Bilancio di fine anno: verso lo stato di crisi permanente

Posted: Gennaio 16th, 2013 | Author: | Filed under: crisi sistemica, postcapitalismo cognitivo, Révolution | Commenti disabilitati su Bilancio di fine anno: verso lo stato di crisi permanente

di Andrea Fumagalli

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Il 2012 si chiude per l’Italia con un bilancio economico disastroso. Come ampiamente prevedibile, le politiche di austerity si sono rilevate un’autentica “macelleria sociale”. Per quanto possa valere come indicatore, il Pil si contrarrà a fine anno di oltre il 2,5%. Ciò significa che per raggiungere i livelli di ricchezza pre-crisi, ovvero della metà 2007, bisognerà attendere come minimo una decina d’anni a patto che l’economia cresca ad un saggio dell’1,5% annuo (fatto assai improbabile, visto che le previsioni per il 2013 vedono ancora un segno negativo). A fronte di un tasso d’inflazione medio del 3% annuo (con punte del 4,3% per quanto riguarda i beni di prima necessità), le retribuzioni sono mediamente aumentate di solo la metà, con un ulteriore perdita del potere d’acquisto dei redditi da lavoro. Il tasso di disoccupazione “ufficiale” ha superato l’11%; quello reale (tenendo conto anche dei cd. lavoratori scoraggiati, dei cassa integrati e dei sottoccupati involontari) supera il 20% e va aumentando[1]. Il numero dei precari – secondo gli ultimi dati della CGIA di Mestre[2] – è arrivato ad oltre 3,5 milioni, nonostante che sia stato il non rinnovo dei contratti precari ad alimentare prevalentemente la disoccupazione (in particolar modo, quella giovanile). Nel frattempo, è stata varata la riforma Fornero del mercato del lavoro, che allenta le garanzie dell’art. 18 (garanzie comunque già del tutto insufficienti e facilmente eludibili) e istituzionalizza la precarietà come rapporto tipico di lavoro grazie alla liberalizzazione dei contratti a termine. A partire dal 1 gennaio diventa poi operativo l’allungamento dell’età pensionabile, con effetti deleteri sul turn-over generazionale in un contesto che vede il tasso di disoccupazione giovanile superare il 37% con punte del 50% nel Mezzogiorno. Persino gli arrivi dei migranti si sono ridotti per le minor opportunità di lavoro, anche se in nero e con paghe da fame.

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