Il “nudo” e il “sacro”

Posted: Febbraio 13th, 2012 | Author: | Filed under: bio, comune, Marx oltre Marx, post-filosofia | Commenti disabilitati su Il “nudo” e il “sacro”

La biopolitica di Giorgio Agamben

di Fabio Milazzo

“La storia della ratio governamentale,
la storia della ragione governamentale
e la storia delle contro condotte che le si sono opposte non possono essere dissociate l’una dall’ altra.”
Michel Foucault, Sicurezza, territorio e popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978), p.365).

Nel 1979 Michel Foucault rese celebre il concetto di “biopolitica” dedicandogli un intero corso al Collège de France[1].
Durante il ciclo di lezioni Foucault cercò di dimostrare la correlazione tra il liberalismo, l’economia e il governo. L’economia, con il liberalismo, diventa il paradigma orientante le pratiche di governo.
“ Mi sembra che l’analisi della biopolitica non si possa fare senza aver compreso il regime generale di questa ragione governamentale di cui vi sto parlando, regime generale che si può chiamare questione di verità, in primo luogo della verità all’interno della ragione governamentale, e di conseguenza se non si comprende bene di che cosa si tratta in questo regime che è il liberalismo, (…) e una volta che avremo saputo che cos’è questo regime governamentale chiamato liberalismo potremo sapere cos’è la biopolitica”[2].

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Intervista a Lunghini

Posted: Febbraio 12th, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica | Commenti disabilitati su Intervista a Lunghini

“Per salvare l’Italia Monti faccia cose di sinistra”

Niccolò Cavalli

Applicando la ricetta individuata da Keynes nell’ultimo capitolo della Teoria generale, l’Italia potrebbe crescere in 5 anni del 2,5% in termini reali. Ne è convinto Giorgio Lunghini, ordinario di Economia politica all’Università di Pavia e accademico dei Lincei. Per l’economista l’azione del Governo Monti, improntata a una politica “dei due tempi”, è per definizione fallimentare: «È vero che il vincolo di bilancio è un problema reale, ma l’equità e la crescita lo sono altrettanto, anche perchè le condizioni del debito pubblico italiane non sono affatto disastrose, mentre ciò che spaventa gli investitori è principalmente il fatto che l’economia non cresca da almeno 10, 15 anni».

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Revolution

Posted: Febbraio 11th, 2012 | Author: | Filed under: Révolution | 1 Comment »

Οι λαοί έχουν τη δύναμη, δεν παραδίδονται ποτέ. Οργάνωση, αντεπίθεση!

The peoples have the power and never surrender. Organize counterattack!

I popoli hanno il potere e non si arrendono mai. Organizziamo il contrattacco!

“PAME” sindacato comunista.


A Beirut per leggere il futuro

Posted: Febbraio 9th, 2012 | Author: | Filed under: bio, vita quotidiana | Commenti disabilitati su A Beirut per leggere il futuro

di Franco Berardi “Bifo”

yani

Nuovamente si spegne la luce. Quanto a lungo resteremo al buio questa volta? Mezzo minuto.
Ci sono queste brevi interruzioni dell’elettricità, nessuno ci fa caso. Ma ogni volta potrebbe essere la volta buona, you know what I mean. Yani. L’intercalare più frequente. Un attimo di sospensione. Un attimo prima.

Solo i computer non si spengono ai tavoli del bread republic, e ciascuno continua a digitare imperterrito la faccia illuminata dalla luce eterna del ciberspazio. Mi sono svegliato presto stamattina alle sei e tre quarti in preda a un’eccitazione pericolosa, folle. Ieri sera al Time out con una siriana un indiano due palestinesi un’italiana tre libanesi una mezza inglese e mezza non so cosa a parlare dei Grundrisse, del general intellect, della poesia dell’esaurimento dell’energia fisica e psichica, e della demografia mondiale. Nessuno fa cenno a quello che sta succedendo in Siria perché tutti lo sanno benissimo. Duecento morti al giorno a un’ora di auto da qui, e la violenza pronta a esplodere in ogni istante all’angolo di strada per ragioni imperscrutabili. Come reagirà Hezbollah al possibile crollo del regime siriano? Come reagirà Israele alla possibile reazione di Hezbollah?

