Posted: Settembre 27th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà | 1 Comment »
di Peter Handke
Als das Kind Kind war,
ging es mit hängenden Armen,
wollte der Bach sei ein Fluß,
der Fluß sei ein Strom,
und diese Pfütze das Meer.
Als das Kind Kind war,
wußte es nicht, daß es Kind war,
alles war ihm beseelt,
und alle Seelen waren eins.
Als das Kind Kind war,
hatte es von nichts eine Meinung,
hatte keine Gewohnheit,
saß oft im Schneidersitz,
lief aus dem Stand,
hatte einen Wirbel im Haar
und machte kein Gesicht beim fotografieren.
Als das Kind Kind war,
war es die Zeit der folgenden Fragen:
Warum bin ich ich und warum nicht du?
Warum bin ich hier und warum nicht dort?
Wann begann die Zeit und wo endet der Raum?
Ist das Leben unter der Sonne nicht bloß ein Traum?
Ist was ich sehe und höre und rieche
nicht bloß der Schein einer Welt vor der Welt?
Gibt es tatsächlich das Böse und Leute,
die wirklich die Bösen sind?
Wie kann es sein, daß ich, der ich bin,
bevor ich wurde, nicht war,
und daß einmal ich, der ich bin,
nicht mehr der ich bin, sein werde?
Als das Kind Kind war,
würgte es am Spinat, an den Erbsen, am Milchreis,
und am gedünsteten Blumenkohl.
und ißt jetzt das alles und nicht nur zur Not.
Als das Kind Kind war,
erwachte es einmal in einem fremden Bett
und jetzt immer wieder,
erschienen ihm viele Menschen schön
und jetzt nur noch im Glücksfall,
stellte es sich klar ein Paradies vor
und kann es jetzt höchstens ahnen,
konnte es sich Nichts nicht denken
und schaudert heute davor.
Als das Kind Kind war,
spielte es mit Begeisterung
und jetzt, so ganz bei der Sache wie damals, nur noch,
wenn diese Sache seine Arbeit ist.
Als das Kind Kind war,
genügten ihm als Nahrung Apfel, Brot,
und so ist es immer noch.
Als das Kind Kind war,
fielen ihm die Beeren wie nur Beeren in die Hand
und jetzt immer noch,
machten ihm die frischen Walnüsse eine rauhe Zunge
und jetzt immer noch,
hatte es auf jedem Berg
die Sehnsucht nach dem immer höheren Berg,
und in jeder Stadt
die Sehnsucht nach der noch größeren Stadt,
und das ist immer noch so,
griff im Wipfel eines Baums nach dem Kirschen in einemHochgefühl
wie auch heute noch,
eine Scheu vor jedem Fremden
und hat sie immer noch,
wartete es auf den ersten Schnee,
und wartet so immer noch.
* * *
Quando il bambino era bambino,
camminava con le braccia ciondoloni,
voleva che il ruscello fosse un fiume,
il fiume un torrente
e questa pozzanghera il mare.
Quando il bambino era bambino,
non sapeva di essere un bambino,
per lui tutto aveva un’anima
e tutte le anime erano un tutt’uno.
Quando il bambino era bambino
non aveva opinioni su nulla,
non aveva abitudini,
sedeva spesso con le gambe incrociate,
e di colpo si metteva a correre,
aveva un vortice tra i capelli
e non faceva facce da fotografo.
Quando il bambino era bambino,
era l’epoca di queste domande:
perché io sono io, e perché non sei tu?
perché sono qui, e perché non sono lì?
quando comincia il tempo, e dove finisce lo spazio?
la vita sotto il sole è forse solo un sogno?
non è solo l’apparenza di un mondo davanti al mondo
quello che vedo, sento e odoro?
c’è veramente il male e gente veramente cattiva?
come può essere che io, che sono io,
non c’ero prima di diventare,
e che, una volta, io, che sono io,
non sarò più quello che sono?
Quando il bambino era bambino,
si strozzava con gli spinaci, i piselli, il riso al latte,
e con il cavolfiore bollito,
e adesso mangia tutto questo, e non solo per necessità.
Quando il bambino era bambino,
una volta si svegliò in un letto sconosciuto,
e adesso questo gli succede sempre.
Molte persone gli sembravano belle,
e adesso questo gli succede solo in qualche raro caso di fortuna.
Si immaginava chiaramente il Paradiso,
e adesso riesce appena a sospettarlo,
non riusciva a immaginarsi il nulla,
e oggi trema alla sua idea.
Quando il bambino era bambino,
giocava con entusiasmo,
e, adesso, è tutto immerso nella cosa come allora,
soltanto quando questa cosa è il suo lavoro.
Quando il bambino era bambino,
per nutrirsi gli bastavano pane e mela,
ed è ancora così.
