Posted: Ottobre 9th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, arts, au-delà, bio, crisi sistemica, digital conflict, epistemes & società, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su DOPO IL FUTURO:DAL FUTURISMO AL CYBERPUNK.L’ESAURIMENTO DELLA MODERNITA’
di Tiziana Terranova
Bifo_futuroFranco Berardi (Bifo), Dopo il futuro: Dal Futurismo al Cyberpunk. L’esaurimento della Modernità, DeriveApprodi, Roma 2013, pp. 136, € 14.00
In una delle sue lezioni al Collège de France, Michel Foucault offre questa spiegazione del rapporto tra il sapere dell’intellettuale e la lotta. Non spetta all’intellettuale esortare il popolo alla lotta (‘battetevi contro questo in tale o talaltro modo’), piuttosto quello che il sapere dovrebbe fare è dire, rivolgendosi a coloro che vogliono lottare, ‘se volete lottare, ecco dei punti chiave, delle linee di forza, delle zone di chiusura e di blocco’1. È chiaro che nonostante il titolo del nuovo libro di Franco Berardi sia carico di parole quale ‘dopo il futuro’ e ‘esaurimento’, esso non può fare a meno o non intende dissaduere dalla lotta, dalla ricreazione del futuro, non è un libro cioè che ci dissuade da quell’atto fondamentale per qualsiasi pratica politica costituente che è credere nel mondo. E tuttavia, da schizoanalista qual è, si tratta di un libro che pone pesantemente l’accento sui blocchi del desiderio e quindi delle lotte, o nei termini del libro, esso pone la centralità della questione della sensibilità, dell’empatia e dell’etica. Si tratta di un libro che pratica l’arte schizoanalitica della diagnosi, mettendo in evidenza tutta una serie di sintomi, culturali e sociali, che mostrano l’evoluzione e l’esaurimento di quella idea di futuro che ha giocato un ruolo fondamentale nei movimenti politici del novecento, e le conseguenze oggi del suo esaurimento.
[–>]
Posted: Ottobre 2nd, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, crisi sistemica, epistemes & società, post-filosofia, sud | Commenti disabilitati su La crisi perpetua come strumento di potere. Conversazione con Giorgio Agamben
Intervista uscita in tedesco il 24 maggio 2013 sul Frankfurter Allgemeine Zeitung e poi pubblicata in inglese dalla casa editrice Verso il 4 giugno 2013. La traduzione è di Nicola Perugini
Un impero latino contro il dominio tedesco?
.
Professor Agamben, quando lo scorso marzo ha proposto l’idea di un “impero latino” contro il dominio tedesco in Europa, s’immaginava che questa idea avrebbe avuto una tale risonanza? Nel frattempo il suo saggio è stato tradotto in molte lingue e discusso appassionatamente in mezzo continente…
Giorgio Agamben: No, non me lo aspettavo. Ma credo nella forza delle parole, quando sono pronunciate al momento giusto.
[–>]
Posted: Settembre 30th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, epistemes & società, post-filosofia | 8 Comments »
da Alfa+ Quotidiano in rete
di Paolo B. Vernaglione
Scrivere è Il bel rischio perché è pericoloso. Essere nel linguaggio per l’animale umano comporta avere a che fare con il lato oscuro, il rovescio di sé, di cui oggi invero la superficie della prassi raramente rende conto. Nell’immensa opera di Foucault, scrivere significa confrontarsi con un’esteriorità, cioè riconoscere il mondo e l’insieme delle relazioni individuali, come effetto di un’azione comunque rischiosa in cui trovano corpo relazioni molteplici e intricate.
