Per una genealogia del sicuritarismo
Posted: Febbraio 5th, 2013 | Author: agaragar | Filed under: anthropos, crisi sistemica, epistemes & società | 15 Comments »di Alessandro Simoncini
di Alessandro Simoncini
Foucault: pensare la storia della verità con Nietzsche
di Giuseppe Zuccarino
Il 2 dicembre 1970, Michel Foucault tiene la lezione inaugurale della nuova cattedra di Storia dei sistemi di pensiero, istituita per lui al Collège de France. Il testo, che è di carattere programmatico, sarà pubblicato poco tempo dopo, nella forma di un volumetto dal titolo L’ordre du discours(1). In questo scritto, fin quasi dall’esordio, il filosofo espone la sua tesi di fondo, secondo cui «in ogni società la produzione del discorso è insieme controllata, selezionata, organizzata e ridistribuita tramite un certo numero di procedure che hanno la funzione di scongiurarne i poteri e i pericoli, di padroneggiarne l’evento aleatorio, di schivarne la pesante, temibile materialità»(2).
di COLLETTIVO UNINOMADE
1. L’approssimarsi delle elezioni, lungi dal mobilitare le nostre passioni, impone una riflessione da situare nella fragilità degli “inneschi” soggettivi che potrebbero fare della crisi un campo di pratiche contro-costituenti. Se la scena è occupata dai populismi che si contendono la rappresentanza di un paese declassato nella competizione capitalistica internazionale, occorre infatti assumere come dato di partenza la non sufficienza, nello spazio aperto dalla crisi globale, delle pratiche di resistenza e di affermazione degli impoveriti e dei poveri.
Da tempo ci chiediamo per quali ragioni in Italia non vi siano state piazze Tahrir, Puerta del Sol, Syntagma o Zuccotti Park. Le fiammate che pure si levano non hanno trovato ad oggi uno spazio “compositivo” e di generalizzazione. L’11 per cento di disoccupati (secondo i criteri ufficiali dell’ILO, in realtà sopra il 20 per cento considerando gli inattivi disponibili a lavorare) e il 37 per cento tra gli under 25, il 28 per cento di persone a rischio povertà, lo smottamento dei redditi al livello del 1986, in sé non producono ricomposizione. E la riflessione sulla crisi non può omettere di assumere la tenuta, in Italia, delle pur esauste istituzioni societarie – a partire dalla famiglia, le agenzie locali del welfare, le associazioni, ecc. – nell’arginare i disastri prodotti dai mercati. Ciò che fa da argine, tuttavia, è anche struttura corruttiva del comune, disorientamento dei percorsi di soggettivazione, forza disciplinante.