Toni Negri: note sul 15 ottobre

Posted: Ottobre 29th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, riots | Commenti disabilitati su Toni Negri: note sul 15 ottobre

Ero e sono fuori, in queste settimane, in Spagna ed in Portogallo. Non ho seguito direttamente quello che è avvenuto a Roma. Ma sono stato sorpreso, direi sbalordito, nel leggerne cronache e commenti.

1) La divisione tra gli “indignati” e gli altri, i “cattivi”, è stata fatta prima di tutto da La Repubblica, l’organo di quel partito dell’ordine e dell’armonia che ben conosciamo (per non dire degli altri media). Non sembra che il comitato organizzatore della manifestazione si sia indignato molto per ciò. C’era forse un peccato originale alla base di questo oltraggio: chi aveva organizzato la “manifestazione degli indignati” non aveva molto a che fare con le pratiche teoriche e politiche che dalla Spagna si sono estese globalmente, talora in maniera massiccia, altre volte minoritaria: il rifiuto della rappresentanza politica e sindacale, il rigetto delle costituzioni liberali e socialdemocratiche, l’appello al potere costituente. In Italia, invece, un gruppo politico al limite della rappresentanza parlamentare si è appropriato il nome degli Indignados … E ora reclamano: “Lasciateci fare politica”.

[…]


diritto all’insolvenza

Posted: Ottobre 27th, 2011 | Author: | Filed under: crisi sistemica | Commenti disabilitati su diritto all’insolvenza

di Franco Berardi “Bifo”

Inefficacia delle forme di lotta in assenza di solidarietà

Il movimento di protesta si è diffuso durante l’anno 2011, e ha cercato di opporsi all’attacco finanziario contro la società. Ma le dimostrazioni pacifiche non sono riuscite a cambiare il programma di azione della Banca centrale europea, dato che i parlamenti nazionali sono ostaggi delle regole di Maastricht, degli automatismi finanziari che funzionano come costituzione materiale dell’Unione. La dimostrazione pacifica è efficace nel contesto della democrazia, ma la democrazia è finita dal momento che automatismi tecno finanziari hanno preso il posto della decisione politica. Se occorreva una prova definitiva del carattere illusorio di ogni discorso sull’alternativa democratica, l’esperienza di governo di Barack Obama ce l’ha fornita. Nessun potere democratico può nulla, nessuna alternativa è possibile nella sfera dell’azione democratica, dal momento che le decisioni sono già prese, incorporate nei dispositivi di connessione informatica, finanziaria e psichica.

La violenza è esplosa allora in alcuni momenti. Le quattro notti di rabbia delle periferie inglesi, le rivolte violente di Roma e Atene, hanno mostrato la possibilità che la protesta sociale diventi aggressiva. Ma anche la violenza è incapace di cambiare il corso delle cose. Bruciare una banca è totalmente inutile, dato che il potere finanziario non è negli edifici fisici bancari, ma nella connessione astratta tra numeri, algoritmi e informazioni. Perciò se vogliamo trovare forme di azione che siano capaci di affrontare la forma attuale del potere dobbiamo partire dalla coscienza che il lavoro cognitivo è la principale forza produttiva capace di creare gli automatismi tecno linguistici che rendono possibile la speculazione finanziaria. Seguendo l’esempio di Wikileaks dobbiamo organizzare un processo di lungo periodo di smantellamento e riscrittura degli automatismi tecno linguistici che creano le condizioni della schiavitù.

La soggettività sociale sembra debole e frammentaria, di fronte all’assalto finanziario. Trenta anni di precarizzazione del lavoro e di competizione hanno distrutto il tessuto stesso della solidarietà sociale e reso fragile la capacità psichica di condividere il tempo, le cose e il respiro. La virtualizzazione della comunicazione sociale ha eroso l’empatia tra corpi umani. Il problema della solidarietà è sempre stato cruciale in ogni processo di lotta e di cambiamento sociale. L’autonomia si fonda sulla capacità di condividere la vita quotidiana e di riconoscere che quel che è buono per me è buono per te, e quel che è cattivo per me è cattivo per te. La solidarietà è difficile da costruire ora, che il lavoro è stato trasformato in una distesa di celle temporali ricombinante, e di conseguenza il processo di soggettivazione è divenuto frammentario, an-empatico e debole. La solidarietà non ha nulla a che vedere con un sentimento altruista di sacrificio. In termini materialisti la solidarietà non è una faccenda che riguarda te, ma una faccenda che riguarda me. Allo stesso modo l’amore non è altruismo, ma piacere di condividere il respiro e lo spazio dell’altro. L’amore è capacità di godere di me stesso grazie alla tua presenza, ai tuoi occhi.

