Posted: Dicembre 20th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, epistemes & società, post-filosofia, postgender, posthumanism | Commenti disabilitati su il postumano
La nostra seconda vita negli universi digitali, il cibo geneticamente modificato, le protesi di nuova generazione, le tecnologie riproduttive sono gli aspetti ormai familiari di una condizione postumana. Tutto ciò ha cancellato le frontiere tra ciò che è umano e ciò che non lo è, mettendo in mostra la base non naturalistica dell’umanità contemporanea.
Sul piano della teoria politica e filosofica, urge adeguare le categorie di comprensione delle identità e dei fenomeni sociali a partire da questo salto. Sul piano dell’analisi, dopo aver constatato la fine dell’umanesimo, occorre vedere in questa trasformazione le insidie di una colonizzazione della vita nel suo complesso da parte dei mercati e della logica del profitto.
Occorre dunque adeguare la teoria ai cambiamenti in atto, senza rimpianti per un’umanità ormai perduta e cogliendo le opportunità offerte dalle forme di neoumanesimo che scaturiscono dagli studi di genere, postcoloniali e dai movimenti ambientali.
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Posted: Dicembre 6th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, comune, comunismo, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, post-filosofia, postoperaismo, Révolution | Commenti disabilitati su Conversazione con Antonio Negri
A mo’ di introduzione alla nuova edizione di “Fabbriche del soggetto”
di MIMMO SERSANTE
Mimmo Sersante – Il libro raccoglie testi scritti tra il 1981 e il 1986, gli anni forse più duri della tua vita di militante comunista ma anche più produttivi dal punto di vista della ricerca filosofica. Mi riferisco all’incontro con Spinoza e la filosofia poststrutturalista francese. Sono anche gli anni della rivoluzione neoliberista e della crisi irreversibile delle politiche keynesiane in tutto l’occidente capitalistico. L’Italia non fa eccezione. Da noi anzi la sconfitta fu più lacerante se pensiamo all’ottimismo alimentato per vent’anni dalle lotte autonome degli operai e degli studenti. Ci sono pagine in questo libro di esplicita autocritica sui limiti della ricerca, tua e di molti tuoi compagni, condotta durante gli anni Settanta sul tema del soggetto.
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Posted: Ottobre 31st, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, anthropos, Archivio, bio, comune, epistemes & società, Foucault, post-filosofia | Commenti disabilitati su La scrittura è la morte degli altri
di Michel Foucault
[Tra l’estate e l’autunno del 1968 Michel Foucault e il critico letterario Claude Bonnefoy registrarono una serie d’incontri con l’idea di pubblicare, presso le edizioni Belfond, un volume di conversazioni in cui Foucault avrebbe parlato del proprio rapporto con la scrittura. Il progetto fu poi abbandonato. La trascrizione di questi colloqui è stata resa pubblica nel 2004 e Cronopio ne ha da poco pubblicato la versione italiana: Il bel rischio. Conversazione con Claude Bonnefoy, a cura di Antonella Moscati. Presentiamo alcuni brani del libro. I titoli dei paragrafi sono redazionali].
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Posted: Ottobre 29th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, epistemes & società, Marx oltre Marx, philosophia, post-filosofia | Commenti disabilitati su Note sullo stato della filosofia italiana (1). Oltre l’accademia: le strade
di GIROLAMO DE MICHELE.1
Confesso di aver seguito con un certo distacco, e anche un po’ di fastidio, il nascere del “Nuovo Realismo”, del cui testo fondante molte cose non mi convincevano, e continuano a non convincermi. Del resto, non essendo mai stato “post-modern”, non mi convinceva neanche l’eventuale difesa del bersaglio polemico. E, se devo dirla tutta, l’ambiente “Italian Theory” – tradotto come mangio: l’Italietta accademica che ha il suo quarto d’ora di notorietà modaiola, ora che il vestitino “French Theory” s’è sdrucito a furia di strofinature, nei McDonald culturali americani – mi faceva venire in mente il Poeta di Pavana: “di solito ho da far cose più serie, costruire su macerie, o mantenermi vivo”.
