Zizek

Posted: Marzo 3rd, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su Zizek

L’epoca delle rivolte borghesi

di Slavoj Zizek

Come ha fatto Bill Gates a diventare l’uomo più ricco d’America? La sua ricchezza non ha nulla a che fare con la produzione di software di qualità a prezzi inferiori a quelli della concorrenza o con uno “sfruttamento” più efficace dei suoi dipendenti (la Microsoft paga uno stipendio relativamente alto ai lavoratori intellettuali).

Il software della Microsoft continua a essere comprato da milioni di persone perché è riuscito a imporsi come uno standard quasi universale, monopolizzando in pratica il settore, quasi una personificazione di quello che Marx chiamava “intelletto generale”, riferendosi al sapere collettivo in tutte le sue forme, dalla scienza al know how pratico. Bill Gates ha di fatto privatizzato parte dell’intelletto generale ed è diventato ricco intascando i profitti.

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Aldo Busi

Posted: Marzo 3rd, 2012 | Author: | Filed under: General | Commenti disabilitati su Aldo Busi

Lucio Dalla santo subito? Un intervento fuori dal coro

Aldo Busi: “Lucio Dalla? Un chierichetto furbastro”
di Aldo Busi, da dagospia.it

Conta di più la vita o l’opera? L’opera, se la vita ne è la superflua coerenza. Se la vita non è coerente con l’opera che produce, il dibattito resta aperto, ma non per me: non conta né l’una né l’altra, entrambe contano solo per l’occasione sprecata di farne tutt’uno. Quindi, via, giù nell’imbuto dell’oblio delle cose che ne nascondono troppe altre per non appartenere più alla fogna dell’arrivare con meno problemi al ventisette del proprio mese che al ruscello di acqua davvero sorgiva e ristoratrice in tutte le sue preziose molecole per l’umanità assetata.

Anch’io, come Joseph Hansen, penso che “un Dostoevskij che non accenna alla sua epilessia o alla sua dipendenza dal gioco” non sarebbe arrivato lontano e che è superflua ogni opera di chi, invece di raccontare innanzitutto di quanto gli è più prossimo e sa perché accade in lui, fa un balzello in avanti per rimuovere l’indicibile e fastidioso ostacolo della sua umanità per quel che è e si cimenta con i grandi orizzonti esistenziali tanto più gratificanti, che poi risultano essere striminziti tra i piccoli paraocchi di un lirismo demagogico o di una sociologia d’accatto, grazie ai quali arriverà alla santificazione del popolo bue, così attento a glorificarsi attraverso i suoi campioni del sentimentalismo universale.

E’ uno scarto psichico inevitabile, una sensazione di imbarazzo, un sapore di fregatura sistematica: un omosessuale non pubblicamente dichiarato che quindi se ne strafotta della morale sessuale cattolica, che mai nulla ha espresso contro l’omofobia di matrice clericale che impesta il suo Paese, che mai una volta ha preso posizione aperta per i diritti calpestati dei cittadini suoi simili di sventura politica e civile e razziale, un tipo così che, per esempio, scrive e canta il suo amore per una donna viene prima (per mediocrità di carattere, ipocrisia deliberata, amore del quieto vivere a discapito di chi lotta per i suoi stessi diritti da lui per primo negati) della bellezza o bruttezza della sua dedica impropriamente musicata.

Non vedi l’omaggio alla donna, vedi la ridicola falsità e la necessità estetica per conto terzi che vi soggiace. Ho sempre pensato che Lucio Dalla fosse un checchesco buontempone, un chierichetto furbastro – le sue interviste sono un vero florilegio di banalità in ossequio alla morale comune e all’autorità costituita, alla maniera di Celentano, che a me non piace nemmeno quando canta – e non basta la morte per cancellare la magagna del gay represso cattolico (represso alla luce del sole, il che non ne inibisce certamente il godimento tra le tenebre della vita privata, anzi, le implementa, come ben si sa) che si permette tutte le scorciatoie di comodo (l’arte, il fine superiore e balle varie) pur di non prendere la strada maestra più sensata della basilare affermazione di sé, anche se più accidentata.