Nel 1968 il critico letterario della rivista “L’Art” Claude Bonnefoy, propone a Foucault una serie di interviste sul senso della scrittura come impresa personale. Leggere adesso quest’unica conversazione, interrotta e redatta da Philippe Artières, curatore dell’edizione francese del saggio, procura un piacere non dissimile da quello intenso e sfrangiato che si prova nello studiareStoria della follìa, Le parole e le cose, Il coraggio della verità. Con un supplemento, che emerge al vivo dalla puntuale traduzione di Antonella Moscati. Foucault infatti, incitato dalle domande di Bonnefoy, parla dello scrivere come “rovescio del ricamo”, cioè di quel modo in cui corpo e linguaggio tentano di aderire l’un l’altro nella radicale differenza che li separa.
Per Foucault non si tratta infatti di spiegare, denotare, indicare alcunché nel registro del saggio, della conferenza, della lezione universitaria; bensì di riflettere su quell’attività quotidiana che presiede l’insieme dei registri discorsivi, di quel carattere impersonale del linguaggio in cui si costituisce biologicamente e storicamente la soggettività. Quanto qui l’uso della facoltà di linguaggio sia in rapporto alla verità, in cui si consumano e si producono le scienze mediche, fisiche e sociali, emerge nel tema della morte che ogni scrivere organizza e mette in forma: la morte degli altri, nel caso di un’archeologia dei discorsi e delle pratiche, in cui ciò che è scritto è del passato, di gente morta. La propria morte che, a partire da quella di chi è trapassato, si organizza come morte individuale, nell’esibire la finitudine quale limite in cui è inscritta la natura umana.
Per Foucault non si tratta né di resuscitare storicisticamente il passato, né di ricostruirlo in una comunicazione, ma, in un’indagine genealogica, giocare la distanza tra quel passato e il nostro presente. Si tratta, con postura simile a quella di Walter Benjamin, di misurarlo e connetterlo alla serie di origini non originarie che contrassegnano i saperi, la loro storia, i loro rapporti con i poteri. L’immagine di questa attività così individuale e così lontana dall’espressione di una qualche identità personale, disloca un orizzonte di necessità. In questa conversazione Foucault distingue due luoghi dello scrivere, dello scrittore (più o meno professionista) e dello “scrivente” che è colui che incontrando un tema, un campo di indagine, un archivio, una filosofia, ne cerca la fonte, ne indaga l’ambito, ne manifesta i limiti, in modalità critica, ovvero affatto monumentale o celebrativa o apologetica.
Scrivere dunque è fare diagnosi, rendersi un anatomopatologo (di uomini infami, di norme ordinative, di modi di governo degli uomini), in quell’atto colmo di distanza dal mondo in cui si iscrive qualcosa nel corpo degli altri. Scrivere, dice Foucault a proposito dei suoi autori preferiti, Roussell, Artaud, Kafka, è il tentativo di far defluire nelle sillabe deposte sul foglio l’intera sostanza del corpo; “non essere altro che quegli scarabocchi, morti e ciarlieri a un tempo. Ma a questa riduzione della vita non si arriva mai…”.
Il bel rischio è da leggere insieme alla conferenza Che cos’è un autore?(1969), in italiano nella raccolta di Scritti letterari in risposta alle critiche sollevate L’archeologia del sapere. In quel testo Foucault testimonia la trasformazione del soggetto-autore, designato nell’età classica e fino alla metà del XVIII secolo, in una funzione-autore, in cui si raccoglie un regime di appropriazione (proprietà letteraria, diritti d’autore), un’imputazione nominale (“Rousseau ha affermato”, “Nietzsche ha detto…”), un’identità progettuale (omogeneità di stile, di discorsi, di tematiche), secondo l’eredità delle norme di inclusione/esclusione tramandate alla critica letteraria dalla tradizione interpretativa cristiana.
Ma per quanto sedimentato nell’odierna leggera inconsapevolezza del “piacere di scrivere”, il bel pericolo rimane un’urgenza, una necessità improcrastinabile in cui, aggiungiamo, allo stesso tempo tremano e si consolidano i profili definiti dello scrivente e dello scrittore. In quella zona di neutralizzazione che delimita il carattere specifico e arbitrario della prassi umana, si colloca l’anonimato, effetto di ogni scrittura. Forse oggi più di ieri esso vale quale criterio per distinguere ciò che è letteratura da ciò che, in maniera sempre più intensa e nauseante, è produzione narcisistica e mediatica di sé.
