la crisi, è necessaria ma può solo essere temporanea». La
previsione di Albert Aftalion del 1913, secondo cui nei decenni successivi
il termine crisi (…da sovrapproduzione) sarebbe stato sostituito dal
termine business cycle, si rivelerà solo parzialmente corretta, dato che,
dopo la parentesi dei Trenta Gloriosi durante i quali non solo il termine
crisi, ma addirittura la nozione di fluttuazione economica lascerà il posto
alle teorie della crescita, a partire dagli anni Novanta si assiste al
fenomeno inverso, ossia al prevalere degli studi della crisi su quelli del
ciclo economico. L’individuazione della crisi come una categoria «autonoma»
rispetto al ciclo economico e alle sue fluttuazioni, è storicamente
dimostrabile nella differenza delle voci dei dizionari precedenti e seguenti
gli anni Novanta del secolo scorso.
Una patologia logica
La teoria marxista delle crisi, in particolare nei dizionari tedesco
orientali, aveva certamente postulato l’indipendenza della crisi dalla
teoria borghese del ciclo economico (A. Bönisch, 1970-71). La crisi è «il
punto più elevato delle contraddizioni della produzione, ma anche il punto
in cui trova la sua soluzione attraverso la distruzione estensiva delle
forze produttive». Di fatto, la crisi è la massima espressione del capitale
come rapporto sociale, un rapporto che si invera nella contraddizione tra
forze produttive e rapporti di produzione, un rapporto che, come sottolinea
Nicolò De vecchi (1982), vieta di interpretare la marxiana caduta
tendenziale del saggio del profitto come una legge naturale, appunto
indipendente da tali rapporti sociali. La natura patologica delle crisi,
l’indipendenza («logica») delle crisi dall’andamento ciclico degli affari,
verrà esplicitata, anche se non completamente sviluppata, da Pierluigi
Ciocca (1991). La via è ora aperta per una interpretazione della crisi come
evento autonomo, come espressione della immanenza della natura sociale del
capitale.


David Graeber: La rivoluzione che viene

Posted: Giugno 12th, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su David Graeber: La rivoluzione che viene

di Angelo Salento

David Graeber, La rivoluzione che viene. Come ripartire dopo la fine del capitalismo, San Cesario di Lecce, Manni, 2012, pp. 184, euro 10

Reduci da una stagione di depoliticizzazione lunga circa trent’anni – quelli che ci separano dalla sconfitta del movimento operaio e dalla rimozione del conflitto distributivo – e tuttora incapaci di comprendere se (e soprattutto come) ce la si possa lasciare alle spalle, possiamo leggere i saggi di David Graeber raccolti in questo volume come una risorsa di senso.

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Dall’ora globale all’ora locale

Posted: Aprile 2nd, 2012 | Author: | Filed under: critica dell'economia politica, postoperaismo | Commenti disabilitati su Dall’ora globale all’ora locale

di Franco Piperno

“Il presente musicale viene costruito permettendo a dei suoni d’essere in sincronia mentre altri stanno in un rapporto di prima e di dopo. Il presente della comunità è costruito permettendo ad alcune azioni di dispiegarsi in contemporanea mentre altre sono soggette alla relazione di prima e di dopo. Il tempo non ha direzione, non scorre.” Pataturk.

I. La crescita esponenziale ed il tempo dell’impero

Via via che l’unificazione del mercato mondiale impone a masse crescenti d’esseri umani d’adottare, sotto la maschera dei diritti universali, l’interesse composto — ovvero la crescita esponenziale — anche i ritmi e gli strumenti di lavoro diventano simili, mentre quelli scientifici per parte loro risultano identici. Va così rattrappendosi la molteplicità dei modi temporali costruiti fin dall’inizio della storia della nostra specie. A differenza delle religioni o delle ideologie politiche che, pur essendo intolleranti le une verso le altre, ammettono al loro interno ampie variazioni, la civilizzazione ipermoderna – ovvero la crescita esponenziale — consente solo differenze irrilevanti da un paese ad un altro; mentre il calcolo scientifico, come il gioco degli scacchi, non ne consente nessuna.

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I luoghi della lotta di classe

Posted: Febbraio 14th, 2012 | Author: | Filed under: comune, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | Commenti disabilitati su I luoghi della lotta di classe

di COLLETTIVO UNINOMADE

1) In un recente intervento su “il manifesto” Mario Tronti riconosceva all’esecutivo Monti il “merito” di “riaprire la questione sociale”. A differenza del precedente, questo governo “pratica l’obiettivo” in una cristallina logica di classe, guadagnando il plauso di stakeholder per niente occulti e di chi, accecato dai fin troppo esibiti curricula di ministre e ministri, tralascia di valutare il segno delle riforme adottate e in cantiere. Se il lascito della lunga fase di destrutturazione del “capitalismo organizzato”, apertasi negli anni ’70 del secolo scorso, è l’immane redistribuzione di ricchezza e potere dai subalterni alle classi dominanti, la continuità del governo Monti con le dottrine e le pratiche neoliberali degli ultimi trent’anni sono alla luce del sole. Il salto di qualità nell’attacco sferrato al salario differito (pensioni) e a quello socializzato nel welfare e nei servizi collettivi (bersaglio dell’austerity istituzionalizzata nella stabilità finanziaria delle amministrazioni), si salda senza soluzione di continuità con la “modernizzazione” del mercato del lavoro. Che a scanso di equivoci, c’informano, vale duecento punti di spread, assunto esplicativo delle sinergie tra finanza e mitologica “economia reale” (il cambiamento delle regole su licenziamenti e contrattazione collettiva, prima che prescrizione dei mercati, è un claim di Confindustria). Alla ristrutturazione e aggiustamento delle norme regolanti i rapporti di produzione occorrerà dedicare analisi meno episodiche, in grado di esplicitarne disegno ed effetti materiali. Basti qui evidenziare che, lungi dal distinguersi per innovazione, l’esecutivo interpreta alla lettera prescrizioni da tempo diffuse dai think tank neoliberali e filoaziendali.

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