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Zizek

Posted: Febbraio 9th, 2012 | Author: | Filed under: bio, comune | Commenti disabilitati su Zizek

La Rivolta della Borghesia Salariata

Come ha fatto Bill Gates a diventare l’uomo più ricco d’America? La sua ricchezza non ha nulla a che fare con la produzione di un buon software Microsoft a prezzi inferiori rispetto ai suoi concorrenti, o con lo ’sfruttare’ i suoi lavoratori con più successo (Microsoft paga i lavoratori intellettuali uno stipendio relativamente alto). Milioni di persone ancora acquistano il software Microsoft, perché Microsoft si è imposto come uno standard quasi universale, praticamente monopolizzando il campo, come una incarnazione di ciò che Marx chiamava il ‘General Intellect’, con la quale egli intendeva la conoscenza collettiva in tutte le sue forme, dalla scienza al know-how pratico. Gates effettivamente ha privatizzato parte del general intellect ed è diventato ricco appropriandosi della rendita che ne seguì.

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il manifesto

Posted: Febbraio 9th, 2012 | Author: | Filed under: comune | Commenti disabilitati su il manifesto

Senza fine

09.02.2012

Siamo alla prova cruciale, al corpo a corpo con la nostra stessa vita materiale e politica. Il manifesto andrà in liquidazione coatta amministrativa. Verranno funzionari di governo, che si sostituiranno al nostro consiglio di amministrazione. È una procedura cui siamo stati costretti dai tagli alla legge dell’editoria. Noi, come altre cento testate, nazionali e locali, non potremo chiudere il bilancio del 2011. Mario Monti e il ministro Passera potrebbero riuscire dove Berlusconi e Tremonti hanno fallito. Usiamo il condizionale perché non abbandoniamo il campo di battaglia e siamo ancora più determinati a combattere contro le leggi di un mercato che della libertà d’informazione farebbe volentieri un grande falò. La fine del manifesto sarebbe la vittoria senza prigionieri di un sistema che considera la libertà di stampa non un diritto costituzionale ma una concessione per un popolo di sudditi. La fisionomia della nostra testata, il suo carattere di editore puro, il nostro essere una cooperativa di giornalisti, hanno sempre costituito una felice anomalia, un’eresia, la testimonianza in carne e ossa che il mercato non è il monarca assoluto e le sue leggi non sono le nostre.

Il compito che ci assumiamo e a cui vi chiediamo di partecipare è tutto politico. I tagli ai finanziamenti per l’editoria cooperativa e politica non sono misurabili «solo» in euro, in bilanci in rosso, in disoccupazione. Naturalmente, se avessimo la testa di un Marchionne sapremmo cosa fare per far quadrare i bilanci. Così come un vero mercato della pubblicità ci aiuterebbe a far quadrare i conti, e un aumento dei lettori nel nostro paese ci farebbe vivere in una buona democrazia. Ma è altrettanto evidente che le nostre difficoltà sono lo specchio della profonda crisi della politica, l’effetto di quella controrivoluzione che ha coltivato i semi dell’antipolitica, del «sono tutti uguali» fino a una sorta di pulizia etnica delle idee e dell’informazione.

Care lettrici e cari lettori, siamo chiamati, noi e voi, a una sfida difficile e avvincente. Dovremo superare nemici visibili e trappole insidiose. Sappiamo come replicare alle politiche di questo governo, ma siamo profeti disarmati contro il successo del populismo, che urla contro il potere assumendone modi e fattezze. State con noi, comprateci tutti i giorni, abbiamo bisogno di ognuno di voi. Adesso che tutti hanno imparato lo slogan dei beni comuni, lasciateci la presunzione di avere rappresentato una delle sue radici, antica e disinteressata. Ed è per questo che nell’origine della nostra storia crediamo di vedere ancora una vita futura.