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Posted: Ottobre 29th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, donnewomenfemmes, epistemes & società, post-filosofia, postgender, vita quotidiana | Commenti disabilitati su LA VITA PSICHICA DEL POTERE
di Paolo B. Vernaglione
Che vi sia oggi un’urgenza, una impellente necessità, un bisogno fisico di sottrarsi alla legge della colpa e del debito, dei dispositivi di sanzione, di repressione e di lutto associati alla cattiva vita imposta da poteri e istituzioni sovranazionali che sfruttano vite e rapinano risorse materiali e non, è un dato di fatto.
Che questa emergenza si traduca in sistemi di negoziazione, in tentativi di seduzione e in pratiche di securizzazione, anche da parte di quei soggetti politici che declinano il conflitto sociale in opzioni identitarie e prassi organizzative più o meno stabili, è un altro dato di fatto, il cui peso peraltro, nel deserto prodotto da quasi 40 anni di esistenza neoliberale del mondo, è risibile.
Nel doppio vincolo dell’urgenza di libertà e della prassi di omologazione quale che sia, si è per forza spinti a chiedersi quali modi ci siano di sottrarsi alla legge speculativa della soggettivazione e in ugual tempo alla per lo più inconsapevole inerenza dell’omologazione, in un sapere, in una volontà partecipativa, in una socialità da organizzare a tutti i costi.
Opportuna giunge quindi la ripubblicazione del saggio di Judith Butler, La vita psichica del potere, coincidente tra l’altro con la traduzione della conferenza del 2012 A chi spetta una buona vita? pronunciata in occasione dell’assegnazione all’autrice del premio Adorno.
La filosofa queer, che in questi anni ha offerto una credibile alternativa critica ai dispositivi discorsivi con cui poteri economici, di discriminazione sociale e di invasione simbolica di menti e corpi regnano su vite in via di ulteriore precarizzazione, indica nel tropismo della soggettivazione il luogo di emersione di possibili esodi dalla sistematica quotidiana cattura di affetti e abilità, emozioni e gusti singolari, nell’accordo segreto che ognuna e ognuno statuisce con i poteri da cui è affetto.
Il tropo, cioè quella figura retorica della torsione che produce molteplici significati di uno stesso enunciato e in cui si incontra il doppio vincolo dell’essere soggetti, l’assoggettamento e la soggettivazione, può considerarsi luogo di invenzione delle figure della modernità, laddove essa continua a esercitare la volontà di sapere nello spazio di produzione del potere.
Seguendo la scansione archeologica con cui Michel Foucault ha indagato i rapporti tra poteri e soggetti, tra psichico e sociale, tra materiale e discorsivo, la Butler da anni va compiendo una cartografia critica del sapere filosofico in cui rintracciare lo spazio congruo tra agency politica e filosofia prima. In questa soglia si scopre il divenire animale dell’umano, l’esibirsi linguistico della prassi, la volontà materiale di libertà nei dispositivi di servitù volontaria, sia praticati dai mercati sia da chi vi si oppone.
Dall’esame della coscienza infelice in Hegel a quella “cattiva” in Nietzsche, nel rapporto repressione–identità in Freud e nell’intuizione della malinconia come esito del divenire soggetto dell’ “io”, oltre che nella teoria dell’interpellazione di Althusser, una topografia della soggettivazione ci restituisce il senso pieno dell’impossibilità cui siamo vincolati: scindere gli effetti delle macchine di assoggettamento dai dispositivi grazie a cui siamo “noi stessi”, singolari esseri linguistici esposti alla colpa e al debito, all’autosanzione e al disciplinamento, all’imprigionamento del corpo nell’anima di un “altro” in cui solo si può esistere.