Quando il bambino era bambino,
le bacche gli cadevano in mano come solo le bacche sanno cadere,
ed è ancora così,
le noci fresche gli raspavano la lingua,
ed è ancora così,
a ogni monte,
sentiva nostalgia per una montagna ancora più alta,
e in ogni città,
sentiva nostalgia per una città ancora più grande,
ed è ancora così,
sulla cima di un albero prendeva le ciliegie tutto euforico,
com’è ancora oggi,
aveva timore davanti a ogni estraneo,
e continua ad averlo,
aspettava la prima neve,
e continua ad aspettarla.
Quando il bambino era bambino,
lanciava contro l’albero un bastone come fosse una lancia,
che ancora continua a vibrare.
Posted: Settembre 17th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, au-delà, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, Révolution | 25 Comments »
ACCELERATIONISM – A Symposium on Tendencies in Capitalism
14 December 2013, Alexanderplatz Berlin
www.xlrt.org / info@xlrt.org
Contemporary capitalism is an object of high abstraction. The symposium is an invitation to discuss and disclose the anonymous and inner tendencies of capitalism, to study its monetary, algorithmic and energetic viscera. How can one grasp the living drives of financial markets and technological innovation? And more importantly: who really produces and controls those drives and how could any alternative political subject emerge without such a complex knowledge?
The recent debate on accelerationism and the philosophical scene of Speculative Realism just reminded of an old question posed by Deleuze and Guattari: Which is the real revolutionary path? To withdraw from the world market or, on the opposite, to go further and “accelerate the process”, as Nietzsche already suggested long before the current Stillstand? For example today Germany finds itself in the eye of the storm: a mild social democracy at the center of Europe watching neoliberalism freely devastating the rest of the world.
There are multiple strategies of how to cross a stormy passage. In Ballard’s first and prophetic novel The Drowned World (1962), an imbalance in solar radiation causes the polar ice caps to melt and global temperatures to rise, leaving cities submerged by tropical lagoons where flora and fauna restart their evolution. Human population migrates towards the polar circles. Rather than being disturbed, the protagonist is enraptured by the new nature that is replacing the old world and decides to move south towards the sun.
Though encaged within cognitive capitalism, we call for an epistemic acceleration. The symposium convenes to refresh the cartography of the keywords employed in the last centuries to describe economy and the political response to it: development, progress, growth, accumulation, peak, degrowth, revolution, speculation, entropy, singularity, sustainability and so on. Today it is time to anticipate and accelerate, for sure, time for anastrophism and not catastrophism.
*
Curated by Armen Avanessian (spekulative-poetik.de) and Matteo Pasquinelli (matteopasquinelli.org)
Posted: Settembre 9th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, au-delà, epistemes & società, Marx oltre Marx, Révolution, situationism | 304 Comments »
di RICCARDO ANTONUCCI
A margine del convegno dal titolo “I situazionisti: teoria, arte e politica”, tenutosi all’Università di Roma 3 lo scorso 30 maggio, abbiamo intervistato Anselm Jappe, tra i relatori di questa giornata insieme, tra gli altri, a Mario Perniola (1). Si è parlato della recente mostra degli archivi Debord alla Bibliothèque Nationale de France e dell’attualità, o meglio della feconda inattualità, dell’opera del pensatore francese.
Dopo aver partecipato al collettivo tedesco Krisis, Anselm Jappe insegna attualmente estetica all’EHESS di Parigi, e all’Accademie d’Arte di Frosinone e di Tours. Ha studiato a fondo la corrente situazionista, ed è autore di numerosi articoli e volumi, in francese, tedesco e italiano, tra cui spiccano: Crédit à mort (Paris 2011), Contro il denaro (Milano 2012) e i due importanti volumi Guy Debord (Paris 2001, ried. Roma 2013) e L’avant garde inacceptable (Paris 2004).
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Posted: Settembre 8th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: arts, au-delà, epistemes & società, post-filosofia, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Postmoderno / Postmodernismi: appunti bibliografici di teoria e letteratura dagli Stati Uniti
di Paolo Simonetti
1.
Cos’è il postmoderno? E soprattutto, è mai esistito?
“I am, like, overthinking myself into brainfreeze, here”
Thomas Pynchon
Il titolo di questo saggio è un omaggio all’importante volume collettivo curato da Giovanni Cianci nel 1989 – intitolato
Modernismo / Moderni-smi – cui va il merito di aver affrontato il modernismo anglo-americano «nelle sue composite, complesse, diversificate articolazioni e correlazioni».
Ponendo il fenomeno nel «contesto più ampio delle sollecitazioni, delle poetiche e dei movimenti» del periodo e «disegnando la trama effettuale delle proposte, delle polemiche, delle intersezioni, dei prestiti e delle interazioni che alimentavano la tumultuosa sperimentazione in atto», Cianci si proponeva di «analizzarne i caratteri, gli aspetti e le tendenze costitutive […], lasciando parlare i singoli modernismi storici nella loro specifica essenza e particolarità, senza sacrificarli ad un astratto, tassonomico Modernismo»4.