Netwar 2.0: Verso una convergenza della “calle” e della rete

Posted: Febbraio 7th, 2012 | Author: | Filed under: comune, Révolution | Commenti disabilitati su Netwar 2.0: Verso una convergenza della “calle” e della rete

di GIORGIO GRIZIOTTI, DARIO LOVAGLIO e TIZIANA TERRANOVA

Circa un anno fa la nascente forza d’espressione della moltitudine sulla rete si è imposta all’attenzione mondiale nella battaglia Wikileaks ed in seguito, a partire dalla Tunisia , nelle rivoluzioni di quella grande area e nei movimenti 15M e Occupy.

Dopo un anno chiave, denso di minacce e promesse nate, queste ultime, da un movimento mondiale completamente nuovo, la governance finanziarizzata, cosciente della grande minaccia che l’autocomunicazione orizzontale delle moltitudini fa pesare sul suo dominio, cerca di riprendere con forza l’attacco alla libertà sulla rete.

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Ulrich Beck

Posted: Febbraio 7th, 2012 | Author: | Filed under: crisi sistemica | Commenti disabilitati su Ulrich Beck

Il rischio globale che minaccia il capitalismo

Nel gennaio 2009, all´inaugurazione di un nuovo, sontuoso edificio della London School of Economics, la regina Elisabetta II si è rivolta all´intellighenzia del mondo economico, riunita per l´occasione, con una domanda tanto innocente quanto insidiosa – la stessa che il mondo intero si pone senza ricevere risposta: come mai nessuno di voi ci ha avvisati del rischio di tracollo dei mercati finanziari?

Di fatto, se è vero che le grandi banche e i loro manager non sono stati all´altezza, hanno fallito anche i teorici del rischio in campo economico. Nella tragicommedia rappresentata dal vivo su tutte le scene mondiali, in una successione di scompigli e trasformazioni che sembra non aver fine, i liberisti duri e puri hanno compiuto un percorso di conversione, dalla fede nel mercato alla fede nello Stato – e ritorno! Stanno chiedendo, anzi elemosinando la grazia di interventi statali: una prassi che pure hanno sempre condannato, finché è durata l´effervescenza dei profitti. Quando negli anni 1930, al tempo della prima crisi economica mondiale, Keynes tentò di decifrare i segreti dell´economia, il suo pensiero si soffermò sulla distinzione tra rischio e non conoscenza.

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Da Marx all’operaismo

Posted: Febbraio 6th, 2012 | Author: | Filed under: comune | Commenti disabilitati su Da Marx all’operaismo

Da Marx all’operaismo: storia, concetti, problemi

UniNomade Commonware

Percorso di autoformazione
Bologna, gennaio-maggio 2012

Commonware è lo spazio di UniNomade dedicato alla condivisione dei saperi e alla costruzione di percorsi di conricerca e autoformazione. É una cassetta degli attrezzi per i movimenti e dentro i movimenti, un luogo di elaborazione di nomi e categorie comuni, un laboratorio di formazione politica e di inchiesta militante. Commonware è in particolare una critica della società della conoscenza e un modulo replicabile e virale che sfida gli open courseware dell’accademia globale, cioè i pacchetti formativi dell’università-azienda che producono dequalificazione e precarietà.

Il primo corso di Commonware ha come obiettivo la socializzazione ed elaborazione critica di esperienze e concetti della storia del pensiero radicale e della lotta di classe, a partire da Marx fino ad arrivare all’operaismo. Nelle otto lezioni previste ci poniamo l’obiettivo di costruire una base condivisa per riflettere sugli strumenti fondamentali volti a comprendere la genealogia del presente e, dunque, ad agire al suo interno in direzione di una trasformazione dei rapporti sociali.