La grande editoria, che presiede al divenire merce del linguaggio, allestisce allo stesso tempo un teatro del consumo narrativo, mentre la critica letteraria ne produce l’ontologia, da cui sarebbe ora di prendere le distanze per costruire una resistenza facendo fronte comune di donne e uomini di buona volontà. L’esemplare lezione di Foucault infatti è che scrivere è proscrivere la nozione culturale di autore, mostrare che i tanti piccoli “io” che consumano carta, bit, e pagine culturali sono funzioni mercantili in cui la facoltà di linguaggio diviene forza di sfruttamento. Perché già da sempre e proprio ora, in essa tutti si è inscritti.
Michel Foucault
Il bel rischio
Cronopio (2013), pp. 86
€ 10,00
Posted: Settembre 25th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, bio, epistemes & società, post-filosofia | 8 Comments »
di Silverio Zanobetti
Nel suo Devi cambiare la tua vita Sloterdijk distingue un mondo moderno in cui le forze umane vengono mobilitate sotto il segno del lavoro e della produzione e un mondo antico in cui la mobilitazione estrema delle stesse forze si verifica in nome dell’esercizio e della perfezione. Se il mondo antico dovesse risorgere lo farebbe in nome di una vita incentrata sull’esercizio. In effetti l’esplosione contemporanea dell’offerta e della domanda di corsi di Coaching manager dedicati ai top manager e “a chi ne sente la necessità”, sono tesi proprio a migliorare le performance del “capitale umano” attraverso un’ottimizzazione delle competenze relazionali. In questi corsi ci si premura di sottolineare come l’elemento alla base del lavoro su di sé è l’ “individuo”, i suoi tratti caratteriali unici, che devono essere valorizzati: percezione, sensazione, memoria, durata costituiscono quella materia di soggettivazione che viene così catturata. Attraverso un lavoro su di sé l’individuo deve imparare a modulare i suoi stati emozionali, a diventare imprenditore di se stesso: l’esercizio diventa tortura laddove la cornice entro la quale questo esercizio si compie è costituita dall’attuale economia del debito[1]. Da qui la demoltiplicazione della forma impresa in tutto il campo sociale.
[–>]
Posted: Settembre 23rd, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, comune, comunismo, epistemes & società, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 19 Comments »
di Francesco Raparelli
Il pensiero, quando è grande, è sempre fuori posto. Capiterà così, vista la sua grandezza, all’ultima fatica di Paolo Virno, Saggio sulla negazione. Per una antropologia linguistica (Bollati Boringhieri 2013), da pochi giorni in libreria. Per l’accademia, quella in odore di cognitivismo, l’autore concede troppo a testi esotici quali il Sofista di Platone, Scienza della logica di Hegel o la prolusione heideggeriana Che cos’è metafisica? Per l’“accademia di movimento”, perché autore di culto dei movimenti è stato Virno nell’ultimo ventennio, il testo risulterà scontroso: possibile dedicare tanta attenzione ad un tema ostile come la negazione linguistica? Poco importa che Deleuze, tra i pensatori che va per la maggiore tra le giovani generazioni di militanti, abbia dedicato pagine irrinunciabili a Bartleby e all’enunciato «agrammaticale» I would prefer not to, e le sue ricerche più brillanti alla logica stoica, alla «neutralità del senso», alle «sintesi disgiuntive», tutti temi che, da una prospettiva spesso diversa, scandiscono il Saggio sulla negazione. Fuori posto dunque capace di pensare l’impensato: questo il merito più importante dell’antropologia linguistica di Paolo Virno, giunta, con l’ultimo lavoro, ad una maturità potente, capace di fare scuola.
