Il comunismo della conoscenza
Posted: Dicembre 2nd, 2014 | Author: agaragar | Filed under: au-delà, bio, comune, digital conflict, epistemes & società, Marx oltre Marx, postcapitalismo cognitivo | Commenti disabilitati su Il comunismo della conoscenzadi André Gorz
La conoscenza, l’informazione sono per essenza dei beni comuni, che appartengono a tutto il mondo, che dunque non possono diventare proprietà priva e mercantile, senza essere mutilati dalla loro utilità. Però se la forza produttiva decisiva (quella dell’intelligenza della conoscenza) non si presta a diventare una merce, le categorie tradizionali dell’economia politica entrano in crisi : il lavoro, il valore, il capitale. Il valore, nel senso dell’economia capitalista, delle conoscenze è indicibile. È impossibile misurare il lavoro che è stato speso alla scala della società per produrle. Perché esse sono prodotte dappertutto dove gli uomini interagiscono, sperimentano, imparano, sognano […]
L’economia della conoscenza ha dunque vocazione ad essere un’economia della messa in comune e della gratuità cioè il contrario di una economia. È questa forma di comunismo che essa riveste spontaneamente nel mondo scientifico. Il “valore” di una conoscenza si misura non in denaro ma per l’interesse che essa suscita, la diffusione che essa riceve. Alla base dell’economia capitalista della conoscenza si trova dunque una anti-economia nella quale la merce, gli scambi mercantili, la preoccupazione del guadagno non ha corso. […]
Questo protocomunismo ha le sue figure emblematiche nell’informatica. Essa differisce dalla scienza per questa specificità : essa è nello stesso tempo conoscenza, tecnica di produzione di conoscenze e mezzo di fabbricazione, di regolazione, d’ invenzione, di coordinazione. In essa è soppressa la divisione sociale fra quelli che producono e quelli che concepiscono i mezzi per produrre. I produttori non sono più dominati dal capitale attraverso il loro mezzi di lavoro. Produzione di conoscenze e produzione di ricchezze materiali o immateriali si uniscono. Il capitale fisso non ha più un’esistenza a parte ; è sussumato, interiorizzato da uomini e donne che fanno l’esperienza pratica, concreta, che la principale forza produttiva non è né il capitale macchine né il capitale denaro ma la passione viva con la quale essi immaginano, inventano e accrescono le loro proprie capacità cognitive al tempo stesso che la loro produzione di conoscenza e di ricchezza. La produzione di sé è qui produzione di ricchezza e inversamente ; la base della produzione di ricchezza è la produzione di sé. Potenzialmente, il lavoro – nel senso che ha nell’economia politica – è soppresso : “Il lavoro non appare più come lavoro ma come pieno sviluppo dell’attività [personale] essa stessa ” (Grundisse).
Il hacker è la figura emblematica di questa appropriazione/soppressione del lavoro. Con lui, le forze produttive umane, diventate soggetto, entrano in ribellione contro la loro cattura da parte del capitale, rivolgono le risorse dell’informatica contro di lui. È il hacker che ha inventato questa anti-economia che sono Linux e il copyleft – questo opposto del copyright – e ha fatto sorgere il movimento dei software liberi. Da lui appaiono delle nuove forme di comunicazione e di regolazione ; un’ammirabile etica anarco-comunista, l’etica hacker, nello stesso tempo arte di vivere, pratica di altri rapporti individuali e sociali, ricerche di vie per uscire dal capitalismo e per liberare, a questo scopo, i nostri modi di pensare, di sentire, di desiderare, dalla sua presa. Gli hackers non sono una élite professionale, né uno strato a parte. Fanno parte della nebulosa dei “dissidenti del capitalismo numerico” come lo diceva Peter Glotz. Questi dissidenti, provenienti della rivoluzione informativa, rappresentano negli Stati Uniti circa un terzo della popolazione attiva. Comprendono degli informatici di alto livello che rifiutano la servitù volontaria ; dei diplomati che rifiutano di sacrificare tutto alla loro carriera ; dei self-imprenditori che rifiutano la competizione feroce del “sempre più, sempre più rapido” ; dei jobbers e dei downshifters che preferiscono guadagnare poco ed avere più di tempo per sé. “Più il capitalismo numerico estende la sua presa sulle nostre vite, più grande diventerà il numero dei declassati volontari”. Scrive Peter Glotz. “Una nuova concezione del mondo sorgerà da essi. La lotta che opporrà il proletariato del numerico alla sua élite… avrà per scopo essenziale due concezioni principali e passionali della vita. Tutta l’etica sociale del capitalismo moderno è in questione.”
(trad. di Julien Simonpieri)