Questa prima sperimentazione laboratoriale si terrà dalla metà di gennaio alla fine di giugno 2012 a Bologna, per poter consentire una continuità nel percorso formativo a coloro che vi prenderanno parte. A tal scopo mettiamo a disposizione una bibliografia consigliata, oltre a testi e materiali che verranno indicati di volta in volta nel corso. Essendo un modello riproducibile, il laboratorio proseguirà di semestre in semestre in altri luoghi, per dare concretamente corpo a un’università nomade. Tutte le lezioni verranno trasmesse in streaming e raccolte alla pagina Commonware, così da consentire a tutti di seguirle in diretta o di scaricare l’intero modulo formativo. Per partecipare al corso o chiedere ulteriori informazioni potete scrivere all’indirizzo
commonware@uninomade.org

Programma

Università di Bologna (Aula 2 – Facoltà di Lettere e Filosofia, Via Zamboni 38)

#1 – Introduzione al corso
Sandro Mezzadra e Gigi Roggero (martedì 24 gennaio, h. 16)

#2 – Marx: un’introduzione alla critica dell’economia politica
Adelino Zanini (martedì 31 gennaio, h. 16)

#3 – Stato e costituzione
Sandro Chignola (mercoledì 22 febbraio, h. 16)

#4 – Storia dei movimenti dagli anni ’60 a oggi
Antonio Negri (mercoledì 7 marzo, h. 16)

#5 – Moneta e capitale finanziario
Christian Marazzi (venerdì 23 marzo, h. 16)

#6 – Produzione/riproduzione e critica femminista
Alisa Del Re (giovedì 29 marzo, h. 16)

#7 – Operaismo e composizione di classe
Sergio Bologna (giovedì 17 maggio, h. 16)

#8 Inchiesta e conricerca
Federico Chicchi e Salvatore Cominu (mercoledì 30 maggio, h. 16)


Mi ribello, quindi siamo

Posted: Febbraio 6th, 2012 | Author: | Filed under: arts | Commenti disabilitati su Mi ribello, quindi siamo

di Albert Camus

Che cos’è un uomo in rivolta? È innanzitutto un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia: è anche un uomo che dice sì. Osserviamo nel dettaglio il movimento di rivolta. Un funzionario che ha ricevuto ordini per tutta la vita giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Insorge e dice no. Che cosa significa questo no?

Significa, per esempio: «Le cose hanno durato abbastanza», «esistono limiti che non possono essere superati», «fin qui, sì, al di là, no», o ancora: «andate troppo in là». Insomma, questo no afferma l’esistenza di una frontiera. Sotto un’altra forma ancora la stessa idea si ritrova nella sensazione dell’uomo in rivolta che l’altro ‘esageri’, «che non ci siano ragioni per», alla fine «ch’egli oltrepassi il suo diritto», fondando, per concludere, la frontiera il diritto. Non esiste rivolta senza la sensazione di avere in se stessi in qualche modo e da qualche parte ragione. È per questo che il funzionario in rivolta dice ad un tempo sì e no. Perché afferma, assieme alla frontiera, tutto ciò che custodisce e preserva al di qua della frontiera. Afferma che in lui c’è qualcosa di cui vale la pena prendersi cura.

Insieme alla repulsione verso l’intruso, esiste in ogni rivolta un’adesione intera e istantanea dell’uomo a una certa parte dell’esperienza umana. Ma qual è questa parte?
Si potrebbe affermare che il no del funzionario in rivolta rappresenta soltanto gli atti che rifiuta di compiere. Ma si noterà che questo no significa tanto «esistono cose che io non posso fare» quanto «esistono cose che voi non potete fare». Si vede già che l’affermazione della rivolta si estende a qualche cosa che trascende l’individuo, che lo trae dalla sua supposta solitudine, e che fonda un valore. Ci si limiterà, al momento, a identificare questo valore con ciò che, nell’uomo, rimane irriducibile.

Precisiamo almeno che si tratta proprio di un valore. Per quanto confusamente, esiste una presa di coscienza consecutiva al moto di rivolta. Questa presa di coscienza consiste nella percezione improvvisa di un valore con cui l’uomo può identificarsi totalmente. Perché, fin qui, quest’identificazione non era realmente sentita. Tutti gli ordini e le esazioni anteriori al moto di rivolta, il funzionario li subiva. Spesso, anzi, aveva ricevuto senza reagire ordini più rivoltanti di quello che fa scattare il suo moto.