Per questo la solidarietà si fonda sulla prossimità territoriale dei corpi sociali, e non si può costruire solidarietà tra frammenti di tempo, e le rivolte inglesi e italiane, come l’acampada spagnola si debbono considerare come delle forme di riattivazione psico-affettiva del corpo sociale, come un tentativo di attivare una relazione vivente tra il corpo sociale e l’intelletto generale. Solo quando l’intelletto generale sarà capace di riconnettersi con il corpo sociale saremo in grado di cominciare il processo di effettiva autonomizzazione dalla presa del capitalismo finanziario.

Diritto all’insolvenza

Un nuovo concetto sta emergendo dalle nebbie della presente situazione: diritto all’insolvenza. Non pagheremo il debito.

I paesi europei sono stati obbligati a accettare il ricatto del debito, ma la gente rifiuta l’idea di dover pagare per un debito che non ha assunto.

L’antropologo David Graeber nel suo libro Debt the first 5ooo years, (Melville house, 2011), e il filosofo Maurizio Lazzarato in La fabrique de l’homme endetté (editions Amsterdam, 2011) hanno cominciato una riflessione sulla genesi culturale della nozione di debito, e sulle implicazioni psichiche del senso di colpa che quella nozione comporta. E Federico Campagna scrive nel suo saggio Recurring Dreams: The red heart of Fascism:

“L’ultima volta ci ha messo decenni per venire alla luce. Prima ci fu la guerra, poi, quando la guerra finì, ci fu il debito, e tutti i legami che vengono col debito. Era il tempo dell’industrializzazione, della modernità, e tutto accadeva su scala di massa. Impoverimento di massa, disoccupazione di massa, iperinflazione, iperpopulismo. Le nazioni cadevano sotto il peso di quello che i marxisti chiamavano contraddizioni, mentre i capitalisti si aggrappavano al bordo dei loro cilindri e tutti aspettavano che il cielo cadesse sulla terra. L’aria divenne elettrica, le piazze si riempirono, gli alberi si trasformarono in bandiere e bastoni. Era il tempo fra le due guerre e nella profondità del corpo sociale il nazismo era ancora nascosto, liquido e montante, calmo come un feto.”

“Questa volta tutto sta accadendo quasi esattamente nello stesso modo, solo un po’ out-of-sync, come succede coi sogni ricorrenti. Ancora una volta l’equilibrio del potere nel mondo sta spostandosi. Il vecchio impero sta annegando, malinconicamente e i nuovi poteri stanno affrettandosi nella corsa verso l’egemonia. Come prima le loro atletiche grida sono quelle potenti della modernità: crescita! Crescita! Crescita”.

Il peso del debito ossessiona l’immaginazione del futuro, come già accadde negli anni Venti in Germania, e l’Unione, che un tempo era una promessa di prosperità e di pace sta diventando un ricatto e una minaccia. In risposta il movimento ha lanciato lo slogan: “Non pagheremo il debito”.

Per il momento queste parole sono illusorie, perché in effetti lo stiamo già pagando: il sistema educativo è tagliato, impoverito, privatizzato, posti di lavoro cancellati, e così via.

Ma quelle parole intendono cambiare la percezione sociale del debito, e creare una coscienza della sua arbitrarietà e illegittimità morale. Il diritto all’insolvenza emerge come una nuova parola chiave e un nuovo concetto carico di implicazioni filosofiche. Il concetto di insolvenza non implica soltanto il rifiuto di pagare il debito finanziario ma in maniera sottile implica il rifiuto di sottomettere la potenza vivente delle forze sociali al dominio formale del codice economico.

Il paradosso

Rivendicare il diritto all’insolvenza implica una messa in questione del rapporto tra la forma capitalista (intesa come Gestalt, come forma della percezione) e la potenza produttiva concreta delle forze sociali, particolarmente la potenza dell’intelletto generale. La forma capitalista non è solo un insieme di regole e di funzioni economiche, ma anche l’interiorizzazione di un certo numero di limitazioni, di automatismi psichici, di regole di compatibilità. Cerchiamo di pensare per un attimo che l’intera semiotizzazione finanziaria della vita europea scompaia, cerchiamo di pensare che a un tratto smettiamo di organizzare la vita quotidiana in termini di denaro e di debito. Nulla cambierebbe nella potenzialità utile e concreta della società, nei contenuti della conoscenza, nelle nostre competenze e capacità produttive.

Questo dovremmo fare: immaginare e rendere possibile la liberazione della potenzialità vivente dell’intelletto generale in termini di disincagliamento dalla Gestalt capitalistica, automatismo psichico che governa la vita quotidiana.

