Agalma 24

Posted: Febbraio 5th, 2013 | Author: | Filed under: anthropos, epistemes & società, kunst, post-filosofia | Commenti disabilitati su Agalma 24

DA NIETZSCHE A BREIVIK

di Mario Perniola

donna

Anche questo numero è monografico, come il n. 5 (Magnificenza e mondo antico di Sarah F. Maclaren), il n. 18 (Strategie del bello. Quarant’anni di estetica italiana 1968-2008) e il n. 20-21 (La società dei simulacri) entrambi scritti interamente dal sottoscritto. Del testo che qui viene proposto furono pubblicate solo cinquecento copie nel 1986. E’ stata l’edizione brasiliana Ligação Direta – Estética e Política, Florianopolis, Editora UFSC, 2011, a rivelarne l’attualità. Segno che esso tratta di processi storici di durata relativamente lunga, il cui inizio è da individuarsi negli anni Sessanta del Novecento. Fu allora che avvenne una profonda cesura storica che si manifestò in tutti gli ambiti della cultura e della vita privata e collettiva. Nacque in Occidente una nuova civiltà che fu chiamata in vari modi: “società dello spettacolo”, “società dei consumi”, “società della comunicazione”, “società dei simulacri”, e così via. Tutto quello che avverrà dopo, era già in germe allora. L’estetica e la politica hanno rappresentato luoghi di osservazione privilegiati, perché essi sono stati i primi ad essere destabilizzati e destrutturati. Volendo individuare due episodi emblematici di questo profondo cambiamento, indicherei il successo mondiale della Pop Art dal 1960 in poi, e la soluzione della crisi dei missili di Cuba nell’ottobre 1962. Col primo apparve chiaro che qualsiasi cosa poteva diventare arte, col secondo che la cosiddetta Guerra Fredda tra l’USA e l’URSS non sarebbe mai diventata calda. In altre parole, non valeva la pena morire né per l’arte, né per la politica. Pochissimi si resero conto che questi due fatti avevano aperto orizzonti post-artistici e post-politici che furono poi ampiamente percorsi in moltissime direzioni nei decenni successivi fino ad oggi. Il sociologo tedesco Arnold Gehlen proprio allora aveva previsto l’avvento di un fenomeno di cristallizzazione delle società occidentali: questa è una condizione che interviene allorquando le possibilità contenute in un certo contesto sono tutte sviluppate nel loro patrimonio fondamentale. La società diventa tanto uniforme e omogenea che non ci sono più differenze culturali e personali. Secondo tale impostazione, nulla di veramente importante o di decisivo può più accadere: tutte le attività sono coinvolte in questo processo generale di restringimento e di raggrinzimento, una specie di “esonero” (Entlastung) da quell’ambizione di rapporto con l’essenziale e il decisivo, su cui si fondava la possibilità dell’azione. Si entra in una fase che è stata definita col termine di post-historia.

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CORPI. Teorie pratiche e arti dei corpi nel Novecento

Posted: Novembre 11th, 2012 | Author: | Filed under: anthropos, kunst, post-filosofia | Commenti disabilitati su CORPI. Teorie pratiche e arti dei corpi nel Novecento

a cura di Vincenzo Cuomo e Aldo Meccariello

Prefazione

Il Novecento filosofico e culturale, oltre ad essere stato il secolo delle
grandi fratture e delle svolte radicali, è stato anche un’epoca di ripresa
e di veloci e intense ricapitolazioni di temi affrontati in tutta la storia
del pensiero, non solo in quello moderno. Per tale ragione è ancora un
secolo in parte da esplorare e sottoporre ad esplorazioni cartografiche,
a carotaggi stratigrafici, ad un lavorio interpretativo che ne chiarifichi
la posizione di cerniera tra il passato “moderno” e l’epoca post- transmoderna
che viviamo.
Per tale scopo la rivista Kainos promuove da sette anni un seminario
annuale di riflessione tematica sulla cultura e la filosofia novecentesche.
Il problema affrontato nella settima edizione del seminario, denominato
“Le parole del Novecento”, è quello dei “corpi”, tema/titolo
in cui il plurale non sta ad indicare solamente la pluralità delle
prospettive ermeneutiche di approccio alla questione, ma anche,
soprattutto, il fatto ontologico che i corpi sono sempre plurali, o
singolari-plurali, per utilizzare la nota e profonda espressione di Jean-
Luc Nancy.