[–>]
Posted: Settembre 17th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, au-delà, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 25 Comments »
ACCELERATIONISM – A Symposium on Tendencies in Capitalism
14 December 2013, Alexanderplatz Berlin
www.xlrt.org / info@xlrt.org
Contemporary capitalism is an object of high abstraction. The symposium is an invitation to discuss and disclose the anonymous and inner tendencies of capitalism, to study its monetary, algorithmic and energetic viscera. How can one grasp the living drives of financial markets and technological innovation? And more importantly: who really produces and controls those drives and how could any alternative political subject emerge without such a complex knowledge?
The recent debate on accelerationism and the philosophical scene of Speculative Realism just reminded of an old question posed by Deleuze and Guattari: Which is the real revolutionary path? To withdraw from the world market or, on the opposite, to go further and “accelerate the process”, as Nietzsche already suggested long before the current Stillstand? For example today Germany finds itself in the eye of the storm: a mild social democracy at the center of Europe watching neoliberalism freely devastating the rest of the world.
There are multiple strategies of how to cross a stormy passage. In Ballard’s first and prophetic novel The Drowned World (1962), an imbalance in solar radiation causes the polar ice caps to melt and global temperatures to rise, leaving cities submerged by tropical lagoons where flora and fauna restart their evolution. Human population migrates towards the polar circles. Rather than being disturbed, the protagonist is enraptured by the new nature that is replacing the old world and decides to move south towards the sun.
Though encaged within cognitive capitalism, we call for an epistemic acceleration. The symposium convenes to refresh the cartography of the keywords employed in the last centuries to describe economy and the political response to it: development, progress, growth, accumulation, peak, degrowth, revolution, speculation, entropy, singularity, sustainability and so on. Today it is time to anticipate and accelerate, for sure, time for anastrophism and not catastrophism.
*
Curated by Armen Avanessian (spekulative-poetik.de) and Matteo Pasquinelli (matteopasquinelli.org)
Posted: Settembre 8th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, au-delà, epistemes & società, post-filosofia, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Postmoderno / Postmodernismi: appunti bibliografici di teoria e letteratura dagli Stati Uniti
di Paolo Simonetti
1.
Cos’è il postmoderno? E soprattutto, è mai esistito?
“I am, like, overthinking myself into brainfreeze, here”
Thomas Pynchon
Il titolo di questo saggio è un omaggio all’importante volume collettivo curato da Giovanni Cianci nel 1989 – intitolato
Modernismo / Moderni-smi – cui va il merito di aver affrontato il modernismo anglo-americano «nelle sue composite, complesse, diversificate articolazioni e correlazioni».
Ponendo il fenomeno nel «contesto più ampio delle sollecitazioni, delle poetiche e dei movimenti» del periodo e «disegnando la trama effettuale delle proposte, delle polemiche, delle intersezioni, dei prestiti e delle interazioni che alimentavano la tumultuosa sperimentazione in atto», Cianci si proponeva di «analizzarne i caratteri, gli aspetti e le tendenze costitutive […], lasciando parlare i singoli modernismi storici nella loro specifica essenza e particolarità, senza sacrificarli ad un astratto, tassonomico Modernismo»4.
[–>]
Posted: Settembre 1st, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, anthropos, au-delà, comune, comunismo, crisi sistemica, digital conflict, Marx oltre Marx, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | 6 Comments »
di COMMONWARE
Quando le lotte esplodono nei Brics. Ecco la questione che ci poniamo, o meglio a cui la Comune di Gezi e il movimento passe livre in Brasile ci pongono di fronte. In prima battuta, offrono l’occasione per mettere ancora una volta a critica il continuo ripresentarsi di un’immagine termidoriana dell’attuale fase.