Insolvenza significa non riconoscere il codice economico del capitalismo come traduzione della vita reale, come semiotizzazione della potenza e della ricchezza sociale.

La capacità produttiva concretamente utile del corpo sociale è costretta ad accettare l’impoverimento in cambio di nulla. La forza concreta del lavoro produttivo viene sottomessa al compito improduttivo e distruttivo di rifinanziare il sistema finanziario fallimentare. Se potessimo paradossalmente cancellare ogni segno della semiotizzazione finanziaria nulla cambierebbe nel funzionamento sociale, nulla nella capacità intellettuale di concepire e realizzare. Il comunismo non ha bisogno di essere chiamato dal ventre del futuro, esso è qui, nel nostro essere, nella vita immanente dei saperi comuni. Ma la situazione è paradossale, contemporaneamente entusiasmante e disperante. Il capitalismo non è mai stato così prossimo al collasso finale, ma la solidarietà sociale non è mai stata così lontana dall’esperienza quotidiana.

Dobbiamo partire da questo paradosso per costruire un processo post-politico di disincagliamento del possibile dall’esistente.


frammenti insurrezionali

Posted: Ottobre 20th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su frammenti insurrezionali

di Marcello Tarì

In tempi eccezionali fenomeni normalmente considerati marginali diventano essenziali e delineano il comune di un’epoca. Stiamo vivendo uno di quei tempi.

Partire dal mezzo

Si era pensato che parole come insurrezione, rivoluzione, anarchia e comunismo fossero state per sempre rinchiuse in esangui ambienti «antisistema« e che non restasse, al meglio, che ripetere a ogni autunno il rituale movimentista. Ma oggi, in presenza di movimenti insurrezionali diffusi, sono proprio i movimentisti a ritrovarsi minoritari. Alcuni sono in affannosa ricerca di una nuova rappresentanza, se non di una narrazione di governo che si aggrappa alla capacità di resistere di un non meglio specificato «ceto medio», mentre i circoli del radicalismo si trovano espropriati della loro identità costruita proprio sull’assenza dell’insurrezione.

[…]


DIETRO E OLTRE LA CRISI

Posted: Ottobre 11th, 2011 | Author: | Filed under: crisi sistemica | Commenti disabilitati su DIETRO E OLTRE LA CRISI

di Guglielmo Carchedi

La crisi finanziaria del 2007-2010 ha riacceso la discussione sulla crisi, sulla sua origine e sui suoi possibili rimedi. Oggigiorno, la tesi più influente nella sinistra identifica le cause della crisi in una prospettiva sottoconsumista e raccomanda come soluzioni politiche redistributive e di investimento keynesiane. Carchedi sostiene che la giusta prospettiva per capire la crisi dovrebbe essere la Legge della caduta tendenziale del saggio medio di profitto di Marx, la cui caratteristica è che il progresso tecnologico diminuisce il saggio medio di profitto piuttosto che aumentarlo, come si pensa comunemente.

[…]


15 ottobre

Posted: Ottobre 11th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su 15 ottobre

Parole del tempo presente

del collettivo Uninomade

Proposta dall’interno delle acampadas spagnole, la giornata del 15 ottobre si sta configurando come un importante appuntamento di lotta a livello europeo e globale. Ci prepariamo a viverlo mentre l’onda di indignazione sollevata dalla crisi economica è arrivata a investire Wall Street e dopo mesi di mobilitazioni che, per quel che ci riguarda più da vicino, hanno segnato in profondità l’area euro-mediterranea. Sia chiaro: al 15 ottobre è bene guardare con occhi scevri da ogni mitologia riguardo alla sua possibile natura di «evento decisivo». Proprio la dinamica delle lotte degli ultimi mesi ha mostrato spesso una sconnessione tra i movimenti reali e la convocazione di scadenze che si volevano «ricompositive», come ad esempio gli scioperi generali in Italia e in Grecia. Mentre altrettanto spesso veri e propri «eventi» si sono prodotti in modi imprevedibili, che si tratta di indagare e comprendere. Il 15 ottobre, colto nella sua dinamica transnazionale, costituisce anche un’occasione per approfondire la discussione su questi problemi, che sono stati al centro dei recenti meeting di Rio de Janeiro (24-26 agosto), di Barcellona (15-18 settembre) e in Tunisia (29 settembre-2 ottobre).

[…]


Naomi Klein

Posted: Ottobre 9th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Naomi Klein

Occupy Wall Street: The Most Important Thing in the World Now

By Naomi Klein – October 6th, 2011

Published in The Nation.