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Posted: Settembre 1st, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, anthropos, au-delà, comune, comunismo, crisi sistemica, digital conflict, Marx oltre Marx, post-filosofia, postcapitalismo cognitivo, postoperaismo, Révolution | 6 Comments »
di COMMONWARE
Quando le lotte esplodono nei Brics. Ecco la questione che ci poniamo, o meglio a cui la Comune di Gezi e il movimento passe livre in Brasile ci pongono di fronte. In prima battuta, offrono l’occasione per mettere ancora una volta a critica il continuo ripresentarsi di un’immagine termidoriana dell’attuale fase.
Arrivati ormai al sesto anno della crisi, che a suo tempo definimmo globale e permanente, è come se per molti fosse ormai conclamata non solo l’insufficienza dei movimenti, ma un loro strutturale destino di sconfitta e irrisolutezza. Da qui la scelta di ripiegamenti e scorciatoie, poco conta se “in avanti” o “indietro”, se dettati da ingenua buona fede o da calcolo opportunistico. Il risultato è identico: l’evitare di confrontarsi con gli avanzamenti e i punti di blocco, cioè i nodi reali delle lotte laddove ci sono, oppure della loro difficoltà a emergere e diventare tessuto connettivo. “Ma in Italia di lotte non ce ne sono!”, recita la vulgata, dentro e fuori dai movimenti. É forse la stessa cosa che avrebbero potuto dire i compagni a Istanbul o a Rio de Janeiro, per non parlare degli Stati Uniti pre-occupy o in Tunisia ed Egitto prima dell’ondata rivoluzionaria che ha messo a soqquadro il Nord Africa. Sarebbero stati incauti, quei compagni, o quantomeno – possiamo dire oggi – non avrebbero considerato quelle genealogie più o meno profonde che di quelle insorgenze costituiscono l’indispensabile spina dorsale. Non ci interessa consultare la cabala o fare i bookmaker delle rivolte globali: il nostro compito, più sobrio e in definitiva più impegnativo, è di provare a leggere delle tendenze, di elaborare ipotesi politiche, di scommettere sulla differente composizione di elementi che già esistono o in modo caotico si stanno formando.
A tale scopo, queste lotte ci interrogano su questioni di fondo: innanzitutto, è possibile indicare un paradigma comune dei movimenti nella crisi? Non stiamo ovviamente parlando di un peraltro impensabile quadro unitario e omogeneo, quanto invece di elementi comuni che possano permettere di porre su un piano di immediata comunicazione e traducibilità le differenti lotte. Se questo paradigma è individuabile, in che modo quello che è avvenuto in Turchia e in Brasile lo modificano? I materiali di analisi e riflessione che presentiamo in apertura della nostra Cartografia delle lotte nella crisi offrono, in questa direzione, importanti contributi.
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Posted: Agosto 29th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, donnewomenfemmes, postgender, Révolution | Commenti disabilitati su Judith Butler
Quella che segue è la prima parte di una lunga intervista realizzata da Ursula del Aguila per la rivista francese Têtu . La traduzione, a quattro mani, proviene dall’originale in francese, che si trova qui, e da una versione in spagnolo, che si può leggere qui. Grazie ad Anna del Laboratorio Le Antigoni per la traduzione dal francese.
Il nuovo soggetto della rivoluzione (parte prima)
Il femminismo si è trovato in un vicolo cieco. È il parere di Judith Butler, importante filosofa all’origine delle teorie queer, ma è anche quello di Beatriz Preciado, che comincia il suo Testo Junkie chiedendosi: «che genere di femminista sono io oggi, una femminista dipendente dal testosterone, o un transgender dipendente dal femminismo?». Non serve a niente addentrarsi ulteriormente nella denuncia perpetua delle ineguaglianze di cui le donne sono vittime, bisogna piuttosto analizzare la sostanza stessa dell’identità «donna» che le imprigiona. Anche la Butler si interessa, dagli inizi degli anni novanta, alla realtà del genere, sempre disturbata (si pensi al suo famoso Gender Trouble), ma attraverso la lente dell’omosessualità.
