Posted: Marzo 24th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Jean Baudrillard, Per una critica dell’economia politica del segno
di Giovanni Coppolino Billè
Ci sono libri che fungono da cerniera tra una prima fase del pensiero di un autore e la sua produzione successiva, anzi è addirittura indispensabile che ci siano per comprendere l’intentio principaledell’autore. Sembrerebbe così anche per questo libro di Baudrillard, se non fosse per una consapevolezza già matura nel procedere invece per stratificazioni. Qui infatti non si tratta di collegare diversi temi di ricerca, ma di anticiparne alcuni trattandone altri, servendosi dell’analisi per giungere ad una sintesi da far esplodere poi di volta in volta, nelle angolature più riposte, in tutte le opere successive. Come in tutti i pensatori “maturi” dall’inizio (a cui per la verità non corrisponde subito una forma adeguata al pensiero, come a tratti emerge anche in questo lavoro di confine), Baudrillard ci invita a mettere da parte il nesso causale nella ricostruzione del suo pensiero, per pensare davvero tutto quanto e insieme, evitando la comodità filologica della catalogazione.
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Posted: Gennaio 30th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, post-filosofia | Commenti disabilitati su Karl Marx’s Grundrisse
di ANTONIO NEGRI
1. Cominciai a lavorare sui Grundrisse negli anni ’60. Quando cominciai ero comunista da parecchio tempo, non ancora marxista. Avevo lavorato molto su Kant, Hegel, e il neokantismo, Max Weber, Lukacs e poi, infine, all’inizio degli anni ’60, avvicinandomi ai 30 anni, avevo cominciato a leggere Il Capitale. Già prima ero passato attraverso le interpretazioni alla moda del giovane Marx: i Frühschriften li avevo letti e discussi (in Francia, in Italia, in Germania – non si può immaginare l’intensità delle emozioni sollevate da quella “scoperta”!) nel clima di un certo esistenzialismo umanistico. Ne trassi le stesse ambivalenti (se non equivoche) impressioni che avevo avute studiando il marxismo sartriano. Di conseguenza non avevo avuto difficoltà a cogliere una certa ragionevolezza nella “cesura epistemologica” che Althusser aveva proclamato. Questa cesura non rappresentava per me un elemento né rilevante né decisivo dal punto di vista filologico: lo era piuttosto (come d’altronde voleva Althusser) dal punto di vista di un’ermeneutica politica e polemica “situata” (come, appunto, in un Kampf-platz) del pensiero rivoluzionario, nell’epoca delle ultime smanie dell’hegelismo dialettico – in occidente come in oriente. Il materialismo marxiano mi sembrava divenire “intero” proprio passando attraverso questa rottura – rottura anti-umanista, nel senso che le illusioni dell’umanesimo borghese sarebbero state a quel punto definitivamente scacciate – e soprattutto nel senso che la dialettica hegeliana era effettivamente messa da parte. Per noi, educati nell’hegelismo e alle infinite variazioni della “coscienza infelice”, questo passaggio era necessario: costituiva una propedeutica alla militanza rivoluzionaria.
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Posted: Gennaio 16th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | 1 Comment »
Introduzione al numero della rivista European Journal of Economic and Social Systems (2011) dedicato al tema del capitalismo cognitivo e curato da CARLO VERCELLONE e DIDIER LEBERT.
La notion de capitalisme cognitif désigne une transformation majeure dans les lois de fonctionnement de l’économie par rapport aux systèmes historiques d’accumulation, mercantiliste, puis industriel, qui l’ont précédé. Au cœur de cette transformation se trouve le passage du paradigme énergétique du travail propre au capitalisme industriel vers une nouvelle organisation sociale de la production, fondée sur la montée en puissance de la dimension cognitive et immatérielle du travail mais, plus globalement, celle du rôle de la connaissance. Dans cette évolution, ce sont le sens et les critères même de mesure des catégories fondamentales de l’économie politique qui en sortent déstabilisées : le travail, le capital, la valeur. Il en résulte, en même temps, un bouleversement profond des formes de la répartition des revenus, marqué notamment par le retour en force de la rente, sous ses différentes expressions, dont le fer de lance est la finance. La logique de la création de la valeur pour l’actionnaire, la croissance spectaculaire des revenus issus du patrimoine, la financiarisation de l’épargne salariale, la spéculation des marchés financiers sur la dette souveraine en Europe, sans oublier l’inflation des prix de l’immobilier et le renforcement des droits de propriété intellectuelle, en sont autant de preuves irréfutables. La rente définie, à la suite de Marx, comme un pur rapport de distribution dissocié de toute fonction positive dans l’organisation de la production, joue de plus en plus un rôle stratégique dans les mécanismes de captation de la valeur ainsi que dans les processus de désocialisation du commun[1].