Come Nietzsche scriveva nella Genealogia della morale, la coscienza essendo funzione specifica dell’animale istruìto a mantenere promesse, il senso di colpa, quella “cosa fosca” che deriva dal debito, trova spazio nell’esercizio del potere da parte del creditore e trova forma nella seduzione della punizione, nella gradevolezza della sanzione presso il debitore.
Nel teatro della volontà come luogo in cui il sociale presuppone lo psichico, si sono inventati l’interiorità e l’io come figura del risarcimento per la mancata estinzione del debito. Lì, con Freud, vige l’attaccamento libidico alla proibizione, il tropo dell’inversione, la gratificazione del piacere frustrato. Lì, con Foucault, la misura dell’assoggettamento si rende parzialmente apprezzabile come prassi di soggettivazione, bisogno di liberazione, desiderio di condivisione. Nel dispiegarsi del quadro teorico che Butler compone, queste figure della modernità trapassano nella critica dell’identità di genere, che “lo spirito dell’epoca” più che la teoria femminista o la teoria critica, ha reso praticabile.
Sulla scorta dell’epistemologia disidentificante degli scorsi anni Sessanta, filosofi e militanti gay come Hocquenghem, e oggi Bersani, Edelman, queer come Teresa De Lauretis, la cui opera rappresenta una imprescindibile pietra miliare nella storia della teoria GBLTQI e nel pensiero critico, rintracciano una via di esodo antisociale e desoggettivante che, al netto delle politiche di riconoscimento dei diritti gay, e dei sogni infuturanti di una rivoluzione a venire, segnano un percorso praticabile di sottrazione e insubordinazione.
Essi cioè hanno aperto, come Judith Butler sottolinea alla fine del libro e come Federico Zappino e Lorenzo Bernini suppongono nel denso dialogo che chiude l’edizione, ad un’esistenza come possibilità (e possibilità di non), a cui si è riferito Spinoza e ultimamente Agamben; e a cui, aggiungiamo, si riferisce un filosofo del linguaggio come Paolo Virno che indagando la natura umana svela l’umana natura della prassi.
Judith Butler
La vita psichica del potere
Teorie del soggetto
A cura di Federico Zappino
Mimesis (2913, pp.254
€ 20,00
Posted: Ottobre 22nd, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, epistemes & società, Marx oltre Marx, philosophia, post-filosofia | Commenti disabilitati su Badiou: le avventure della filosofia francese
di ALAIN BADIOU
È appena uscito in Italia l’ultimo libro, Le avventure della filosofia francese. Dagli anni Sessanta, di uno dei più rilevanti filosofi contemporanei, Alain Badiou. Ne pubblichiamo la prefazione, per gentile concessione della casa editrice DeriveApprodi, che ringraziamo.
L’ARTICOLO IN PDF
Questo libro si compone di una serie di testi il cui solo punto in comune consiste nel fatto che tutti riguardano filosofi di lingua francese che possiamo dire contemporanei. «Contemporanei» significa in questo caso che la loro opera è stata pubblicata essenzialmente in un periodo che va dalla seconda metà del XX secolo ai pochi anni di quello appena cominciato.
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Posted: Ottobre 18th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, arts, au-delà, bio, critica dell'economia politica, digital conflict, epistemes & società, kunst, post-filosofia | Commenti disabilitati su Dall’ecografia alla farmacologia: Bernard Stiegler e Ars Industrialis
di PAOLO VIGNOLA
Quando Derrida e Stiegler pubblicarono Ecografie della televisione era la metà degli anni Novanta, periodo in cui molti filosofi decisero di dedicare le proprie riflessioni al tubo catodico, e in quel libro i due autori, in linea con l’orientamento generale, ragionavano sulle trasformazioni sociali e politiche prodotte dal progresso «teletecnologico». I cambiamenti conseguenti a questa inedita esplosione mediatica, che comprendeva anche la prima dimensione autenticamente pubblica di Internet, riguardavano innanzitutto il processo di democratizzazione su scala globale[1] nonché, parallelamente ad esso, il fenomeno di omogeneizzazione culturale causato in primo luogo dall’egemonia del mercato nello sviluppo della globalizzazione.