Ho sempre pensato, senza mai lasciargli il tempo di aprire bocca per cantare, che un artista che si fa un problema di un tale nonnulla sessuale e che così sessisticamente ruminando offende tutti coloro che, con grande sprezzo del rischio e grossi patimenti personali, hanno ribaltato lo pseudoproblema addosso a chi gli imponeva di farsene uno, sia un povero cristo scansafatiche indegno di altra attenzione.

I ben documentati rapporti di Dalla con Craxi e l’Opus Dei, nonché con l’angelo custode che dichiarò di avere visto al suo fianco, me lo rendono poi addirittura indigesto, per amore della pila sapeva individuare bene dove andare a fare il baciapile, non erano certo le protezioni in alto loco a mancargli, era trasgressivo dove esserlo è di moda e alla portata di qualunque reazionario di mondo, anche se gli sono debitore di molte risate allorché fece un programma televisivo con Sabrina Ferilli in cui si sforzava di dare a vedere che la desiderava – invano, per sua fortuna, e non certo perché fosse di una struggente laidezza fisica.

Non so se le canzoni di Dalla sono belle o brutte, come ne sento l’attacco alla radio, spengo. In questo senso, è in buona compagnia, tutti di autorinnegati di successo. Ve la lascio tutta, o prefiche e sorcini degli scomparsi ad arte già in vita. Io, da parte mia, continuerò a pensare che i veri eroi di Bologna sono i famigliari delle vittime della Uno Bianca e della strage della stazione ferroviaria rimasta impunita, eroi silenziosi sempre più dimenticati, quasi rimossi, attorno a loro io non smetterò un istante di stringermi in un cordoglio senza fine, e purtroppo senza pace.

(3 marzo 2012)


NO TAV!

Posted: Marzo 1st, 2012 | Author: | Filed under: Révolution | Commenti disabilitati su NO TAV!

Valsusa: dove e perché rompere la costruzione della mitologia negativa dei “duri” e delle “frange estreme”

“La resistenza è sempre possibile. Ma dobbiamo impegnarci nella resistenza sviluppando prima di tutto l’idea di una cultura tecnologica. Nonostante tutto, ai nostri giorni, quest’idea è enormemente sottosviluppata. Per esempio abbiamo sviluppato una cultura artistica e letteraria. Ma gli ideali di una cultura tecnologica rimangono sottosviluppati e, per questo motivo, al di fuori della cultura popolare e degli ideali pratici di democrazia. Ecco perché la società come insieme non ha controllo sugli sviluppi tecnologici. E questo rappresenta una delle più gravi minacce alla democrazia nel prossimo futuro”. Paul Virilio (Intervistato da John Armitage in “The Kosovo War Took Place in Orbital Space” in C Theory, 18, 2000)

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Parlare delle Valsusa citando un passaggio di questa intervista a Virilio di John Armitage, che ha fa parte di una lunga serie di colloqui tra i due autori praticamente sconosciuta in Italia, può sembrare un giochetto estetico quanto il curioso titolo preso da questo colloquio del 2000. Che rifletteva l’idea che uno dei più sanguinosi conflitti etnici in Europa dalla fine della guerra fredda, quello del Kosovo, trovasse un piano strategico di espressione nello spazio orbitale della comunicazione via satellite delle televisioni generaliste e non solo. Alla fine, nonostante il ‘900 avesse già dato ampiamente notizia del fenomeno, in anni più recenti, dall’inizio del secolo, ci si è giocoforza attestati sulla convinzione che i conflitti si vincono, e si perdono, su due piani solidamente intrecciati: il terreno fisico di conflitto e lo spazio digitale comunicativo. Non solo, quest’ultimo spazio è decisivo, dal punto di vista politico, per ampliare o ridurre la portata delle vittorie come delle sconfitte. Afghanistan, Iraq, Libia, Siria, Grecia, le stesse rivolte inglesi sono lezioni che ruotano attorno a questo insegnamento. Se infatti vogliamo applicare queste lezioni non alla guerra ma ai conflitti sociali la vicenda della disconnessione del risultato dei referendum del 2011 dallo spazio mediale ufficiale è paradigmatica. L’esito di una battaglia, per quanto sia senza morti e feriti, se disconnesso velocemente dallo spazio mediale ufficiale può prendere direzioni di significato persino opposte rispetto al suo risultato originario. L’effetto giuridico e politico, che questo risultato originario aveva prodotto sul campo,  finirà quindi prima per ridursi poi per dissolversi.

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