Ma portava pazienza, incerto ancora del proprio diritto. Con la perdita della pazienza, con l’impazienza, comincia un movimento che può estendersi a tutto ciò che in precedenza veniva accettato. Questo movimento è quasi sempre retroattivo. Il funzionario, nell’istante in cui non riconosce la riflessione umiliante del suo superiore, rifiuta insieme lo stato di funzionario per intero. Il moto di rivolta lo porta più in là di quanto egli non vada con un semplice rifiuto.

Prende le distanze dal proprio passato, trascende la propria storia. Precedentemente invischiato in un compromesso, si getta d’un tratto nel Tutto o Niente; ciò che dapprima era la parte irriducibile dell’uomo diventa l’uomo intero. Nel moto della propria rivolta, l’uomo prende coscienza di un valore in cui crede di potersi riassumere. Ma come si vede, prende coscienza, contemporaneamente, di un ‘tutto’ ancora piuttosto oscuro e di un ‘niente’ che significa esattamente la possibilità di sacrificio dell’uomo a questo tutto. L’uomo in rivolta vuole essere tutto- vale a dire questo valore di cui ad un tratto ha preso coscienza e che vuole venga riconosciuto e accettato nella sua persona – o niente, vale a dire essere decaduto ad opera della forza che lo domina. Al limite, accetterà di morire.

Mette sulla bilancia la morte e quanto chiamerà, per esempio, la sua libertà. Dunque, si tratta davvero di un valore, e uno studio dettagliato della nozione di rivolta dovrebbe ricavare, da questa semplice osservazione, l’idea che la rivolta, contrariamente all’opinione corrente, e benché nasca da ciò che l’uomo ha di più strettamente individuale, mette in questione il concetto stesso di individuo. Perché se l’individuo, in casi estremi, accetta di morire e nel moto della propria rivolta muore, dimostra con ciò ch’egli si sacrifica a favore di una verità che oltrepassa il suo destino individuale, che va più in là della sua personale esistenza. Se preferisce l’eventualità della morte alla negazione di questa parte dell’uomo che egli protegge, è perché valuta quest’ultima più generale di se stesso.

La parte che l’uomo in rivolta protegge, egli ha la sensazione di averla in comune con tutti gli uomini. È da ciò che essa trae all’improvviso la sua trascendenza. È per tutte le esistenze a un tempo che insorge il funzionario quando giudica che, da un dato ordine, viene negata qualche cosa in lui che non gli appartiene in modo esclusivo, ma che è un luogo comune in cui tutti gli uomini, anche colui che l’insulta e l’opprime, hanno già pronta una forma di solidarietà. Esiste una complicità che unisce la vittima al carnefice.

La rivolta non nasce solamente e necessariamente nell’oppresso, ma può nascere anche dallo spettacolo dell’oppressione. Esiste in questo caso un’identificazione con l’altro individuo. Non si tratta di un’identificazione psicologica, sotterfugio per mezzo del quale l’individuo sentirebbe nella sua immaginazione che è a lui che s’indirizza l’offesa (perché, al contrario, si arriva a non sopportare di veder infliggere ad altri delle offese che noi stessi abbiamo subito senza rivolta). Esiste solamente un’identificazione di destini e un prender partito. L’individuo, dunque, non è in se stesso quel valore che vuole difendere. Occorrono tutti gli uomini per costituirlo. È nella rivolta che l’uomo si supera nell’altro, e, da questo punto di vista, la solidarietà umana è metafisica. Nell’esperienza assurda, la tragedia è individuale. A partire dal movimento di rivolta, essa ha coscienza d’esser collettiva.

Il testo di Camus, inedito in Italia, è ora pubblicato per la prima volta nel n. 42 de «La società degli individui», quadrimestrale di filosofia e teoria sociale, edito da Franco Angeli e presente nelle principali librerie.