Arrivati ormai al sesto anno della crisi, che a suo tempo definimmo globale e permanente, è come se per molti fosse ormai conclamata non solo l’insufficienza dei movimenti, ma un loro strutturale destino di sconfitta e irrisolutezza. Da qui la scelta di ripiegamenti e scorciatoie, poco conta se “in avanti” o “indietro”, se dettati da ingenua buona fede o da calcolo opportunistico. Il risultato è identico: l’evitare di confrontarsi con gli avanzamenti e i punti di blocco, cioè i nodi reali delle lotte laddove ci sono, oppure della loro difficoltà a emergere e diventare tessuto connettivo. “Ma in Italia di lotte non ce ne sono!”, recita la vulgata, dentro e fuori dai movimenti. É forse la stessa cosa che avrebbero potuto dire i compagni a Istanbul o a Rio de Janeiro, per non parlare degli Stati Uniti pre-occupy o in Tunisia ed Egitto prima dell’ondata rivoluzionaria che ha messo a soqquadro il Nord Africa. Sarebbero stati incauti, quei compagni, o quantomeno – possiamo dire oggi – non avrebbero considerato quelle genealogie più o meno profonde che di quelle insorgenze costituiscono l’indispensabile spina dorsale. Non ci interessa consultare la cabala o fare i bookmaker delle rivolte globali: il nostro compito, più sobrio e in definitiva più impegnativo, è di provare a leggere delle tendenze, di elaborare ipotesi politiche, di scommettere sulla differente composizione di elementi che già esistono o in modo caotico si stanno formando.
A tale scopo, queste lotte ci interrogano su questioni di fondo: innanzitutto, è possibile indicare un paradigma comune dei movimenti nella crisi? Non stiamo ovviamente parlando di un peraltro impensabile quadro unitario e omogeneo, quanto invece di elementi comuni che possano permettere di porre su un piano di immediata comunicazione e traducibilità le differenti lotte. Se questo paradigma è individuabile, in che modo quello che è avvenuto in Turchia e in Brasile lo modificano? I materiali di analisi e riflessione che presentiamo in apertura della nostra Cartografia delle lotte nella crisi offrono, in questa direzione, importanti contributi.
[–>]
Posted: Agosto 27th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, donnewomenfemmes, epistemes & società, post-filosofia, psichè, Révolution | 20 Comments »
di Judith Butler
[Esce in questi giorni la nuova traduzione italiana di The Psychic Life of Power : Theories in Subjection di Judith Butler (La vita psichica del potere. Teorie del soggetto, a cura di Federico Zappino, Mimesis 2013). Ne presentiamo un estratto. «Ognuno di noi – si legge nel risvolto di copertina dell’edizione italiana – contribuisce attivamente a creare i meccanismi di quel potere che poi subisce. […] Butler ricostruisce scrupolosamente il modo in cui ogni soggetto è sempre compromesso con il potere che lo assoggetta. Questo circolo virtuoso di collaborazione, spesso inconsapevole, si crea nella contiguità e nella mutua reciprocità tra universo psichico individuale e universo della cultura condivisa. Universi che creano una dimensione comune, senza soluzione di continuità. Lungi dall’esprimere giudizi morali su questo meccanismo – autentico tratto distintivo del nostro tempo –, tra le pieghe dell’analisi di Butler l’unica forma di emancipazione possibile si può ravvisare nel momento in cui la connessione tra mondo interno psichico e mondo esterno sociale viene individuata, esplicitata e messa a tema in modo critico dal soggetto che la produce»].
[–>]
Posted: Agosto 25th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: comunismo, epistemes & società, Marx oltre Marx, post-filosofia, postoperaismo, Révolution | 9 Comments »
Gilles Deleuze in conversation with Antonio Negri
Negri: The problem of politics seems to have always been present in your intellectual life. Your involvement in various movements (prisoners, homosexuals, Italian autonomists, Palestinians), on the one hand, and the constant problematizing of institutions, on the other, follow on from one another and interact with one another in your work, from the book on Hume through to the one on Foucault. What are the roots of this sustained concern with the question of politics, and how has it remained so persistent within your developing work? Why is the relation between movement and institution always problematic?
[–>]