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Posted: Gennaio 9th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, BCE, comune, crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Marazzi: il baratro dell’economia liquida
di RADIO UNINOMADE
Iniziamo dagli Stati Uniti. Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013, le cronache sono state dominate dal terrore del fiscal cliff e poi dall’accordo in extremis raggiunto da democratici e repubblicani, ancora una volta spaccati. Il debito pubblico americano è però sempre più grande e il baratro della recessione resta all’ordine del giorno. Cosa ci dice questa situazione sul prossimo futuro degli Stati Uniti e sull’amministrazione Obama, e quali conseguenze ha dal punto di vista globale?
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Posted: Gennaio 5th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, comune, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su Questo non e’ un manifesto
di Nicolas Martino
«E gli domandò: ‘Qual è il tuo nome?’. ‘Il mio nome è Legione – gli rispose – perché siamo in molti’» [Mc 5,9]. La moltitudine va esorcizzata, è il demoniaco per l’Occidente e la sua ontologia politica attraversata dall’ossessione dell’Uno. E intorno a questa ossessione si è organizzata la Modernità, l’ordine Sovrano che crea il Pubblico e il Privato, il Popolo e l’Individuo, Lo Stato e l’Identità, che neutralizzano la differenza, la maledetta multitudo. Ma quella Modernità è finita, è stata sconfitta – si è suicidata direbbe qualcuno – con il divenire mondo del capitale, nella fase della sussunzione reale della società sotto il capitale, quando cioè è la vita stessa che viene messa al lavoro e la misura del valore è sostituita dalla dismisura di un bìos che produce ricchezza e comune. La grande trasformazione però non è pacificazione, non segna la fine del conflitto e dell’antagonismo, come avrebbero voluto i cantori di un postmoderno debole e neomanierista che finiva per essere nient’altro che l’ideologia – consolatoria e apologetica – della controrivoluzione neoliberista degli anni Ottanta.
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Posted: Dicembre 22nd, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, bio, comune, critica dell'economia politica, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su Virno: lo stato di eccezione proclamato dal basso
Marco Scotini intervista Paolo Virno
Vorrei ripartire dal tuo testo Virtuosismo e Rivoluzione apparso nel lontano ‘93 sulla rivista «Luogo Comune» per affrontare quello strano soggetto politico che definiamo disobbedienza. Facendo seguito alla riflessione sulla «disobbedienza civile» di stampo liberale, e molto lontano da questa, proponevi allora un’idea di disobbedienza sociale (o di disobbedienza radicale) che sarebbe diventata una delle parole-chiave per identificare l’azione del movimento globale. Dopo quel tuo intervento (confluito poi nella Grammatica della moltitudine) altri contributi teorici rilevanti non mi sembra ci siano stati.
Per me il problema era quello di pensare a una forma di disobbedienza radicale, tale cioè da andare al nocciolo stesso della forma moderna di Stato. Non si trattava e non si tratta di disobbedire a una legge reputata ingiusta in nome di un’altra legge, di una legge più basilare o di una legge anteriore e più autorevole, come per esempio il dettato costituzionale. Questo naturalmente è possibile ma non è il nostro problema. Il nostro problema è corrodere quello stesso obbligo di obbedienza, ancora vuoto di contenuti, che precede le singole leggi e che sta alla base dell’istituzione dello Stato moderno. Come a dire: lo Stato si forma su un obbligo preventivo a obbedire alle leggi che verranno, quali che esse siano. È una sorta di obbligo preliminare che si tratta di mettere in questione. In sostanza la domanda fondamentale per ogni riflessione sulle istituzioni politiche è: perché bisogna obbedire? Se si risponde a questa domanda dicendo «perché lo impone la legge» ci si condanna a un regresso all’infinito, nel senso che è fin troppo facile – a quel punto – chiederci: «Perché bisogna obbedire alla legge? alla legge che impone l’obbedienza?» e così via, naturalmente… Su che cosa si può fondare l’obbedienza? Su un’altra legge ancora? Ma non c’è termine a questo pensiero, non c’è un punto d’arrivo.