I was honored to be invited to speak at Occupy Wall Street on Thursday night. Since amplification is (disgracefully) banned, and everything I said had to be repeated by hundreds of people so others could hear (a.k.a. “the human microphone”), what I actually said at Liberty Plaza had to be very short. With that in mind, here is the longer, uncut version of the speech.

I love you.

And I didn’t just say that so that hundreds of you would shout “I love you” back, though that is obviously a bonus feature of the human microphone. Say unto others what you would have them say unto you, only way louder.

[…]

qui la traduzione in italiano


“Noi, the people…”

Posted: Ottobre 6th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 6 Comments »

Dichiarazione dell’Occupazione di New York
30 Settembre 2011
Questo documento e stato approvato dall’Assemblea Generale il 29 Settembre, 2011

Nel riunirci unitariamente, in solidarietà, per esprimere un senso di grande ingiustizia, non possiamo perdere di vista quello che ci ha portato a riunirci qui insieme. Scriviamo questo documento in modo che tutti coloro che si sentono oppressi dalla forza del mondo corporativo possano sapere che noi siamo i loro alleati.

Come popolo compatto e unito, riconosciamo le seguenti realtà: che il futuro della razza umana ha bisogno della cooperazione dei suoi membri; che il nostro sistema deve proteggere i nostri diritti, ed in caso di corruzione del sistema, diventa un dovere degli individui, proteggere i propri diritti, e quelli dei loro vicini; che un governo democratico deriva il suo potere dal popolo, ma le grandi società capitalistiche non cercano consenso prima di estrarre ricchezze dalla Terra e dai popoli; e che nessuna vera democrazia è possibile quando il processo si basa sul potere economico. Lanciamo quest’appello in un momento in cui le grandi società, che mettono il guadagno prima delle persone, i loro interessi prima della giustizia, e l’oppressione prima dell’uguaglianza, controllono i nostri governi. Ci siamo uniti in modo pacifico, come il nostro diritto, per dare una voce a questi fatti.

[…]


Zapatero ha chinato la testa

Posted: Ottobre 3rd, 2011 | Author: | Filed under: BCE, crisi sistemica | Commenti disabilitati su Zapatero ha chinato la testa

A cosa servono le sinistre europee?

di Franco Berardi “Bifo”

Il 20 Novembre si terranno le elezioni in Spagna, dopo che il governo a guida socialista ha deciso di rinunciare a condurre a termine la legislatura per le difficoltà di gestione della situazione economica, non prima però di avere avviato una politica di austerità aggressiva, che è già costata riduzioni di stipendio per i lavoratori pubblici, tagli alle diponibilità delle amministrazioni regionali, riduzione del finanziamento per i servizi sanitari, e soprattutto non prima di aver accettato la devastante logica antisociale imposta dalle autorità centrali europee.

[…]


through europe

Posted: Settembre 23rd, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 9 Comments »

In difesa di Silvio Berlusconi (e tutta la sua banda di ruffiani predatori e tagliagole)

Written by Franco Berardi Bifo, 22.09.2011

Introduzione

Una banda di criminali sapientemente organizzati si è impadronita del potere mediatico, finanziario e politico, e lo detiene con coraggioso sprezzo del pericolo da quasi un ventennio. Un altro ventennio italiano.
La banda si difende assai bene, da ogni punto di vista. Dispone di enormi capitali coi quali è possibile comprare non solo ville, televisioni, giornali, giudici e favori sessuali, ma anche quel che più conta alla distanza: il voto di una parte consistente del Parlamento e il voto di milioni di elettori. Dispone di avvocati ben pagati, preparati, pronti a tutto. La linea di difesa, in generale è la seguente: non intendo rispondere, non me ne importa niente delle accuse che mi rivolgete, delle rivelazioni giornalistiche e di quel che si pensa di me.

[…]


DOBBIAMO FERMARLI!

Posted: Settembre 20th, 2011 | Author: | Filed under: comune, crisi sistemica | 8 Comments »

APPELLO

E’ da più di un anno che in Italia cresce un movimento di lotta diffuso. Dagli operai di Pomigliano e Mirafiori agli studenti, ai precari della conoscenza, a coloro che lottano per la casa, alla mobilitazione delle donne, al popolo dell’acqua bene comune, ai movimenti civili e democratici contro la corruzione e il berlusconismo, una vasta e convinta mobilitazione ha cominciato a cambiare le cose. E’ andato in crisi totalmente il blocco sociale e politico e l’egemonia culturale che ha sostenuto i governi di destra e di Berlusconi. La schiacciante vittoria del sì ai referendum è stata la sanzione di questo processo e ha mostrato che la domanda di cambiamento sociale, democrazia e di un nuovo modello di sviluppo economico, ha raggiunto la maggioranza del Paese.

[…]