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Perchè gli artisti ? MACAO è la risposta

Posted: Maggio 16th, 2012 | Author: | Filed under: arts, comune, kunst, Révolution | Commenti disabilitati su Perchè gli artisti ? MACAO è la risposta

Written by Franco Berardi Bifo, 15.05.2012

“perché i poeti nel tempo della povertà?” chiede Holderlin nel suo poema “Pane e vino”.
E commentando questo verso, Heidegger dice: “Forse siamo nel momento in cui il mondo va verso la sua mezzanotte”.

In nome del vuoto

Il 5 maggio un gruppo di artisti, architetti, insegnanti e studenti e lavoratori precari della scuola e della comunicazione hanno occupato un edificio chiamato Torre Galfa e l’hanno rinominato Macao. L’edificio è un grattacielo di trentacinque piani, abbandonato da quindici anni.

Dieci giorni dopo l’occupazione, mentre il corpo gigantesco del precariato cognitivo milanese cominciava a stiracchiare le sue membra e a sintonizzarsi con la torre, sono entrati in azione gli esecutori del piano di sterminio finanziario. Il proprietario, noto alle cronache giudiziarie come corrotto e corruttore, ha deciso che quel posto è suo e deve rimanere com’è: vuoto. Tutto deve essere vuoto nella città, perché il capitalismo finanziario ha bisogno di distruggere ogni segno di vita. Le risorse materiali e intellettuali vengono progressivamente inghiottite, annullate, perché i predatori possano espandere la loro insensata ricchezza.

Per la prima volta, occupando la Torre, il movimento è uscito dalla sfera dell’underground e si è proiettato verso l’alto. Non è un movimento di talpe, ma di sperimentatori. Le talpe ora debbono venire fuori, debbono occupare ogni spazio, e contenderlo all’organizzazione di morte che si chiama Banca Centrale Europea.

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Jacques Rancière

Posted: Dicembre 10th, 2011 | Author: | Filed under: au-delà, kunst | Commenti disabilitati su Jacques Rancière

«La rupture, c’est de cesser de vivre dans le monde de l’ennemi»

Interview avec «Aisthesis», le philosophe Jacques Rancière trace une contre-histoire de la modernité et pointe la contradiction politique qui est au cœur de celle-ci.

Par ERIC LORET

Cette interview est la version longue et illustrée de celle parue dans le «Cahier Livres» du 17 novembre.

Chaque chapitre d’Aisthesis, le nouvel essai de Jacques Rancière, commence par un texte critique. Tantôt plus canonique, avec Winckelmann à propos du torse du Belvédère, tantôt beaucoup moins : ainsi quand Théodore de Banville étudie les frères Hanlon Lees, stars du mime autour de 1879. Il y a aussi : Mallarmé écrivant sur la Loïe Fuller, Maeterlinck sur le Solness d’Ibsen, le dossier de presse de la Sixième Partie du monde de Dziga Vertov (1926), etc. Quatorze «scènes» que Jacques Rancière explore dans ce livre majeur, fourmillant, où l’on apprend à chaque page (par exemple, à faire tenir des enfants-oiseaux sur le dos d’un hippopotame ; ou, plus difficile, comment passer d’un vase de Gallé à Die Glückliche Hand de Schonberg) et qui déroule une pensée politique toujours aussi décapante. L’auteur nous recevait chez lui la semaine dernière pour commenter son essai.

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