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Posted: Dicembre 21st, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, critica dell'economia politica, Earth, epistemes & società, Révolution | 13 Comments »
di ROSELLA e SERENA
Adesso è successo di tutto e di più: il fermo dell’Ilva, il Decreto del governo, persino il tornado. E l’Italia si è dovuta accorgere di Taranto, della sua gente che respira polvere di ferro, degli operai che muoiono di cancro, delle madri che sono costrette a dare latte alla diossina ai neonati, e tutti si sono concentrati sull’Ilva per convincersi che hanno un cuore, ma anche per non vedere tutto il resto. Una città di circa 180.000 persone chiusa in una cintura di veleni, perché l’Ilva è solo una parte del problema. In quel “territorio a perdere” ci sono l’Enel, la base Nato con i suoi sottomarini atomici e chissà quali altre diavolerie; l’Arsenale della Marina Militare, la Cementir che scarica nel Mar Piccolo, due tra le discariche più grandi d’Europa e due inceneritori.
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Posted: Dicembre 18th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Capitalismo y conocimiento – Entrevista a Carlo Vercellone
por PABLO MIGUEZ
Carlo Vercellone es uno de los principales referentes teóricos del capitalismo cognitivo y desarrolla sus actividades como economista en el laboratorio CNRS del Centro de Economía de la Sorbona (CES), Eje Instituciones. Capitalismo cognitivo, además de referir a un programa de investigación, es una categoría teórica y política que busca dar cuenta de las transformaciones recientes del capitalismo a la luz de los cambios sociales y tecnológicos que, desde los años setenta, han reconfigurado el funcionamiento del capitalismo industrial y que se encuentran en la base de la presente crisis del capital global.
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traduzione in italiano
Posted: Dicembre 18th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: crisi sistemica, critica dell'economia politica, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo | Commenti disabilitati su Arrighi: Capitalismo e disordine mondiale
[Capitalismo e disordine mondiale]
Posted: Dicembre 10th, 2012 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, comune, critica dell'economia politica, Earth, epistemes & società, Révolution | Commenti disabilitati su Appunti fra comunismo, femminismo e ambientalismo
di RENATO DI PAULI, ANDREA FRANCHI, WILLER MONTEFUSCO, MIMMO SERSANTE
In seguito a recenti incontri, a Pordenone si è formato un gruppo di lavoro che intende interloquire con UniNomade a partire dall’intervento sul territorio sui due temi dell’ambiente e dei migranti. Il primo intervento è nato circa tre anni fa nel comune pedemontano di Fanna (PN) confinante con una zona ad alta intensità industriale e oberato da un grande cementificio che ha ottenuto l’autorizzazione regionale a bruciare combustibile da rifiuti. L’area si può considerare la Taranto della regione Friuli Venezia Giulia per i gravissimi e documentati effetti inquinanti. Il secondo intervento, che risale a parecchi anni fa, ha portato alla costituzione di un’Associazione migranti che tra alti e bassi svolge un’azione di necessaria assistenza ma anche di significativa mobilitazione in un’area in cui la presenza delle lavoratrici e dei lavoratori migranti è tra le più alte d’Italia. Le note che seguono sono una riflessione nata dentro l’intervento con il comitato di Fanna. Si tratta di un primo tentativo di pensare le lotte in una prospettiva più ampia. Sarebbe opportuno che compagne/i interessati a queste problematiche e con esperienza di lavoro sul campo intervenissero sui temi che proponiamo alla riflessione.
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