L’obiettivo etico politico principale di Ecografie della televisione, condiviso dai due autori, era quello di promuovere al tempo stesso l’interattività mediatica e le armi critiche, necessarie agli individui per non soccombere di fronte alla potenza tecnologica. Per fare ciò, Derrida e Stiegler ritenevano necessario partire da un processo di alfabetizzazione riguardante la tecnica delle immagini televisive, dei software e dei dispositivi digitali, al fine di costruire una rete di vigilanza o di opposizione nei confronti dell’omologazione culturale indotta dalla globalizzazione.
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Posted: Ottobre 13th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, anthropos, au-delà, bio, kunst, Marx oltre Marx, post-filosofia, Révolution, situationism | 73 Comments »
[gf 29.11.2012]
1. Il destino delle comunità politiche, ovvero delle forme comunitarie dell’esistenza politica, per come esso ci è stato consegnato dal XX secolo, è un destino segnato, e come tale senza alcuna speranza. Le ultime forme della lunga storia delle politiche “di comunità” attengono sostanzialmente, nelle loro diverse declinazioni, a quelle che l’antropologo Ernesto De Martino non avrebbe avuto difficoltà ad inserire tra le “comunità del lutto”. Una comprensione adeguata di tale “agire in comunità”, secondo l’espressione di Weber, implica però la genealogia della stessa forma comunitaria dell’esistenza politica: in questo senso, possiamo dire che che la “modernità”, o quantomeno quella modernità politica che attraversa le esplosioni rivoluzionarie dell’800 e del ‘900, si caratterizza per l’esistenza di certe forme di comunità politica. Da questo punto di vista ciò che è moderno può essere distinto da ciò che moderno non è – ed è quindi precedente o successivo – anche in base alle rappresentazioni sceniche e alle posture soggettive e del politico, ovvero, proseguendo lungo questo asse, attraverso certe forme specifiche di “agire in comunità”. Diversamente detto: se è possibile riconoscere la “modernità”, come Foucault ha intuito nei suoi ultimi anni di lavoro, per l’esistenza di alcune e non di altre forme di “condotte”, ovvero di “stili di vita”, occorre anche intravedere in che termini queste condotte abbiano prodotto valori e spazi simbolici per la scena della politica: come Rancière ha chiarito a proposito del “disaccordo” intrinseco al politico, di cui Machiavelli parlava citando alla sua maniera la diatriba tra patrizi e plebei nell’antica Roma e l’indisponibilità dei nobili a comprendere nel campo politico chi “non poteva” avere voce politica, nelle Istorie fiorentine, il problema cruciale della fondazione politica è, per la modernità, quella dello “spazio scenico” e conseguentemente della tracciabilità tra un “noi” e un “loro”. Ed è proprio questa divisione del sociale che verrebbe neutralizzata nelle mitologie, e nelle pratiche, dell’agire in comunità. La politica è dov’è la comunità: oltre è terra di nessuno. Una vera decostruzione di questa terminologia della “comunità politica” è possibile solo nei termini di una decostruzione delle pratiche su cui essa si è fondata e che l’hanno a loro volta perpetuata. In questo senso, occorre tornare a pensare le forme di comunità politica che hanno storicamente costituito la modernità occidentale e che hanno collaborato per definire la scena pubblica della sua “politica” innanzitutto come degli orizzonti simbolici in cui determinate forme di agire individuale – pensiamo alle forme cooperative di metà Ottocento o ai club giacobini – si sono riconosciute e, nel riconoscersi, hanno dato vita e senso ai destini biografici di milioni di individui.
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