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Posted: Agosto 27th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, bio, donnewomenfemmes, epistemes & società, post-filosofia, psichè, Révolution | 20 Comments »
di Judith Butler
[Esce in questi giorni la nuova traduzione italiana di The Psychic Life of Power : Theories in Subjection di Judith Butler (La vita psichica del potere. Teorie del soggetto, a cura di Federico Zappino, Mimesis 2013). Ne presentiamo un estratto. «Ognuno di noi – si legge nel risvolto di copertina dell’edizione italiana – contribuisce attivamente a creare i meccanismi di quel potere che poi subisce. […] Butler ricostruisce scrupolosamente il modo in cui ogni soggetto è sempre compromesso con il potere che lo assoggetta. Questo circolo virtuoso di collaborazione, spesso inconsapevole, si crea nella contiguità e nella mutua reciprocità tra universo psichico individuale e universo della cultura condivisa. Universi che creano una dimensione comune, senza soluzione di continuità. Lungi dall’esprimere giudizi morali su questo meccanismo – autentico tratto distintivo del nostro tempo –, tra le pieghe dell’analisi di Butler l’unica forma di emancipazione possibile si può ravvisare nel momento in cui la connessione tra mondo interno psichico e mondo esterno sociale viene individuata, esplicitata e messa a tema in modo critico dal soggetto che la produce»].
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Posted: Agosto 24th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: 99%, au-delà, comune, digital conflict, epistemes & società, hacking, Révolution, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Nuvole cinguettanti che offuscano i padroni della Rete
di Pizio Daniele
La rivoluzione o la rivolta non si fanno con Twitter, come è stato sostenuto con le primavere arabe. Il social network ha però il potere di veicolare punti di vista ostili al potere. Un volume sul suo uso politico.
Il sapere, è noto, non è fatto per comprendere ma per prendere posizione. Un’affermazione che sembra tanto più vera quando ci si ritrova tra le mani Blitzkrieg Tweet. Come farsi esplodere in rete, l’ultimo libro di Francesco De Collibus (Agenzia X, pp. 136, euro 12): dalla sua lettura, statene certi, trarrete spunti preziosi per decidere come schierare le vostre truppe sul campo di battaglia dell’informazione.
Una premessa è doverosa. L’autore (filosofo, informatico e animatore di spinoza.it) non ha dato alle stampe l’ennesimo manuale di guerriglia marketing. O almeno, non sembra essere stato mosso da quest’unico intento. Certo, il libro è denso di suggerimenti su come concepire le vostre bombe mediatiche, influenzare l’opinione pubblica e «incendiare» il terreno della comunicazione (possibilmente senza farvi terra bruciata intorno). Ma allo stesso tempo, sotto la superficie delle 130 gustose pagine pubblicate da Agenzia X scorre come un fiume carsico una stimolante riflessione sulla rete, le ambivalenze dei fenomeni sociali che l’attraversano e i pericoli che ne stanno mettendo a repentaglio la libertà.
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Posted: Luglio 28th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, au-delà, Earth, epistemes & società | Commenti disabilitati su First contact. Nota breve su Jared Diamond
di Marco Dotti
Quando Michael Leahy arrangiò il grammofono su una stuoia, il «primo contatto» era già avvenuto, ma gli indigeni continuavano a fissare lui e gli altri membri della spedizione con un misto di stupore tragico e sospettosa attenzione. Un’allegra musichetta in voga in quegli anni, Looking on the Bright Side of Life, saturò l’aria già densa di umidità e catturò gli abitanti che si erano radunati attorno a quell’ispettore minerario improvvisatosi antropologo. Lo stupore di Leahy fu però grande, quando non li vide danzare come lui e il suo immaginario si sarebbero aspettati. Li fotografò, attese ancora, la musica continuava, ma niente: i “selvaggi” se ne stavano immobili. Solo dopo molte note iniziarono le danze, ma con cadenze quasi forzate e con quegli sguardi straniti che proprio le fotografie e i filmati girati da Leahy ci hanno consegnato. È celebre, su tutte, l’immagine scattata da Leahy di un guineano che piange, in preda al panico e al terrore, durante il «first contact» con l’uomo bianco.
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Posted: Luglio 27th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, arts, au-delà, epistemes & società, kunst, vita quotidiana | Commenti disabilitati su Dimenticare Las Vegas?
di Andrea Bonavoglia
Alba del postmodern
Nel 1972 Robert Venturi, architetto e docente americano di notorietà internazionale, pubblica insieme alla moglie Denise Scott Brown e al collega Steven Izenour un libro dal titolo sorprendente, “Learning from Las Vegas”. Nel 1974 il gruppo SITE progetta la facciata indeterminata, o meglio apparentemente crollata, dei magazzini BEST di Houston, primi di una celebre serie. Nel 1978 Charles Moore completa il progetto di Piazza d’Italia nel centro di New Orleans, da molti considerata il paradigma del nuovo stile. Nel 1980 la “Strada Novissima” della Biennale di Venezia porta le nuove scelte sulle prime pagine delle riviste e dei giornali, mentre il libro di Paolo Portoghesi “Dopo l’architettura moderna” ne pone una base teorica all’europea: il postmodern ormai è nato, ha ricevuto il suo nome e si sviluppa rapidamente. Oggi, 2013, la sua morte è già stata decretata diverse volte, ma è senza alcun dubbio una morte apparente.
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